È con queste parole che uno dei più affascinanti eroi classici, Ulisse, rimarca al sommo Poeta ciò che, per lui, è l’unico scopo della vita: conoscere… conoscere per non abbrutirsi, per non restare bloccati ad uno stato primitivo fatto di solo istinto e privo di ratio. Sebbene, infatti, sia stata, proprio, questa «insaziabile sete di conoscenza» a indurre Dante ad inserire Ulisse nel girone infernale dei consiglieri di frode1, la sua figura rappresenta, ancora oggi, il simbolo, più riconosciuto e riconoscibile, della ricerca del sapere, di colui che instancabilmente individua sempre nuovi percorsi e nuovi traguardi, in un inarrestabile e metaforico viaggio verso ciò che è ancora sconosciuto.
E se è vero che «tutti gli uomini per natura tendono al sapere [toû eidénai]», è a questo viaggio che vuole ispirarsi questo contributo. Un viaggio lungo e non privo di pericoli, emblema di un percorso di crescita e di una predisposizione mentale verso la scoperta del nuovo. Nell’ottica delineata, il volume accompagna il lettore in un viaggio immaginario alla scoperta della conoscenza, del suo significato più profondo e del suo «non senso», per enfatizzarne ruoli e distintività nei processi di crescita individuale e nel successo aziendale.
Negli ultimi decenni, infatti, la conoscenza è andata, progressivamente, affermandosi come uno degli assets più importanti per l’acquisizione di un vantaggio competitivo, duraturo e difendibile, e il Knowledge Management come una delle discipline a supporto della formulazione e dell’implementazione di strategie di successo.
Non vi è dubbio che il tema della conoscenza sia oggetto di molteplici riflessioni, elaborate in seno a differenti aree disciplinari, che spaziano dalla filosofia alla psicologia e alle scienze cognitive, dalla sociologia all’informatica e alle scienze economiche. Il carattere multidisciplinare e l’affermazione di molteplici approcci all’analisi dei processi di creazione e gestione della conoscenza, hanno indotto, pertanto, uno sforzo di sistematizzazione, in grado di dirimere questo caos creativo mediante la definizione un escursus (un viaggio appunto) che dall’analisi dei paradigmi interpretativi di Knowledge e Knowledge Management giunge all’esame delle più recenti elaborazioni concettuali sui Knowledge Ecosystems.
Alla luce delle considerazioni riportate, nella prima parte del lavoro si è provveduto ad una sistematizzazione dei profili teorici elaborati in tema di Knowledge Management per evidenziarne limiti, differenze e sovrapposizioni concettuali.
Nonostante il tema della conoscenza, e della sua criticità per il successo aziendale, sia oggetto di crescente dibattito ed enfasi in epoca contemporanea, il suo studio, nelle discipline economico-aziendali, ha assunto rilievo già agli inizi degli anni ’90, in concomitanza con il consolidamento delle nozioni di dynamic capabilities, organizational learning e di intellectual capital. Da semplice strumento funzionale all’implementazione di piani e processi organizzativi, la conoscenza è divenuta una risorsa da gestire in sé, capace di produrre valore per il solo fatto di essere capitalizzata. La delineata enfasi è stata, nello specifico, interpretata come la naturale evoluzione della visione di impresa come insieme eterogeneo di risorse che, dai contributi pionieristici elaborati in seno alla Resource Based View of the firm, ha trovato la sua massima espressione nella Capability-Based e nella Knowledge-based View of the firm.
In linea con quest’ultimo approccio, l’impresa è sempre più chiamata a promuovere e implementare complessi meccanismi di creazione e di gestione di conoscenza, atti a sostenerne la capacità innovativa e il successo delle iniziative intraprese. In tal senso, il Knowledge Management (KM), nella sua più ampia accezione di processo volto alla «cattura», alla diffusione e all’uso efficiente del sapere è, sempre più frequentemente, interpretato alla stregua di una vera e propria strategia, da coltivare per il raggiungimento di più elevati livelli di efficienza e profittabilità aziendali. Indispensabile, al riguardo, appare, dunque, la piena comprensione di tutti quei fattori in grado di ostacolare, o alternativamente, facilitare il processo di creazione, condivisione e diffusione del know how, al fine di predisporre le condizioni e il background più idoneo alla nascita di circoli virtuosi, nei quali la condivisione di linguaggi, credi e valori funga da catalizzatore di soggettività individuali, orientate al raggiungimento di un obiettivo comune e condiviso di crescita delle conoscenze.
Naturale sviluppo del percorso tracciato è stato, dunque, l’esame, nella seconda parte del lavoro, del modo in cui architetture reticolari, territoriali e non, relazioni intra ed inter-sistemiche e modelli di governance agiscono come veri e propri «facilitatori» di molteplici processi di apprendimento e trasferimento di conoscenze, supportando, in questo modo, la capacità innovativa di tutti gli attori coinvolti, come pure del sistema complessivamente inteso. L’impresa non può essere interpretata alla stregua di un agente innovatore isolato, ma come parte di un contesto che ne influenza e ne condiziona l’agire. La sua capacità di instaurare e sviluppare sistemi relazionali con attori chiave del territorio – università, centri di ricerca scientifica e tecnologica e istituzioni – supporta, altresì, la nascita e lo sviluppo di ecosistemi in continua evoluzione, nell’ambito dei quali principi di shared environment, interdependence, co-evolution e leadership ne rappresentano elementi chiave di sopravvivenza e di successo.
La trasposizione del concetto di ecosystem dagli studi di biologia ed ecologia a quelli di management ha consentito, in particolare, di indagare il modo in cui individui e organizzazioni interagiscono, per la ricerca di soluzioni a problemi emergenti, ed evolvono nell’ambito di sistemi complessi, agendo alla stregua di organismi viventi. Nel denso newtwork di relazioni che caratterizza un knowledge ecosystem, università e centri di ricerca operano nella veste di keystone players per la generazione e diffusione del sapere localmente prodotto.
Le riflessioni maturate a seguito delle analisi desk, dello studio della letteratura e dell’esame di molteplici case studies inducono ad individuare nel principio di «collaborazione-coevoluzione» delle complesse relazioni sistemiche e nella presenza di un modello di governance flessibile, in grado di garantire unitarietà e integrità a realtà complesse, gli elementi di successo di siffatto ecosistema.
Così, se valicare le Colonne d’Ercole dell’umana ragione è il fine ultimo di un knowledge ecosystem, raggiungerlo implica l’abbandono della folle idea di Ulisse e dei suoi nocchieri odisseici di «passare l’oceano con gli stessi mezzi con cui navigavano tra le rive «misurabili» del mare nostrum» per abbracciare logiche innovative, ispirate ad approcci interattivi e ad un armonico equilibrio tra interessi individuali ed azioni collettivamente programmate, giacché…
«…nella lunga storia del genere umano (e anche del genere animale) hanno prevalso coloro che hanno imparato a collaborare e ad improvvisare con più efficacia».