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Pharmacological treatment of fibromyalgia

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Abstract

Fibromyalgia (FM) is a common syndrome characterised by widespread pain and at least 11/18 painful tender points that requires multimodal pharmacological treatment also combined with non-pharmacological therapy. Various drugs currently are available to control the complex and different symptoms reported by patients. Only three drugs (duloxetine, milnacipram, pregabalin) are approved by the American Food and Drug Administration (FDA) and none by the European Medicines Agency (EMEA), consequently, off-label use is habitual in Europe. Most of the drugs improve only one or two symptoms; no drug capable of overall symptom control is yet available. Furthermore, different classes of drugs with different mechanisms of action are used off-label, including tricyclic antidepressants (TCAs), selective serotonin reuptake inhibitors (SSRIs), serotonin norepinephrine reuptake inhibitors (SNRIs), opioids, non-steroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDs), growth hormone, corticosteroids and sedative hypnotics. As no single drug fully manages FM symptoms, multicomponent therapy should be used from the beginning. Various pharmacological treatments have been used to treat FM with inconclusive results, and gradually increasing low doses is suggested in order to maximise efficacy. The best treatment should be individualised and combined with patient education and non-pharmacological therapy.
RASSEGNA
Reumatismo, 2007; 59(4):280-291
La terapia farmacologica della fibromialgia
Pharmacological treatment of fibromyalgia
M. Cazzola1, P. Sarzi-Puttini2, D. Buskila3, F. Atzeni2
1U.O. Medicina Riabilitativa, Azienda Ospedaliera “Ospedale di Circolo” di Busto Arsizio, Presidio di Saronno (VA);
2U.O. Reumatologia, Azienda Ospedaliera “L. Sacco”, Milano;
3Dipartimento di Medicina H, Soroka Medical Center, Beer Sheva, Israel
Indirizzo per la corrispondenza:
Dott.ssa Atzeni Fabiola
U.O. Reumatologia
Azienda Ospedaliera “L. Sacco”
Via G.B. Grassi, 74
20157 Milano, Italia
E-mail: atzenifabiola@hotmail.com
concorrano fattori esterni, quali lo stress, altre ma-
lattie ed una varietà di condizioni dolorose croni-
che diverse in alcuni (ma non in tutti) i pazienti.
La patogenesi riconoscerebbe, invece, alterazioni
a carico di numerosi neurotrasmettitori e del si-
stema neuro-endocrino: le modificazioni che si
pensa abbiano un maggior ruolo nell’insorgenza
della malattia riguardano la riduzione dei livelli di
amine biogene, un’aumentata concentrazione di
neurotrasmettitori eccitatori (tra cui la sostanza P)
ed una disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-
surrene (4-8).
La sensibilizzazione neuronale in diverse aree del
sistema nervoso centrale (SNC) rappresenta, ulti-
mamente, l’ipotesi patogenetica maggiormente ac-
creditata. Si pensa che l’insor genza e la croniciz-
zazione della malattia siano dovute all’interazione
tra un’aberrazione dei meccanismi fisiologici al-
la base della nocicezione e molteplici fattori psi-
cologici ed ambientali. La diagnosi di FM com-
porta, in primo luogo, l’esclu sione di qualsiasi al-
tra causa di dolore articolare e muscolare. Si trat-
ta di una sindrome complessa che comporta limi-
tazioni funzionali significative, peggioramento
della qualità della vita e costi sociali considere-
voli; il trattamento appropriato, tuttavia, sembra ri-
INTRODUZIONE
La fibromialgia (FM) rappresenta una condizio-
ne clinica di frequente riscontro nella pratica
clinica caratterizzata da dolore muscoloscheletrico
diffuso (1, 2). La sua prevalenza nella popolazio-
ne generale è stimata tra l’1-3% con una maggio-
re incidenza nel sesso femminile. I criteri classifi-
cativi dell’American College of Rheumatology
(ACR) prevedono, per porre diagnosi, la presenza
di dolore muscoloscheletrico diffuso e la positivi-
tà di almeno 11/18 tender points (TPs) (3). Oltre al
dolore muscoloscheletrico i pazienti fibromialgici
lamentano, quasi invariabilmente, numerosi altri
sintomi quali affaticamento, disturbi del sonno, sin-
drome da colon irritabile, cefalea ed alterazioni del
tono dell’umore (1).
L’eziologia della FM non è ancora stata comple-
tamente chiarita, ma si pensa che alla sua origine
Reumatismo, 2007; 59(4):280-291
SUMMARY
Fibromyalgia syndrome (FM) is a condition of chronic and diffuse muscular pain affecting particularly middle aged
women. The aetiology of FM is not completely understood and it is currently considered a disorder of pain regulation.
The most efficacious compounds include the tricyclic drugs and mixed reuptake inhibitors. Recent works suggest that
the anticonvulsant medications pregabalin and gabapentin are also effective. Moreover, two serotonin and norepi-
nephrine-reuptake inhibitors-duloxetine and milnacipran show encouraging results in treating FM symptoms. The re-
sults of clinical trials of anti-inflammatory medications have been generally disappointing, but three RCTs have found
that tramadol (with or without acetaminophen) is effective in FM.
La terapia farmacologica della fibromialgia
281
durre in modo significativo il grado di disabilità
(9-13). Gli obiettivi del trattamento della FM so-
no rappresentati dalla riduzione del dolore e dal
miglioramento della funzione; ciò è possibile con
un approccio multimodale, farmacologico, riabi-
litativo e psicoterapeutico. I farmaci che si sono
dimostrati maggiormente efficaci nel trattamento
della FM sono quelli che agiscono a livello del
SNC, come gli antidepressivi, i miorilassanti e gli
anticonvulsivanti; queste sostanze agirebbero a li-
vello dei neuromediatori (ad es. serotonina, nora-
drenalina ecc.) le cui modificazioni avrebbero un
ruolo patogenetico nel determinismo di questa ma-
lattia. Il trattamento farmacologico della FM, tut-
tavia, è spesso insoddisfacente: dalla revisione cri-
tica degli studi randomizzati e controllati (RCT)
emerge che gli analgesici ed i farmaci antinfiam-
matori non steroidei (FANS) non sono efficaci;
con gli antidepressivi triciclici si ottengono effet-
ti terapeutici limitati mentre, dati più recenti, sug-
geriscono l’utilità della duloxetina, del milnaci-
pran e del pregabalin.
TERAPIA
Gli antidepressivi, gli oppioidi, i FANS, i sedativi,
i miorilassanti e gli antiepilettici sono solo alcuni
dei numerosi farmaci che sono stati utilizzati per il
trattamento della FM; nonostante la miglior com-
prensione dei meccanismi patogenetici alla base di
questa malattia, tuttavia, i risultati ottenuti con il so-
lo trattamento farmacologico sono spesso deludenti
ed alcuni specialisti ritengono non esistere una te-
rapia realmente efficace (10-13). Poche molecole
si sono dimostrate utili quando valutate in studi
RCT; tra queste, quelle più recentemente testate,
sono la duloxetina ed il milnacipran, in grado di ini-
bire la ricaptazione sia della serotonina (5HT) che
della noradrenalina (NA), ed il pregabalin, che ap-
partiene alla classe degli antiepilettici (13).
L’approccio seguito nel disegnare gli studi futuri
dovrebbe cambiare, ad esempio selezionando la ca-
sistica in base alla classificazione patogenetica del
dolore neuropatico, oppure studiando popolazioni
omogenee in relazione ai sintomi ma non necessa-
riamente affette dalla stessa malattia, così come
oggi definibile utilizzando i criteri diagnostici esi-
stenti. Nessuno dei farmaci di cui analizzeremo i
dati di efficacia e di sicurezza in questo lavoro so-
no attualmente approvati, dalla Food and Drug Ad-
ministration (FDA), per il trattamento della FM, an-
che se sono in corso studi di fase III per la regi-
strazione di alcune molecole con questa indicazio-
ne terapeutica.
Deve anche essere ricordato che l’approccio tera-
peutico non farmacologico, basato sull’esercizio
fisico, sull’agopuntura, sulla massoterapia nelle sue
diverse forme e sulla terapia cognitivo-comporta-
mentale, possono essere utili nell’impostazione di
un piano terapeutico multimodale (11).
FARMACI ANTIDEPRESSIVI
Antidepressivi triciclici
La manifestazione psichiatrica concomitante di più
frequente riscontro nei pazienti affetti da FM è rap-
presentata dalla depressione, secondo alcuni Autori
correlata alle alterazioni del metabolismo della se-
rotonina. È stato segnalato, da tempo, che gli anti-
depressivi sono efficaci in alcuni pazienti (14, 15)
(Tab. I); gli antidepressivi triciclici (TCAs), in par-
ticolare l’amitriptilina, ed un miorilassante con
struttura chimica assai simili a quella dei TCAs, la
ciclobenzaprina (CBP), hanno effetti positivi sul
dolore di natura non neuropatica che caratterizza
diverse sindromi algo-disfunzionali (12).
La revisione critica degli studi pubblicati sull’uti -
lizzo degli antidepressivi nel trattamento della FM
non è semplice, sia per l’eterogeneità delle misu-
re di outcomes utilizzate dai diversi Autori, sia per
la valutazione, spesso non corretta, delle caratte-
ristiche dei sintomi depressivi concomitanti; per
questi motivi i risultati degli studi pubblicati sono
spesso conflittuali. In due meta-analisi gli Autori
concludono per una loro efficacia nel ridurre il do-
lore soggettivo ed il numero dei TPs, nel miglio-
rare la qualità del sonno e lo stato di benessere ge-
nerale, mentre l’effetto sull’affaticamento è mo-
desto (12, 13). I farmaci più studiati sono i TCAs
che, sebbene inefficaci o non tollerati dal 60-70%
dei pazienti, possono dimostrarsi utili nel miglio-
rare la qualità del sonno e nel ridurre la rigidità
mattutina (14, 15).
In uno studio il 30-47% dei pazienti fibromialgici
trattati con l’amitriptilina ha riferito un’efficacia
buona o moderata nella riduzione del dolore (16),
ma un’efficacia simile è stata ottenuta anche con
l’utilizzo di antidepressivi diversi, di tranquillanti,
CBP, FANS, e con trattamenti non farmacologici
(terapie fisiche, esercizio fisico) (11, 17).
L’efficacia sulla percezione del dolore dell’amitri -
ptilina e degli altri TCAs sarebbe mediata, oltre
che dalla modulazione dei neurotrasmettitori mo-
noaminergici, da un’azione modulatoria sui cana-
282 M. Cazzola, et al.
li del potassio ed inibitoria sui recettori N-methyl-
D-aspartato (NMDA) (16). Essi possono inibire,
inoltre, la ricaptazione della 5HT e della NA sop-
primendo così la scarica neuronale polisinaptica.
In uno studio RCT, in cui l’amitriptilina a basso do-
saggio è stata confrontata con il naproxene, è sta-
ta documentata una sua maggiore efficacia sul do-
lore soggettivo, sulla difficoltà all’addormentamen -
to ed al risveglio e sul numero dei TPs (18).
I TCAs rappresentano la classe di farmaci per cui
è stata documentata la maggiore efficacia nel trat-
tamento della FM, ma il loro effetto è comunque
modesto e tende a ridursi nel tempo. La CBP si è
dimostrata moderatamente efficace nel trattamen-
to della FM al dosaggio di 10-40 mg/die (19). Que-
sti dati sono stati recentemente confermati da una
meta-analisi, che ha considerato 5 studi RCT ver-
so placebo (20). I pazienti trattati con CBP riferi-
vano un miglioramento della sintomatologia con
una frequenza circa tre volte superiore a quelli ran-
domizzati ad assumere placebo; gli Autori, tuttavia,
sottolineano che la durata di tutti gli studi analiz-
zati era troppo breve e che la percentuale di drop-
out nel gruppo trattato era elevata. Al fine di chia-
rire la reale efficacia della CBP nella FM, gli stu-
di futuri dovrebbero prevedere periodi di tratta-
mento più lunghi (mesi o anni), arruolare casisti-
che più ampie, prevedere un periodo adeguato di
follow-up, ed assicurare una completa cecità dei
pazienti e degli investigatori.
Arnold et al. (21) hanno pubblicato una meta-ana-
lisi in cui sono stati inclusi 21 studi RCT che han-
no indagato l’efficacia degli antidepressivi nella
FM; in 16 di essi sono stati utilizzati TCAs. Di
questi 16 studi 9 sono stati considerati qualitativa-
mente validi per l’inclusione nella meta-analisi;
Tabella I - Farmaci antidepressivi e antiepilettici: effetti indesiderati e controindicazioni.
Farmaco Effetti indesiderati, controindicazioni e commenti
Antidepressivi
Antidepressivi triciclici
Effetti indesiderati:
secchezza delle fauci, stipsi, ritenzione urina-
ria, sedazione, aumento ponderale.
Controindicazioni:
alterazioni della conduzione cardiaca, recenti
patologie cardiache significative, glaucoma ad angolo chiuso.
Amitriptilina, imipramina La amine terziarie hanno maggiori effetti anticolinergici e, perciò,
non dovrebbero essere utilizzate nei pazienti anziani.
Desipramina, nortriptilina La amine secondarie hanno minori effetti indesiderati anticoliner-
gici.
Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina
Fluoxetina, paroxetina
Effetti indesiderati:
nausea, sedazione, riduzione della libido, di-
sfunzioni sessuali, cefalea, aumento ponderale.
L’efficacia nelle sindromi dolorose croniche è relativamente scarsa.
Nuovi antidepressivi
Milnacipran
Effetti indesiderati:
ansia, sudorazione, vertigini, disuria, secchez-
za delle fauci, stipsi, palpitazioni.
Venlafaxina
Effetti indesiderati:
cefalea, nausea, sudorazione, sedazione, iper-
tensione, convulsioni.
Effetti serotoninergici a dosi < a 150 mg/die; effetti misti, serotoni-
nergici e noradrenergici a dosaggi maggiori.
Duloxetina
Effetti indesiderati:
nausea, secchezza delle fauci, stipsi, vertigini,
insonnia.
Farmaci anticonvulsivanti
Gabapentin
Effetti indesiderati:
sonnolenza, vertigini, astenia, nausea, sedazio-
ne, aumento ponderale.
Pregabalin
Effetti indesiderati:
sonnolenza, vertigini, astenia, nausea, sedazio-
ne, aumento ponderale.
La terapia farmacologica della fibromialgia
283
l’efficacia maggiore di questa classe di farmaci è
risultata sulla qualità del sonno, mentre migliora-
menti molto inferiori sono stati ottenuti sul dolore
e sulla rigidità.
Inibitori delle mono-amino ossidasi
Gli inibitori delle monoamino-ossidasi (I-MAO),
bloccando il catabolismo della 5HT ne aumentano
la disponibilità a livello del SNC. La meclobemi-
de, un I-MAO di seconda generazione, in studi pre-
liminari di confronto con l’amitriptilina non ha di-
mostrato di possedere un’attività analgesica signi-
ficativa nella FM (22). In un altro studio il pirlin-
dolo ha determinato miglioramenti significativi
nell’astenia, la qualità del sonno ed il tono dell’u -
more nei pazienti fibromialgici (23).
Inibitori selettivi della ricaptazione della seroto-
nina
Al pari dei TCAs gli inibitori selettivi della ricap-
tazione della serotonina (SSRIs), quali la fluoxeti-
na, sono stati utilizzati nel trattamento della FM,
ma non si sono dimostrati efficaci sul dolore; an-
che questa classe di farmaci, inoltre, è gravata da
numerosi potenziali effetti indesiderati (Tab. I).
I risultati ottenuti con gli SSRIs nel trattamento
della FM non sono concordanti. In un trial la fluo-
xetina, al dosaggio di 20 mg/die per 6 settimane,
non si è dimostrata efficace in nessuno dei para-
metri considerati ma la validità dello studio, in una
casistica iniziale di soli 42 pazienti, era inficiata
dall’alto numero di drop-out (43%) (24). In un al-
tro studio sperimentale, che prevedeva dosaggi
molto più elevati (fino ad 80 mg/die), sono stati os-
servati risultati positivi (25). La fluoxetina può mi-
gliorare i sintomi depressivi e l’astenia, ma non si
è dimostrata in grado di ridurre il numero dei TPs.
In uno studio RCT, condotto con modalità crosso-
ver, in cui sono state confrontate l’amitriptilina al
dosaggio di 25 mg/die con la fluoxetina al dosag-
gio di 20 mg/die, entrambi i farmaci si sono dimo-
strati efficaci nel migliorare la qualità del sonno e
lo stato di benessere soggettivo; con la sommini-
strazione contemporanea delle due molecole, inol-
tre, i risultati sono stati migliori, per cui gli effetti
potrebbero essere sinergici (26).
Ozerbil et al. (27), in uno studio crossover RCT,
hanno comparato l’efficacia dell’amitriptilina e del-
la fluoxetina nel migliorare le performances fisiche
di 15 pazienti fibromialgici; entrambe le molecole
si sono dimostrate efficaci e gli Autori concludo-
no che potrebbero essere utili per migliorare la qua-
lità della vita dei pazienti.
Il citalopram, in uno studio RCT della durata di 8
settimane, non si è dimostrato efficace nel tratta-
mento della FM (28), mentre, in un secondo stu-
dio, sempre RCT della durata di 16 settimane, ha
determinato un miglioramento dei sintomi depres-
sivi ma non del dolore e degli altri items del Fi-
bromyalgia Impact Questionnaire (FIQ) (29).
Tre studi hanno valutato il ruolo della paroxetina
nella FM. In uno studio non pubblicato, condotto
dalla GlaxoSmithKline della durata di 8 settimane,
sono riportati risultati positivi nel giudizio globale
dello sperimentatore, ma non in quello dei pazien-
ti (30). Giordano et al., in uno studio in cieco del-
la durata di 12 settimane, hanno osservato un mi-
glioramento significativo nel “TPs score” nei sog-
getti trattati rispetto ai controlli (31). Infine, in uno
studio RCT condotto secondo un disegno speri-
mentale in triplo crossover, gli Autori riportano che
l’associazione tra paroxetina e nabumetone è si-
gnificativamente superiore al nabumetone da solo,
ma non alla paroxetina da sola, nel ridurre lo sco-
re totale del FIQ (32). Patkar et al., recentemente,
hanno pubblicato i risultati ottenuti con una for-
mulazione a lento rilascio della paroxetina in 116
pazienti fibromialgici, trattati con dosi crescenti da
12,5 a 62,5 mg/die per 12 settimane. Il 25,8% dei
pazienti trattati, vs il 13,7% di quelli del gruppo
placebo, ha ottenuto una riduzione al 50% dello
score totale del FIQ, considerato l’outcome prin-
cipale dello studio; la differenza nella riduzione
dello score nei due gruppi è stata significativamente
maggiore con la paroxetina (p<0,05). Analizzando
le sottoscale del FIQ, tuttavia, miglioramenti si-
gnificativi nel gruppo in trattamento attivo sono
stati osservati per l’astenia, l’ansia e la sensazione
di benessere soggettivo (p<0,05), ma non negli al-
tri parametri considerati da questa scala di valuta-
zione, tra cui il dolore (33).
Inibitori della ricaptazione della serotonina del-
la noradrenalina
La venlafaxina, un inibitore della ricaptazione del-
la 5HT e della NA, si è dimostrata efficace e sicu-
ra nel trattamento di diverse sindromi dolorose in
modelli sperimentali animali, nei volontari sani e
nei pazienti. In un piccolo studio controllato, in
aperto, la venlafaxina, al dosaggio di 75 mg/die,
non si è dimostrata più efficace del placebo (34);
in un secondo studio (35), sempre in aperto, in cui
la venlafaxina è stata utilizzata al dosaggio fisso di
75 mg/die per 12 settimane, è stata osservata, ri-
spetto alle condizioni basali, una riduzione stati-
sticamente significativa dell’intensità del dolore
284 M. Cazzola, et al.
(F=14.3; p=0,0001) e della disabilità indotta dalla
FM (F=42,7; p=0,0001). Al termine delle 12 setti-
mane di trattamento, inoltre, è stata osservata una
riduzione significativa degli scores per l’ansia e la
depressione.
In uno studio RCT 90 pazienti sono stati rando-
mizzati a ricevere venlafaxina o placebo per 6 set-
timane (36); nel gruppo trattato con la venlafaxina
il numero di soggetti che ha interrotto il trattamento
è stato maggiore, a causa degli effetti indesiderati,
rispetto a quanto osservato nel gruppo di controllo
(13 vs 3; Fisher’s exact test p=0,011). Non sono sta-
te osservate differenze statisticamente significati-
ve tra i gruppi circa il miglioramento (10%) del
dolore valutato con il McGill Pain Questionnaire
(MPQ). All’analisi statistica “per protocol” le va-
riazioni dei parametri valutati sono state maggiori
nel gruppo trattato con venlafaxina rispetto ai con-
trolli, raggiungendo la significatività statistica in al-
cuni items del FIQ quali il dolore (-1,3 vs -0,1,
p=0,025), l’affaticabilità (-0,9 vs +0,1, p=0,050) e
nello score totale di questa scala di valutazione (-9,0
vs -2,7, p=0,032); utilizzando l’analisi secondo il
principio “intention-to-treat”, tuttavia, non sono
state riscontrate differenze significative nelle mi-
sure di outcomes secondarie. Gli Autori concludo-
no che la venlafaxina, al dosaggio di 75 mg/die,
non è efficace nel migliorare il dolore ed i sintomi
associati della FM.
La duloxetina è un inibitore selettivo della ricapta-
zione della 5HT e della NA che avrebbe, rispetto
alla venlafaxina, una maggiore affinità per i carriers
di questi due neurotrasmettitori (37). I meccanismi
d’azione tramite i quali la duloxetina è in grado di
ridurre la percezione del dolore non sono del tutto
chiariti, ma si pensa siano correlati all’incremento
della 5-HT e della NA a livello del SNC (38).
È stato recentemente dimostrato che la duloxetina,
al dosaggio di 60 mg/due volte al giorno, è più ef-
ficace del placebo nel ridurre il dolore e nel mi-
gliorare alcuni sintomi associati che caratterizzano
la FM (39). In uno studio RCT verso placebo, del-
la durata di 12 settimane, è stata valutata l’efficacia
e la sicurezza della duloxetina, al dosaggio di 60 o
120 mg/die, in 354 pazienti affette da FM (40). Il
dolore, valutato con il Brief Pain Inventory (BPI),
è migliorato in modo significativo, rispetto ai con-
trolli, con entrambi i dosaggi utilizzati (p<0,001);
in particolare la riduzione del dolore è stata del
55% (p<0,001) con il dosaggio di 60 mg in unica
somministrazione giornaliera, del 54% (p=0,002)
con il dosaggio di 120 mg/die in due dosi refratte
e del 33% nel gruppo trattato con placebo.
L’efficacia della duloxetina nel ridurre il dolore è
risultata indipendente dagli effetti sul tono dell’u -
more e dalla comorbidità, in condizioni basali, per
disturbi depressivi maggiori; in base a tali risulta-
ti si pensa che questa classe di farmaci, per avere
un effetto antalgico, debba essere in grado di ini-
bire la ricaptazione sia della 5-HT che della NA,
ipotesi supportata dai risultati positivi di un ulte-
riore studio in fase II sull’utilizzo della duloxetina
nella FM (41). Wernicke et al. (42), inoltre, hanno
dimostrato l’efficacia e la sicurezza di questo far-
maco nel trattamento delle pazienti fibromialgiche
senza disturbi depressivi maggiori.
Il milnacipran, come la duloxetina, inibisce la ri-
captazione sia della 5-HT sia della NA (43) essen-
do tuttavia, rispetto alla duloxetina, più selettivo per
la NA; questa molecola, inoltre, è in grado di le-
garsi ai recettori NMDA. In uno studio in fase II in
cui sono stati reclutati 125 pazienti affetti da FM,
Gendreau et al. (44) hanno dimostrato che il mil-
nacipran induce un miglioramento significativo
dello stato di benessere soggettivo, del dolore e di
numerosi sintomi associati alla FM, ad eccezione
della qualità del sonno. Il milnacipran, in genere,
è ben tollerato; la somministrazione in due dosi re-
fratte è più efficace, in quanto a proprietà analge-
siche, rispetto alla monosomministrazione quoti-
diana.
In un altro studio, Vitton et al. (45) confermano
l’efficacia del milnacipran e ne sottolineano la tol-
lerabilità; non si sono verificati, infatti, eventi av-
versi gravi, essendo stata la maggior parte di essi
di intensità lieve o moderata. È interessante nota-
re, inoltre, che nonostante il milnacipran sia un far-
maco con proprietà antidepressive, i miglioramen-
ti più significativi sono stati osservati nei pazienti
che, in condizioni basali, non presentavano una co-
morbidità per sintomi depressivi; ciò sarebbe do-
vuto, in realtà, non tanto ad una maggiore effica-
cia del farmaco in questo subset di pazienti, quan-
to al fatto che i pazienti depressi hanno avuto una
maggiore risposta al placebo rispetto ai non de-
pressi, riducendo la significatività statistica dei ri-
sultati ottenuti. Le proprietà analgesiche del mil-
nacipran nei pazienti fibromialgici, così come
l’efficacia su molti sintomi d’accompagnamento,
comunque, non sarebbero mediate dall’effetto del
farmaco sul tono dell’umore.
Attualmente gli SSRIs, utilizzati da soli o in asso-
ciazione ai TCAs, devono essere considerati una
possibile opzione solo in quei pazienti che hanno
mostrato una risposta clinica non soddisfacente a
strategie terapeutiche non farmacologiche (46).
La terapia farmacologica della fibromialgia
285
ALTRI FARMACI ANTIDEPRESSIVI
Krell et al. (47) hanno riscontrato che i pazienti fi-
bromialgici che presentano comorbidità con la de-
pressione, se trattati con la reboxetina, antidepres-
sivo noradrenergico, riferiscono una riduzione del
dolore muscoloscheletrico e che tale effetto tera-
peutico compare prima del miglioramento del to-
no dell’umore; ciò suggerisce un suo possibile uti-
lizzo, a scopo antalgico, nei pazienti depressi ed af-
fetti da sindromi dolorose croniche.
La mirtazapina, un nuovo antidepressivo che bloc-
ca i recettori 5(HT)2 e 5(HT)3 per la serotonina, è
stato utilizzato in uno studio in aperto della durata
di sei settimane, in 29 pazienti fibromialgici (48);
gli Autori hanno osservato un miglioramento non
solo della depressione, ma anche di molti dei sin-
tomi clinici che caratterizzano la FM.
Farmaci anticonvulsivanti
Diversi meccanismi d’azione propri dei farmaci
antiepilettici possono interferire con la nocicezio-
ne: sebbene il motivo del loro effetto analgesico
non sia del tutto chiarito (14) (Tab. I), si pensa che
alla base vi sia la loro capacità di limitare l’eccita -
bilità neuronale e di incrementarne l’inibizione
(49). Tra gli effetti di questa classe di farmaci ri-
cordiamo la capacità di interferire con i canali io-
nici (ad es. i canali per il sodio e per il calcio), con
i recettori eccitatori per glutammato ed N-methyl-
D-aspartato, con i recettori inibitori per il GABA
e la glicina (10, 12, 13). Il gabapentin ha dimo-
strato, in studi RCTs, di possedere attività analge-
sica nella neuropatia diabetica, nella nevralgia post-
erpetica, nella profilassi dell’emicrania ed in altre
condizioni cliniche caratterizzate da dolore neuro-
patico cronico (50). In uno studio RCT della dura-
ta di 12 settimane condotto su 150 pazienti affetti
da FM il gabapentin, al dosaggio di 1.200-2.400
mg/die, è stato confrontato con il placebo (51). Il
51% dei pazienti trattati, vs il 31% dei controlli, ha
riportato un risultato positivo al termine del tratta-
mento (p=0,014) e la riduzione del dolore, valuta-
to con il BPI è risultata significativamente mag-
giore (p=0,015); il gabapentin, in generale, è stato
ben tollerato.
Il pregabalin è un altro antiepilettico che si è di-
mostrato efficace nel trattamento della FM. In uno
studio multicentrico, in doppio cieco, controllato
verso placebo, della durata di 8 settimane, Crofford
et al. (52) hanno valutato, in 529 pazienti fibro-
mialgici, gli effetti del pregabalin al dosaggio di
150, 300 e 450 mg/die sul dolore, la qualità del son-
no, l’affaticabilità e la qualità della vita. Rispetto
al placebo la dose di 450 mg/die, all’end-point in-
termedio, ha ridotto in modo significativo il dolo-
re (-0,93 su una scala 0-10) (p=0,001); il numero
di pazienti in cui il dolore è stato ridotto del 50%
rispetto al basale è aumentato ulteriormente al ter-
mine dello studio (29% vs 13%; p=0,003). Sia al
dosaggio di 300 mg che a quello di 450 mg/die il
pregabalin ha indotto un miglioramento significa-
tivo della qualità del sonno e dell’affaticabilità; il
dosaggio maggiore ha determinato, inoltre, il mi-
glioramento di numerosi parametri funzionali cor-
relati alla qualità della vita. La sonnolenza e le ver-
tigini sono stati gli eventi avversi più frequente-
mente segnalati.
Antagonisti dei recettori N-methyl-D-aspartato
I recettori NMDA potrebbero giocare un ruolo nel-
la plasticità del SNC e si ritiene siano coinvolti nel
mantenimento e nella cronicizzazione del dolore;
il loro blocco selettivo può ridurre il dolore sog-
gettivo dei pazienti con FM. In due studi RCT la
ketamina è stata confrontata, in 46 pazienti affette
da FM, con la morfina, la lidocaina, il naloxone ed
il placebo (53, 54). In entrambi gli studi è stato os-
servato che la ketamina riduce l’intensità del dolo-
re, la dolorabilità alla pressione a livello dei TPs,
il dolore riferito, la sommazione temporale a sti-
moli ripetuti, l’iperalgesia muscolare ed il dolore
muscolare a riposo. Questi risultati supportano
l’ipotesi che alla base della FM vi sia una sensibi-
lizzazione neuronale centrale e che i TPs rappre-
sentino aree di iperalgesia secondaria: la ketamina
agirebbe riducendo la stato di sensibilizzazione
centrale. Gli effetti indesiderati determinati dal
blocco dei recettori NMDA, soprattutto a livello
cognitivo, limitano, tuttavia, il loro utilizzo nel trat-
tamento della FM.
Agonisti dopaminergici
Il ropinirolo è un antagonista del recettore D3/2
della dopamina utilizzato nel trattamento del mor-
bo di Parkinson. In uno studio pilota, RCT in dop-
pio cieco, della durata di 14 settimane con
un’ulteriore estensione di 14 settimane in singolo
cieco, Holman (55) riporta un miglioramento si-
gnificativo del dolore, valutato con la scala analo-
gica visiva (VAS), oltre a miglioramenti statistica-
mente non significativi in altri parametri quali la ri-
gidità e lo score mialgico dei TPs. Al termine del-
le 28 settimane di trattamento si sono verificati
eventi avversi in tutti i 30 pazienti reclutati, in par-
ticolare nausea e vomito.
286 M. Cazzola, et al.
Holman e Myers (56) hanno testato il pramipexo-
lo (un agonista del recettore D3 della dopamina) a
dosaggi crescenti in uno studio RCT vs placebo,
per gruppi paralleli, della durata di 14 settimane,
in cui sono stati arruolati 60 pazienti fibromialgi-
ci. Gli Autori riportano che, al dosaggio di 4 mg,
il farmaco è stato ben tollerato ed ha indotto un mi-
glioramento significativo del dolore, dell’affatica -
bilità, degli indici di funzionalità e degli scores di
salute globale. Gli effetti indesiderati più frequen-
temente riportati sono stati episodi transitori
d’ansia ed il calo ponderale.
Farmaci sedativi-ipnotici
I farmaci sedativi e gli ipnotici, come lo zopiclone
e lo zolpidem, sono stati utilizzati nei pazienti fi-
bromialgici e si sono dimostrati efficaci nel mi-
gliorare il sonno e nel ridurre l’astenia (57). Diversi
farmaci antidepressivi, come l’amitriptilina ed il
trazodone, sono utilizzati, a basso dosaggio, per
sfruttarne l’attività sedativa.
Il sodio oxybato è il sale sodico del gamma-idros-
sibutirrato (GHB), un acido grasso endogeno a ca-
tena corta; in clinica il sodio oxybato è utilizzato per
via orale con lo scopo di somministrare GHB (58-
60). È possibile che concentrazioni sovrafisiologi-
che di GHB, ottenute per somministrazione esoge-
na, determinino effetti neuronali qualitativamente
diversi di quelli indotti dal GHB endogeno. Diver-
se evidenze suggeriscono che il GHB svolga azio-
ni di tipo neurotrasmettitoriale e di neuromodula-
zione. Il sodio oxybato è approvato dalla FDA per
il trattamento della cataplessia e dell’eccessiva son-
nolenza diurna nei pazienti affetti da narcolessia.
In uno studio crossover, in doppio cieco, rando-
mizzato e controllato verso placebo, è stata analiz-
zata l’efficacia del sodio oxybato sul dolore, affa-
ticabilità e qualità del sonno; quest’ultimo para-
metro è stato valutato oggettivamente tramite esa-
me polisonnografico (PSG) che ha permesso di
quantificare numerose variabili tipicamente altera-
te nei pazienti fibromialgici, quali l’intrusione di
onde alfa nel normale ritmo ad onde lente delta, la
durata del sonno ad onde lente (fasi 3/4) e l’effi -
cienza del sonno (59). Ai pazienti è stato sommi-
nistrato sodio oxybato al dosaggio di 6 gr/die o
placebo per 30 giorni, con un periodo di wash-out
di due settimane prima del crossover. I parametri
di efficacia considerati comprendevano la valuta-
zione del tracciato PSG, il tender points index (TPI)
ed una serie di valutazioni soggettive da parte del
paziente riportate su un diario giornaliero. Nello
studio sono state arruolate 24 pazienti di sesso fem-
minile; di queste 18 hanno completato il trial. Il TPI
è diminuito, rispetto al basale, di 8,5 punti nel grup-
po trattato, ed è aumentato di 0,4 punti nei controlli
(p=0,0079). Sei su sette scores utilizzati per valu-
tare il dolore e l’affaticamento (dolore spontaneo,
dolore a riposo, dolore al movimento, affatica-
mento generale, mattutino e serale) sono diminui-
ti dal 29% al 33% nei pazienti che assumevano so-
dio oxybato e dal 6% al 10% in quelli che assu-
mevano placebo (p<0,005). L’intrusione di onde
alfa, la latenza del sonno e la percentuale di sonno
REM sono diminuiti significativamente, così come
è aumentato il tempo del sonno ad onde lente del-
ta (fase 3/4), in seguito alla somministrazione del
trattamento attivo rispetto al placebo (p<0,005).
Due su 5 parametri soggettivi utilizzati per valuta-
re la qualità del sonno sono migliorati significati-
vamente rispetto al placebo: lo stato di vigilanza
mattutino (migliorato del 18% con il sodio oxyba-
to e del 2% con il placebo; p=0,0033) e la qualità
del sonno (migliorato del 33% e del 10%, rispetti-
vamente; p=0,0003). Il sodio oxybato riduce il do-
lore e l’affaticabilità dei pazienti fibromialgici e,
soprattutto, riduce le anormalità elettroencefalo-
grafiche (intrusione di onde alfa e riduzione del
sonno ad onde lente) che si pensa siano responsa-
bili del sonno non ristorativo riferito da questi pa-
zienti. Recentemente è stato completato uno studio
della durata di 8 settimane, su 188 pazienti fibro-
mialgici, in cui il sodio oxybato è stato utilizzato
in monoterapia al dosaggio di 4,5 gr o 6 gr/die som-
ministrandolo in due dosi equivalenti (prima di co-
ricarsi e 2,5-4 ore più tardi).
Farmaci analgesici
I risultati degli studi clinici sui farmaci antinfiam-
matori sono stati deludenti (11, 12), ma il trama-
dolo (associato o meno al paracetamolo) si è di-
mostrato efficace nel trattamento della FM in tre
studi RCTs (61-63). Inizialmente, in un piccolo
studio in doppio cieco, controllato verso placebo,
il tramadolo è risultato efficace e ben tollerato nei
pazienti fibromialgici (61) ed uno studio più re-
cente, in cui è stata comparato il tramadolo al do-
saggio di 37,5 mg in combinazione con 325 mg di
paracetamolo verso placebo in 315 pazienti con
FM (63), è stato osservato che il numero di inter-
ruzioni, gli scores per il dolore ed il FIQ migliora-
vano significativamente nel gruppo in trattamento
con il farmaco attivo.
Gli oppioidi possono essere utili nel trattamento
del dolore fibromialgico, ma possono indurre tol-
leranza e sono gravati da frequenti effetti indesi-
La terapia farmacologica della fibromialgia
287
derati quali stipsi, nausea e sedazione (64). Il loro
utilizzo dovrebbe essere considerato solo nei casi
in cui tutte le altre terapie, farmacologiche e non,
fossero fallite.
Supplementi ormonali
I pazienti con FM, solitamente, non presentano de-
ficit ormonali evidenti, anche se molti sintomi del-
la malattia ricordano quelli di alterazioni endocri-
ne quali, ad esempio, l’ipotiroidismo. La terapia
con ormoni tiroidei non è indicata nella FM per
molteplici motivi (65).
Nonostante il riscontro di un deficit relativo di or-
mone della crescita (GH) ed il miglioramento in-
dotto dalla sua somministrazione nei pazienti fi-
bromialgici, l’entusiasmo per questo approccio te-
rapeutico è rapidamente scemato per la frequenza
degli effetti indesiderati, la necessità di frequenti
somministrazioni per via parenterale ed i costi ele-
vati (66).
Un’altra modificazione ormonale di frequente ri-
scontro nella FM è rappresentata dall’iporeattività
dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrenalico e dai bassi
livelli di dehydroepiandrosterone (DHEA). Tutta-
via, in uno studio in doppio cieco verso placebo,
condotto con modalità crossover, in cui il DHEA
era somministrato al dosaggio di 50 mg/die per tre
mesi, Finckh et al. (67) non hanno ottenuto alcun
miglioramento nella qualità della vita, intensità del
dolore, affaticabilità, stato funzionale, funzioni co-
gnitive e tono dell’umore.
ALTRI FARMACI
I recettori per la SNT sono implicati nella proces-
sazione delle informazioni nocicettive e
nell’insorgenza del dolore della FM. Il tropisetron,
un metabolita intermedio della trasformazione da
5-hydroxytryptofano a L-tryptofano, si è dimo-
strato più efficace del placebo, in due studi RCTs,
nel trattamento della FM (68-69).
Papadopoulos et al. (70), in uno studio pilota, han-
no osservato una sua efficacia analgesica nel dolo-
re fibromialgico, ma Koeppe et al. (71), analizzan-
do la percezione del dolore e la sua processazione
a livello del SNC in uno studio in doppio cieco, non
hanno ottenuto nessuna modificazione dopo la som-
ministrazione del tropisetron nei pazienti con FM.
Il pindololo, una molecola che ha una doppia azio-
ne di blocco a livello beta-adrenergico ed a livello
dei recettori per la 5-HT (1A), è stato valutato da
Wood et al. (72) al dosaggio di 7,5 mg/die (incre-
mentato fino ad un massimo di 15 mg/die) in uno
studio in aperto della durata di 3 mesi, condotto in
20 pazienti affette da FM; gli Autori hanno ottenu-
to miglioramenti significativi nel conteggio dei TPs
(p<0,001), nello score mialgico (p<0,001), e nel
FIQ (p<0,005). Gli scores per l’ansia e la depres-
sione non sono stati modificati in modo significati-
vo dal trattamento nelle donne che hanno comple-
tato lo studio; le conseguenze a carico dell’apparato
cardiovascolare, infine, non hanno avuto un signi-
ficato clinicamente apprezzabile (72).
I
β
-bloccanti a basso dosaggio sono stati utilizza-
ti in casi selezionati in cui prevalevano i sintomi da
disautonomia, quali palpitazioni e tachicardia or-
tostatica; i loro effetti nella FM, tuttavia, non sono
noti (73).
PROSPETTIVE FUTURE
L’efficacia dei trattamenti attualmente utilizzati
nella FM è limitata ed è necessario, pertanto, svi-
luppare nuove molecole che agiscano a livello del
SNC, testate in studi comparativi di lunga durata
che coinvolgano casistiche numerose. Dati recenti
circa il polimorfismo dei geni per i recettori dei si-
stemi serotoninergico e dopaminergico possono es-
sere utili per sviluppare strategie farmacologiche
più razionali di quelle attuali, basate sul genotipo
dei pazienti (74). I soggetti con l’allele 5HTTLPR
nel sistema serotoninergico sarebbero i candidati al
trattamento con farmaci antidepressivi (75), men-
tre i soggetti con polimorfismo genico nel sistema
dopaminergico, come il polimorfismo della regio-
ne ripetitiva dell’esone III del recettore D4 per la
dopamina, sarebbero maggiormente suscettibili ad
una terapia con farmaci dopaminergici (76).
CONCLUSIONI
Il trattamento della FM rappresenta una sfida, sia
per le conoscenze limitate circa l’eziologia della
malattia, sia per la scarsa risposta clinica alle tera-
pie solitamente utilizzate nelle condizioni doloro-
se croniche. Il riconoscimento dell’interazione tra
fattori neurobiologici, psicologici e comportamen-
tali alla base della patogenesi della FM potrebbe
ampliare le opzioni terapeutiche in base alle carat-
teristiche del singolo paziente (77). Le evidenze at-
tuali suggeriscono l’utilità di un programma tera-
peutico multimodale in cui, all’utilizzo di farmaci
sintomatici, sia associata l’educazione del pazien-
288 M. Cazzola, et al.
te, l’approccio cognitivo-comportamentale e
l’eserci zio fisico per recuperare le funzioni defici-
tarie e per mantenere nel tempo i risultati raggiun-
ti. I medici ed i pazienti dovrebbero essere infor-
mati sulle teorie attualmente più accreditate circa i
possibili meccanismi fisiopatologici che sottostan-
no alla malattia e, quindi, stabilire degli obiettivi
realistici da raggiungere con tutte le possibili mo-
dalità terapeutiche disponibili. Numerosi farmaci
sono stati utilizzati per modificare i vari sintomi la-
mentati dai pazienti fibromialgici, in primo luogo
per controllare il dolore, ma anche per migliorare
la qualità del sonno, l’ansia, la depressione e, in ul-
tima analisi, per migliorare la qualità della vita. Al-
cuni farmaci sono utilizzati per il loro meccanismo
d’azione, che interverrebbe su uno o più dei mec-
canismi fisiopatologici ipotizzati, altri per i loro ef-
fetti sui sintomi clinici di accompagnamento. Gli
studi RCTs hanno evidenziato che gli antidepres-
sivi triciclici, quali l’amitriptilina, gli inibitori se-
lettivi della ricaptazione della serotonina, quali la
fluoxetina, ed i farmaci caratterizzati dalla duplice
inibizione della ricaptazione della serotonina e del-
la noradrenalina, quali la venlafaxina, il milnaci-
pran e la duloxetina potrebbero essere utili nel trat-
tamento della FM, ma la percentuale dei pazienti
che hanno una buona risposta clinica al singolo trat-
tamento è modesta. La ciclobenzaprina, considera-
ta e commercializzata come miorilassante, ha una
struttura chimica molto simile agli antidepressivi
triciclici ed è risultata efficace nella FM. Anche il
tramadolo, un agonista debole per i recettori µ per
gli oppioidi, e gli anticonvulsivanti come il gaba-
pentin ed il pregabalin, sono molecole che sem-
brerebbero efficaci nel ridurre i sintomi della FM.
Nei pazienti che non rispondono alla monoterapia,
alcuni di questi farmaci possono essere utilizzati in
combinazione. Il trattamento farmacologico, tutta-
via, dovrebbe far parte di un approccio terapeutico
multidisciplinare e multimodale, che comprenda
anche strategie non farmacologiche; la terapia fisi-
ca e l’approccio psicologico, infatti, in alcuni pa-
zienti possono essere più efficaci del solo tratta-
mento farmacologico (78).
RIASSUNTO
La fibromialgia (FM) rappresenta una condizione clinica caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso che coin-
volge prevalentemente il sesso femminile. L’eziologia della FM non è ancora stata completamente chiarita, ma si ri-
tiene sia dovuta a un disordine della regolazione del dolore. Gli antidepressivi e i farmaci della ricaptazione sia della
serotonina che della noradrenalina, sono i più efficaci. I farmaci anticonvulsivanti gabapentin e pregabalin si sono di-
mostrati efficaci. Recentemente sono stati testati due farmaci in grado di inibire la ricaptazione sia della serotonina che
della noradrenalina, la duloxetina ed il milnacipran che hanno dimostrato risultati incorragianti. I risultati degli studi
clinici sui farmaci antinfiammatori sono stati deludenti, ma il tramadolo (associato o meno al paracetamolo) si è di-
mostrato efficace nel trattamento della FM.
Parole chiave - Sindrome fibromialgica, trattamento farmacologico, terapia della fibromialgia.
Key words - Fibromyalgia syndrome, pharmacological treatment, management of fibromyalgia.
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... Fibromyalgia is a chronic disorder with confusing key features that may resemble other diseases such as chronic fatigue syndrome, some of its described characteristics are: pain, extensive muscular tenderness, cognitive complications fatigue and depression [1]. The therapy for such symptoms vary from doing some physical activity to a pharmacological treatment, this pharmacotherapy consists of an "off-label" use for old drugs such as antidepressants, i.e., tricyclic, serotonin and norepinephrine reuptake inhibitors, opioids, non-steroidal anti-inflammatory drugs, stereoidal anti-inflammatory drugs, growth hormone and some sedatives [2]. It is worth mentioning that cyclobenzaprine, a muscle relaxant, whose chemical structure resembles a tricyclic antidepressant, with an unknown mechanism of action is considered a good option for such treatment, in the same line go paracetamol+caffeine [1]. ...
... For example a patient may receive cyclobenzaprine, paracetamol+caffeine, the first one as a relaxant and the second to clearly mitigate the pain. In this scenario, the first drug-to-drug interaction to check for is in the pharmacokinetic range, the most common is related to drug metabolism, it is generally accepted that drugs undergo two pathways, the first one is called phase 1 reactions and consist mainly of hydrolysis and redox reactions, the remaining one is called phase 2 reaction and it involves conjugation reactions, in which drugs are chiefly conjugated to glucuronic acid [2,5]. Glucuronidation reactions are catalyzed by a family of enzymes known as uridine diphosphate-glucoronosyltransferases [6]. ...
... Glucuronidation reactions are catalyzed by a family of enzymes known as uridine diphosphate-glucoronosyltransferases [6]. One main feature of phase 2 reactions is their role in the excretion of liphophilic drugs [2]. If there are two or more drugs present in a given organism, they might compete for any of the enzymes in whichever phase, as one drug would have more affinity for the enzyme than the other, this would displace it (PMCID: PMC1187712), and as consequence this could lead to a higher plasma concentration of the drug displaced, reaching toxic concentrations or accentuating their pharmacological effects. ...
Article
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Fibromyalgia is a chronic disorder with a broad spectrum of clinical manifestations such as muscular weakness and pain, fatigue and sleep disturbances. In this case we describe a female patient, frequent tea consumer with a classic presentation of fibromyalgia, initially treated with paracetamol+caffeine, due to poor control of symptoms cyclobenzaprine was prescribed, after a few months the symptoms got worse and duloxetine was added to the pharmacotherapy, few days later her muscle pain and weakness worsened, this could be explained by either the acrylamide from tea that mimics the fibromyalgia symptoms or food-drug interactions. Palpitations, insomnia, restless legs syndrome and anxiety associated to a mild serotoninergic syndrome could be due to drug-drug interactions. The novelty of this article is the presence of neurotoxic acrylamide in tea and the interactions it may have, not only with disease but with conventional pharmacotherapy also. It is of relevance to raise awareness about the possible toxic compounds found in food.
... [16][17][18][19][20] Pharmacological treatments consist of analgesics (opiates and non-opiates), non-Steroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDs), Tricyclic antidepressants, Selective Serotonin Reuptake Inhibitors (SSRIs), Serotonin-Norepinephrine Reuptake inhibitors (SNRIs), and Gabapentinoids. [25][26][27][28][29][30][31][32][33] Treatment efficacy can be measured by direct pain level assessment or through assessing the quality of life. ...
... Throughout history, different cultures used Cannabis to treat pain. 30,31 Modern medicine found the endocannabinoid system's role in the pathophysiology of neuropathic pain. 35 Previous studies showed that Cannabis is efficacious in promoting sleep, deepening, and lengthening the sleep cycle. ...
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Background: Fibromyalgia is a complex pain-focused syndrome. Previous studies showed that Cannabis is efficacious in promoting sleep, deepening and lengthening the sleep cycle, and good pain relief (compared to SSRIs and SNRIs). Purpose: This study aimed to use the World Health Organization Quality of Life Bref questionnaire (WhoQoL-bref) to characterize the impact of Cannabis Treatment initiation on the quality of life in women suffering from treatment-resistant fibromyalgia. Methods: a prospective cohort study involving 30 women aged 18-70 years old diagnosed with fibromyalgia, exhausted pharmacological fibromyalgia treatment, and started Cannabis treatment. Pregnant women were excluded. WhoQoL-bref was filled before Cannabis treatment initiation and one month following treatment. Results: Women's average age was 46 years(±5), with a poor general quality of life (1.47±0.63), poor general health (1.47±0.78), pain and discomfort, and dependence on medication (3.77±1.3 and 3.07±1.74 respectively) prior to Cannabis intervention. Cannabis treatment for 30 days showed a marked improvement in general quality of life (1.97 scores, p < 0.01), general health (1.83, p<0.01), physical health ( 1.5, p<0.01), and psychological domain (1.3, p<0.01). Financial resources and home environment were not influenced by cannabis treatment (p=0.07, p=0.31, respectively). Conclusion: Results suggest a potentially significant role of Cannabis in treatment-resistant Fibromyalgia women. Early Cannabis treatment may result in a beneficial short-term effect on the quality of life through its influence on pain, sleep, physical and psychological domains. Further studies are still indicated to understand this potential and its long-term beneficial impact.
... However, other recent studies have highlighted very poor or no effects [69,70]. The lower systemic serotonin levels in FM patients, already reported in other studies [4,71], and which could explain the lower pain threshold of these patients [72], are clearly consistent with the higher levels of depression perceived by FM patients, both without and with CFS codiagnosis. However, as with perceived levels of fatigue and physical activity, and with neuroimmunoendocrine dysregulation as the mechanism underlying pain, patients with a previous CFS diagnosis showed higher systemic serotonin concentrations than FM patients without CFS, with values very close to those of the control group of healthy women. ...
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Although the predominant symptom in fibromyalgia (FM) is muscle pain, and fatigue in chronic fatigue syndrome (CFS), differential diagnosis is very difficult. This research investigates the psychoneuroimmunoendocrine disorders of FM patients and ascertains whether a previous CFS diagnosis affected them. Through accelerometry objective parameters, physical activity/sedentarism levels in relation to fatigue are studied, as well as whether perceived levels of stress, anxiety, and pain correspond to objective biomarkers, all of these with respect to a reference group (RG) of women without FM. FM patients have a worse psychological state and perceived quality of life than those with RG. These perceived outcomes are consistent with impaired objective levels of a sedentary lifestyle, higher systemic levels of cortisol and noradrenaline, and lower levels of serotonin. However, FM patients with a previous CFS diagnosis had lower systemic levels of IL-8, cortisol, oxytocin, and higher levels of adrenaline and serotonin than FM patients without diagnosed CFS. In conclusion, while perceived health parameters do not detect differences, when objective neuroimmunoendocrine parameters related to stress, inflammation, pain, and fatigue are used, people with CFS could be overdiagnosed with FM. This reinforces the need for objective biomarker assessment of these patients for better diagnostic discrimination between both syndromes.
... A possible direct or indirect involvement of the nervous system in the pathogenesis of fibromyalgia symptoms is also suggested by the fact that widespread pain in these patients may be relieved via psychoactive drugs with different pharmacodynamic properties, such as antidepressants (duloxetine, milnacipran, tricyclics), anxiolytics (benzodiazepines), muscle relaxants (cyclobenzaprine), and anticonvulsants (pregabalin) [68][69][70][71], which are however not analgesics in the strictest sense. The combination of neurological, psychological, and neuropsychiatric symptoms, as well as the moderate effects of available psychopharmacological therapies in fibromyalgia, encourage the further development of central nervous system interventions as adjuvant therapies in the treatment of this complex disease. ...
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Although fibromyalgia is defined by its core muscular nociceptive component, it also includes multiple dysfunctions that involve the musculoskeletal, gastrointestinal, immune, endocrine, as well as the central and peripheral nervous systems, amongst others. The pathogenic involvement of the nervous system and the numerous neurological and neuroinflammatory symptoms of this disease may benefit from neuromodulatory stimulation techniques that have been shown to be effective and safe in diverse nervous system pathologies. In this systematic review, we outline current evidence showing the potential of non-invasive brain stimulation techniques, such as therapeutic strategies in fibromyalgia. In addition, we evaluate the contribution of these tools to the exploration of the neurophysiological characteristics of fibromyalgia. Considering that the pathogenesis of this disease is unknown, these approaches do not aim to causally treat this syndrome, but to significantly reduce a range of key symptoms and thus improve the quality of life of the patients.
... Diferentes tratamientos, tanto farmacológicos como no farmacológicos, han mostrado eficacia para mitigar los síntomas que caracterizan la FM. Por un lado, los fármacos constituyen una parte importante en el tratamiento (Carville et al., 2008;Di Franco et al., 2010; D. L. Goldenberg et al., 2004;Häuser et al., 2008;Häuser, Bernardy, Üçeyler, & Sommer, 2009a, 2009bHäuser, Eich, et al., 2009;Häuser, Thieme, & Turk, 2010;Sarzi-Puttini et al., 2008). Sin embargo, es necesaria la educación previa del paciente con el fin de evitar posibles desilusiones en la curación de la enfermedad o la sobremedicación, puesto que el fin del tratamiento farmacológico es el alivio sintomático del dolor, o la mejora de la calidad del entre otros. ...
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El objetivo de este estudio fue comprobar el efecto de 12 semanas de entrenamiento vibratorio de cuerpo completo en plataforma oscilatoria sobre el miedo a caerse en personas con fibromialgia (FM). Cuarenta y una mujeres diagnosticadas con FM (edad: 47±10.5 años) fueron aleatorizadas en dos grupos: vibración mecánica de cuerpo completo (n=21) y control (n= 20). La intervención del grupo experimental consistió en realizar 6 repeticiones a 12,5 Hz, con una frecuencia de 3 sesiones por semana y durante un total de 12 semanas. Se midió el miedo a caerse mediante el cuestionario FES-I y el grado de discapacidad con el Cuestionario de Impacto de Fibromialgia (CIF). Los resultados mostraron que las mujeres con FM presentan mayor miedo a caer que sus homólogos sanos, pero que la realización del programa de vibración mecánica de cuerpo completo, a pesar de reducir el miedo a caerse, no se encontraron diferencias significativas respecto al grupo control. Por tanto, concluimos que las mujeres con FM tienen miedo a caerse y que el programa de entrenamiento vibratorio propuesto no mostró ser útil para reducir el miedo a caer en mujeres sedentarias con FM. Así, se recomienda que los programas de intervención en esta población tengan un carácter multidisciplinar, incluyendo ejercicio físico en combinación con otras estrategias de actividad física o comportamentales y terapia psicológica.
... Antidepressant medications activate this system and increase the level of 5HT and NE, thus helping in reduction of the intensity of pain. [9][10][11] So the pain pathway can be concluded as series of events taking place in the following order: ...
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The nature of fibromyalgia and the influences of social construction
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This is the protocol for a review and there is no abstract. The objectives are as follows: To assess the analgesic efficacy of NSAIDs for chronic neuropathic pain in adults when compared to placebo or another active intervention To assess the adverse events associated with the clinical use of NSAIDs for chronic neuropathic pain in adults.
Article
BACKGROUND Opioid drugs, including buprenorphine, are commonly used to treat neuropathic pain, and are considered effective by some professionals. Most reviews have examined all opioids together. This review sought evidence specifically for buprenorphine, at any dose, and by any route of administration. Other opioids are considered in separate reviews. OBJECTIVES To assess the analgesic efficacy of buprenorphine for chronic neuropathic pain in adults, and the adverse events associated with its use in clinical trials. SEARCH METHODS We searched the Cochrane Central Register of Controlled Trials (CENTRAL), MEDLINE, and EMBASE from inception to 11 June 2015, together with reference lists of retrieved papers and reviews, and two online study registries. SELECTION CRITERIA We included randomised, double-blind studies of two weeks' duration or longer, comparing any oral dose or formulation of buprenorphine with placebo or another active treatment in chronic neuropathic pain. DATA COLLECTION AND ANALYSIS Two review authors independently searched for studies, extracted efficacy and adverse event data, and examined issues of study quality. We did not carry out any pooled analyses. MAIN RESULTS Searches identified 10 published studies, and one study with results in ClinicalTrials.gov. None of these 11 studies satisfied our inclusion criteria, and so we included no studies in the review. AUTHORS' CONCLUSIONS There was insufficient evidence to support or refute the suggestion that buprenorphine has any efficacy in any neuropathic pain condition.
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Background: Neuropathic pain may be caused by nerve damage, and is often followed by changes to the central nervous system. Uncertainty remains regarding the effectiveness and safety of acupuncture treatments for neuropathic pain, despite a number of clinical trials being undertaken. Objectives: To assess the analgesic efficacy and adverse events of acupuncture treatments for chronic neuropathic pain in adults. Search methods: We searched CENTRAL, MEDLINE, Embase, four Chinese databases, ClinicalTrials.gov and World Health Organization (WHO) International Clinical Trials Registry Platform (ICTRP) on 14 February 2017. We also cross checked the reference lists of included studies. Selection criteria: Randomised controlled trials (RCTs) with treatment duration of eight weeks or longer comparing acupuncture (either given alone or in combination with other therapies) with sham acupuncture, other active therapies, or treatment as usual, for neuropathic pain in adults. We searched for studies of acupuncture based on needle insertion and stimulation of somatic tissues for therapeutic purposes, and we excluded other methods of stimulating acupuncture points without needle insertion. We searched for studies of manual acupuncture, electroacupuncture or other acupuncture techniques used in clinical practice (such as warm needling, fire needling, etc). Data collection and analysis: We used the standard methodological procedures expected by Cochrane. The primary outcomes were pain intensity and pain relief. The secondary outcomes were any pain-related outcome indicating some improvement, withdrawals, participants experiencing any adverse event, serious adverse events and quality of life. For dichotomous outcomes, we calculated risk ratio (RR) with 95% confidence intervals (CI), and for continuous outcomes we calculated the mean difference (MD) with 95% CI. We also calculated number needed to treat for an additional beneficial outcome (NNTB) where possible. We combined all data using a random-effects model and assessed the quality of evidence using GRADE to generate 'Summary of findings' tables. Main results: We included six studies involving 462 participants with chronic peripheral neuropathic pain (442 completers (251 male), mean ages 52 to 63 years). The included studies recruited 403 participants from China and 59 from the UK. Most studies included a small sample size (fewer than 50 participants per treatment arm) and all studies were at high risk of bias for blinding of participants and personnel. Most studies had unclear risk of bias for sequence generation (four out of six studies), allocation concealment (five out of six) and selective reporting (all included studies). All studies investigated manual acupuncture, and we did not identify any study comparing acupuncture with treatment as usual, nor any study investigating other acupuncture techniques (such as electroacupuncture, warm needling, fire needling).One study compared acupuncture with sham acupuncture. We are uncertain if there is any difference between the two interventions on reducing pain intensity (n = 45; MD -0.4, 95% CI -1.83 to 1.03, very low-quality evidence), and neither group achieved 'no worse than mild pain' (visual analogue scale (VAS, 0-10) average score was 5.8 and 6.2 respectively in the acupuncture and sham acupuncture groups, where 0 = no pain). There was limited data on quality of life, which showed no clear difference between groups. Evidence was not available on pain relief, adverse events or other pre-defined secondary outcomes for this comparison.Three studies compared acupuncture alone versus other therapies (mecobalamin combined with nimodipine, and inositol). Acupuncture may reduce the risk of 'no clinical response' to pain than other therapies (n = 209; RR 0.25, 95% CI 0.12 to 0.51), however, evidence was not available for pain intensity, pain relief, adverse events or any of the other secondary outcomes.Two studies compared acupuncture combined with other active therapies (mecobalamin, and Xiaoke bitong capsule) versus other active therapies used alone. We found that the acupuncture combination group had a lower VAS score for pain intensity (n = 104; MD -1.02, 95% CI -1.09 to -0.95) and improved quality of life (n = 104; MD -2.19, 95% CI -2.39 to -1.99), than those receiving other therapy alone. However, the average VAS score of the acupuncture and control groups was 3.23 and 4.25 respectively, indicating neither group achieved 'no worse than mild pain'. Furthermore, this evidence was from a single study with high risk of bias and a very small sample size. There was no evidence on pain relief and we identified no clear differences between groups on other parameters, including 'no clinical response' to pain and withdrawals. There was no evidence on adverse events.The overall quality of evidence is very low due to study limitations (high risk of performance, detection, and attrition bias, and high risk of bias confounded by small study size) or imprecision. We have limited confidence in the effect estimate and the true effect is likely to be substantially different from the estimated effect. Authors' conclusions: Due to the limited data available, there is insufficient evidence to support or refute the use of acupuncture for neuropathic pain in general, or for any specific neuropathic pain condition when compared with sham acupuncture or other active therapies. Five studies are still ongoing and seven studies are awaiting classification due to the unclear treatment duration, and the results of these studies may influence the current findings.
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The efficacy and tolerability of paroxetine, a selective serotonin reuptake inhibitor, were evaluated in a 12-week, single-blind, randomized study. Forty outpatients with fibromyalgia syndrome (FMS) were allocated to receive paroxetine 20 mg once daily for 3 months (group A; n = 20) or placebo once daily for 3 months (group B; n = 20). The investigator's overall assessment of paroxetine's efficacy was much improved or improved in 68% of group A patients, slightly improved in 24%, and no change in 8%. Group A patients' overall assessment of paroxetine's efficacy was much improved or improved in 40%, slightly improved in 48%, and no change in 12%. The investigator's and group B patients' overall assessments of the placebo's efficacy were no change in 96% and 82% and slightly improved in 4% and 18%, respectively. The investigator's overall assessment of tolerability was very good or good in 82% of group A patients and very good or good in 98% of group B patients. The patients' overall assessment of tolerability was very good or good in 70% in group A and in 18% in group B. Based on the findings, paroxetine appeared to be effective and well tolerated in our group of patients with FMS. Key words: fibromyalgia, selective serotonin re-uptake inhibitors, paroxetine, efficacy, tolerability.
Article
Fibromyalgia is one of a number of overlapping functional somatic syndromes," including irritable bowel syndrome, tension headache, chronic idiopathic lower back pain, chronic fatigue syndrome and others. These conditions affect females more frequently than males and probably share common underlying neurobiological mechanisms, as well as frequent psychological, cognitive and behavioral comorbidities. Since the pain in these conditions is most likely "central" in origin, classes of drugs such as nonsteroidal antiinflammatory drugs (NSAIDs) and opioids, which are quite effective for "peripheral" pain, are relatively ineffective for the pain seen in these syndromes. Instead, tricyclic and other classes of antidepressants, antiseizure drugs and a number of other neuroactive compounds seem to be more effective. In addition, nonpharmacological therapies such as aerobic exercise and cognitive behavioral therapy are quite effective and frequently underutilized in clinical practice.
Article
Objectives: The objective of this study was to evaluate the efficacy and safety of pirlindole [75 mg b.i.d.], a reversible and selective inhibitor of monoamine oxidase A [RIMA] in the treatment of primary fibromyalgia syndrome [FMS]. Methods: One hundred patients were included in a four-week double-blind placebo-controlled study. The safety analysis was based on 89 patients [45 pirlindole and 44 placebo] and the efficacy analysis on 61 patients [33 pirlindole and 28 placebo]. The evaluation of the outcome of therapy was based on the results obtained on eight characteristic parameters [pain, morning stiffness, tender pain score, psychological evaluation using the Symptom Checklist-90-Revised, fatigue, sleep disturbance, global evaluation by the patient, global evaluation by the investigator]. Results: When compared with baseline evaluation a significant improvement [P < 0.05] was noticed for all the parameters with pirlindole whereas three parameters only [tender point score, psychological score, global evaluation by the patient; P < 0.05] were significantly improved by the placebo. Moreover, at the end of the four-week treatment period, pirlindole appeared to be significantly superior to placebo on four parameters [pain, tender point score, global evaluation by the patient and the investigator]. Side-effects were observed in 40% of the pirlindole-treated patients and 36.4% of the placebo-treated patients leading to 13.3% and 6.8% drop-outs, respectively. These differences were not statistically significant [P < 0.05]. Conclusion: This four-week double-blind placebo-controlled trial suggests that pirlindole [75 mg b.i.d.] might be a well-tolerated and beneficial treatment for FMS patients.
Article
Objective: To study the effect of fluoxetine (FL) and amitriptyline (AM), alone and in combination, in patients with fibromyalgia (FM). Methods: Nineteen patients with FM completed a randomized, double-blind crossover study, which consisted of 4 6-week trials of FL (20 mg), AM (25 mg), a combination of FL and AM, or placebo. Patients were evaluated on the first and last day of each trial period. Outcome measures included a tender point score, the Fibromyalgia Impact Questionnaire (FIQ), the Beck Depression Inventory (BDI) scale, and visual analog scales (VAS) for global well-being (1 completed by the physician and 1 by the patient), pain, sleep trouble, fatigue, and feeling refreshed upon awakening. Results: Both FL and AM were associated with significantly improved scores on the FIQ and on the VAS for pain, global well-being, and sleep disturbances. When combined, the 2 treatments worked better than either medication alone. Similar, but nonsignificant, improvement occurred in the BDI scale, the physician global VAS, and the VAS for fatigue and feeling refreshed upon awakening. Trends were less clear for the tender point score. Conclusion: Both FL and AM are effective treatments for FM, and they work better in combination than either medication alone.
Article
To develop criteria for the classification of fibromyalgia, we studied 558 consecutive patients: 293 patients with fibromyalgia and 265 control patients. Interviews and examinations were performed by trained, blinded assessors. Control patients for the group with primary fibromyalgia were matched for age and sex, and limited to patients with disorders that could be confused with primary fibromyalgia. Control patients for the group with secondary-concomitant fibromyalgia were matched for age, sex, and concomitant rheumatic disorders. Widespread pain (axial plus upper and lower segment plus left- and right-sided pain) was found in 97.6% of all patients with fibromyalgia and in 69.1% of all control patients. The combination of widespread pain and mild or greater tenderness in ⩾ 11 of 18 tender point sites yielded a sensitivity of 88.4% and a specificity of 81.1%. Primary fibromyalgia patients and secondary-concomitant fibromyalgia patients did not differ statistically in any major study variable, and the criteria performed equally well in patients with and those without concomitant rheumatic conditions. The newly proposed criteria for the classification of fibromyalgia are 1) widespread pain in combination with 2) tenderness at 11 or more of the 18 specific tender point sites. No exclusions are made for the presence of concomitant radiographic or laboratory abnormalities. At the diagnostic or classification level, the distinction between primary fibromyalgia and secondary-concomitant fibromyalgia (as defined in the text) is abandoned.
Article
Fibromyalgia (FM) is a syndrome characterized by widespread musculoskeletal pain, although the mechanisms underlying the pain have not been fully elucidated. FM patients describe a number of nonspecific symptoms, such as anxiety, depression, fatigue, unrefreshing sleep, and gastrointestinal complaints, which appear after a flu-like illness, or after physical or emotional trauma in half of the patients, and are often exacerbated by exertion, stress, lack of sleep, and weather changes. There may also be symptoms of orthostatic intolerance, which suggests underlying abnormalities in cardiovascular neural regulation. Research suggests that various components of the central nervous system are involved, including the hypothalamic-pituitary-adrenal (HPA) axis, pain-processing pathways, and the autonomic nervous system (ANS). This review discusses the general aspects of the altered HPA and ANS, sympathetic overactivity, and alterations in cardiovascular autonomic responses to gravitational stimuli.
Article
Fibromyalgia (FM) is a syndrome characterized by widespread musculoskeletal pain. Symptoms of orthostatic intolerance may also be present, suggesting underlying abnormalities of cardiovascular neural regulation. We tested the hypothesis that FM is characterized by sympathetic overactivity and alterations in cardiovascular autonomic response to gravitational stimulus. Sixteen patients with primary FM and 16 healthy controls underwent electrocardiography examination, finger blood pressure, respiration, and muscle sympathetic nerve activity (MSNA) recordings at rest and during stepwise tilt test, up to 75 degrees . The autonomic profile was assessed by MSNA, plasma catecholamine, and spectral indices of cardiac sympathetic (LFRR in normalized units, NU) and vagal (HFRR both in absolute and NU) modulation and of sympathetic vasomotor control (LFSAP) computed by spectrum analysis of RR and systolic arterial pressure (SAP) variability. Arterial baroreflex function was evaluated by the SAP/RR spontaneous-sequences technique, the index a, and the gain of MSNA/diastolic pressure relationship during stepwise tilt test. At rest, patients showed higher values of heart rate, MSNA, LFRR NU, LF/HF, LFSAP, and reduced HFRR than controls. During tilt test, lack of increase of MSNA, less decrease of HFRR, and excessive rate (44%) of syncope were found in patients, suggesting reduced capability to enhance the sympathetic activity to vessels and withdraw the vagal modulation to sino-atrial node. Baroreflex function was similar in both groups. Patients with FM have an overall enhancement of cardiovascular sympathetic activity while recumbent. Lack of increased sympathetic discharge to vessels and decreased cardiac vagal activity characterize their autonomic profile during tilt test, and might account for the excessive rate of syncope.