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Il Sannio sotto le bombe. Le incursioni aeree sulla provincia di Benevento durante la Seconda guerra mondiale

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Abstract

ITALIAN Nel periodo agosto-ottobre 1943 la provincia di Benevento fu ripetutamente colpita dai bombardieri alleati. Il capoluogo, in particolare, subì distruzioni ingenti, che cambiarono il volto della città, e un elevato numero di vittime, superiore alle 1.000 persone. L'articolo ricostruisce la storia dei bombardamenti sul Sannio, raccontando brevemente le diverse incursioni e mettendo in evidenza gli effetti e la reazione della popolazione, le conseguenze materiali e morali; la memoria dei bombardamenti. ENGLISH In the period August-October 1943, the province of Benevento was repeatedly hit by Allied bombers. The chief town, particularly, suffered from a massive destruction, that changed the face of the city, and an high number of victims, superior to 1.000 people. The article reconstructs the history of the bombing on Sannio province, shortly telling each air strike and highlighting effects and reaction of the population; material and moral consequences; memory of the strikes.
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la proclamazione dell’Impero, la politica di esclusione nei confronti
dei meticci divenne più decisa, e signicò una radicalizzazione del
carattere discriminatorio nella politica della cittadinanza in colo-
nia. Escluse poche eccezioni, la negazione della cittadinanza italia-
na rimase nel colonialismo italiano il principio fondamentale cui si
orientò il Regno d’Italia nel governo delle sue colonie.
NICOLA CAMILLERI è uno storico e lavora presso il Dipartimento di Scienze Storiche,
Geograche e dell’Antichità dell’Università di Padova nel progetto di ricerca
“PREWAsAs – The Dark Side of the Belle Époque. Political Violence and Armed
Associations in Europe before the First World War” nanziato dall’ European
Research Council (ERC). Inoltre, è cultore della materia in Storia dell’Africa presso
il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Pavia. Si è formato
presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, dove si è laureato nel 2008 con
Marco Meriggi, e la Freie Universität di Berlino, dove si è addottorato nel 2017 con
Dieter Gosewinkel. Ha svolto ricerche in archivi e biblioteche in Eritrea, Germania,
Italia e Tanzania ed è stato visiting scholar presso lo Hiob Ludolf Centre for Ethiopian
Studies dell’Università di Amburgo. Ha ricevuto diverse borse di ricerca, tra le
altre, dall’Istituto Storico Germanico di Roma, dall’Istituto per la Storia Europea di
Magonza e, come postdoc, dal Remarque Institute della New York University a New
York e dall’Istituto Max Planck per la Storia Europea del Diritto a Francoforte sul
Meno. Ha partecipato a numerosi convegni internazionali e pubblicato diversi saggi
e recensioni. Per la casa editrice Carocci ha tradotto dal tedesco la monograa di
Sebastian Conrad Storia globale. Un’introduzione (Roma, 2015; ed. or.: Globalgeschichte.
Eine Einführung, München, 2013)
ERMINIO FONZO
Il Sannio sotto le bombe.
Le incursioni aeree sulla
provincia di Benevento
durante la seconda guerra
mondiale
La provincia di Benevento fu direttamente coinvolta nella secon-
da guerra mondiale per un periodo breve, dall’agosto all’ottobre del
1943. La guerra aveva fatto sentire i suoi eetti già negli anni prece-
denti, a causa delle partenze dei beneventani inviati al fronte, del ra-
zionamento dei generi alimentari e del generale peggioramento delle
condizioni economiche e sociali, ma nel Sannio non vi erano stati
combattimenti incursioni aeree. Fino al 1943, infatti, l’Italia fu
sottoposta solo a bombardamenti strategici, che intendevano colpire
il potenziale industriale e a accare il morale della popolazione per
spingere il Paese fuori dalla guerra, e nel Mezzogiorno furono colpiti
soprattutto i centri industriali e portuali, come Napoli, Taranto e Pa-
lermo1. Nel Beneventano, l’unica incursione ebbe luogo il 22 ottobre
del 1941 nel comune di Montesarchio, ma gli aerei sganciarono solo
volantini di propaganda.
Nella primavera del 1943, in previsione dell’invasione della Pe-
nisola, i bombardamenti sull’Italia meridionale divennero molto
1 Per i bombardamenti su Napoli si veda G. GRIBAUDI, Guerra totale. Tra bombe
alleate e violenze naziste. Napoli e il fronte meridionale, Bollati Boringhieri, Torino, 2005, pp.
41-58.
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più frequenti e si indirizzarono verso numerose città e, dalla ne di
giugno, furono particolarmente intensi sulla Campania. Il passaggio
degli aerei angloamericani nei cieli del Sannio divenne frequente,
ma gli allarmi non impressionavano più di tanto la popolazione,
che talvolta continuava a svolgere le proprie faccende anche dopo
il suono delle sirene. Fino al mese di agosto, del resto, la provincia
non fu bombardata, ma in alcuni casi i velivoli di passaggio, che in
genere erano diretti a Napoli o verso la Puglia, lasciarono cadere
qualche bomba o qualche spezzone incendiario. Attacchi di questo
tipo colpirono San Giorgio del Sannio, Benevento, Gioia Sanniti-
ca e Montesarchio poco dopo la mezzanotte del 21 marzo 1943;
Pietraroja nella notte tra il 6 e 7 aprile; San Lorenzello e Paupisi la
mattina del 31 maggio; Montesarchio il 18 giugno; Durazzano il
17 luglio; di nuovo Montesarchio il 18 luglio; San Giorgio del San-
nio il 22 luglio. In nessun caso furono colpite le persone (solo una
contadina fu lievemente ferita dalle bombe cadute a Durazzano),
né furono danneggiati gli edici. Le uniche conseguenze, oltre alla
paura dei cittadini, erano qualche buca nei campi e l’intervento
degli articieri quando restavano ordigni inesplosi. Il 28 giugno,
inoltre, furono lanciati manifestini di propaganda nei comuni della
Valle Caudina, per rimuovere i quali dovette intervenire l’esercito2.
Gli attacchi subiti dal Sannio erano poca cosa rispetto a quelli
che, nello stesso periodo, si indirizzarono verso altre località del
Mezzogiorno e molti beneventani pensavano (o, almeno, sperava-
no), che la loro città potesse essere risparmiata. Tuttavia, dopo lo
sbarco alleato in Sicilia (10 luglio 1943) le incursioni aumentarono
in tutto il Sud e la convinzione che Benevento non sarebbe stata
2 Dopo ogni attacco la prefettura inviava una comunicazione al Ministero
dell’interno per raccontare l’accaduto. Le comunicazioni sono conservate in Archivio
centrale dello Stato (d’ora in poi ACS), Ministero dell’Interno (d’ora in poi MI),
Direzione generale di pubblica sicurezza (d’ora in poi PS), Categorie permanenti
- A5G «Seconda guerra mondiale» (d’ora in poi A5G), b. 77, fs. 40 «incursioni
aeronavali», ins. 12 «Benevento».
colpita divenne meno sicura3.
1. Le incursioni su Benevento prima dell’8 settembre
Nel Sannio, come in molte altre zone dell’Italia meridionale, la
guerra vera arrivò nell’estate del 1943, quando gli angloamericani
si apprestavano a invadere la Penisola. Gli alleati avevano bisogno
di rallentare le linee di comunicazione del nemico, come stabilito
sin dal mese di gennaio alla conferenza di Casablanca, con l’appro-
vazione della strategia nota come combined bomber oensive4, e perciò
sferrarono un’oensiva aerea contro l’Italia. Dopo la caduta del fa-
scismo furono intensicati anche i bombardamenti a tappeto, allo
scopo di persuadere il governo Badoglio a uscire dalla guerra, ma
il 19 agosto, in seguito all’avvio delle trattative per l’armistizio, fu-
rono sospesi. Gli attacchi tattici sul Mezzogiorno, però, continuaro-
no, perché gli angloamericani, che il 17 agosto avevano terminato
la conquista della Sicilia, avevano necessità di colpire il nemico e
distruggere le infrastrutture per preparare l’invasione della Penisola.
Le incursioni erano eettuate sia dall’United States Army Air
Force (Usaaf), sia dalla Royal Air Force (Raf) inglese. L’aviazione sta-
3 In proposito si veda il diario di A. RUBÀNO, La morte e la vita. Le tragiche ore
di guerra vissute da una donna, Nuova impronta, Roma, 2002, pp. 18-19. Air Rubàno,
pseudonimo di Antonia Irene Ricciardi Rubàno, era una scrittrice nativa di Cerreto
Sannita, che trascorse gli anni della guerra a Benevento e, dal giugno del 1943, nelle
campagne intorno a San Lorenzello. Gli appunti che scrisse nel corso della guerra
sono restati inediti no al 2002. Un’altra interessante testimonianza sullo stato
d’animo dei beneventani nell’estate del 1943 è quella del sacerdote Rocco Boccaccino,
che negli anni ’70 scrisse i suoi ricordi per il settimanale «Messaggio d’oggi» (furono
pubblicati a puntate tra il 7 settembre e il 2 novembre 1978). In seguito le memorie
sono state pubblicate in volume con il titolo Benevento e la seconda guerra mondiale, Edizioni
Messaggio d’oggi, Benevento, 1993.
4 A. VILLA, Guerra aerea sull’Italia (1943-1945), Guerini e associati, Milano, 2010,
p. 14. Sui bombardamenti cfr. anche M. PATRICELLI, L’Italia sotto le bombe. Guerra
aerea e vita civile (1940-1945), Laterza, Roma-Bari, 2007, che si concentra soprattutto
sugli eetti delle bombe sulla popolazione; M. GIOANNINI e G. MASSOBRIO,
Bombardate l’Italia. Storia della guerra aerea (1940-1945), Rizzoli, Milano, 2007, che presta
più attenzione all’aspetto militare e strategico dei bombardamenti.
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tunitense seguiva la tattica del daylight precision bombing, cioè il bom-
bardamento diurno di precisione, servendosi dei puntatori Norden
che, sulla carta, consentivano di colpire gli obiettivi con un minimo
margine di errore; la Raf, invece, privilegiava il bombardamento a
tappeto (area bombing) nelle ore notturne5.
Benevento era un importante snodo di trasporti, essendo situata
sulla strada rotabile e ferroviaria che collega Napoli alla Puglia, e
sin dal febbraio del 1943 le ricognizioni aeree degli alleati l’aveva-
no individuata come un possibile obiettivo, il numero tredici nell’e-
lenco delle priorità6. Dall’agosto del 1943, la città fu ripetutamente
attaccata. La prima incursione ebbe luogo il giorno 20, nell’ambito
di un attacco della North African Strategical Air Force (Nasaf, alla
quale erano adati gli obiettivi a nord della linea Battipaglia-Poten-
za-Bari), che si rivolse anche contro Aversa e Capua. A Benevento
l’obiettivo era la stazione ferroviaria. La sirena suonò alle 12.50 e
molti cittadini, pur immaginando che, come sempre, all’allarme non
sarebbe seguito il bombardamento, lasciarono le strade principali e
rientrarono in casa. In città, però, non esistevano veri rifugi antiae-
rei, tranne qualche scantinato e, inoltre, i passeggeri che aspettavano
il treno alla stazione non si allontanarono.
Meno di un’ora dopo il suono della sirena, i bombardieri bimo-
tore B-25 «Mitchell» dell’Usaaf, scortati da numerosi caccia P-38
«Lightning»7, si abbassarono a 500 metri di altitudine e sganciarono
bombe di medio e grosso calibro e spezzoni incendiari. I caccia ita-
liani e tedeschi cercarono di intercettare i velivoli nemici, sia prima
5 Cfr. G. ANGELONE, Bombardamenti americani in Terra di Lavoro, in Leggere il
tempo negli spazi. Il 1943 a Napoli, in Campania, nel Mezzogiorno (fascicolo speciale di
«Meridione», 2-3, 2015), a cura di F. Soverina, ESI, Napoli 2015, pp. 93-116.
6 G. GRIBAUDI, Guerra totale, op. cit., p. 386.
7 La relazione del prefetto Italo Mormile (conservata in ACS, MI, PS, A5G, b.
77, fs. 40 «incursioni aeronavali», ins. 12 «Benevento»), parla di 63 velivoli in totale,
mentre la ricerca di R. GUEST, G. MASSIMELLO e CH. SHORES, A History of the
Mediterranean Air War, 1940-1945. Vol. IV Sicily and Italy to the fall of Rome 14 May, 1943-
5 June, 1944, Grub Street, London, 2018, p. 301, riporta il numero di 36 bombardieri.
che giungessero sulla città, sia quando l’avevano già raggiunta8, e an-
che la contraerea aprì il fuoco, ma non fu possibile fermare l’attacco.
L’esito del bombardamento fu catastroco. La stazione era gre-
mita di passeggeri, perché erano in partenza diversi treni e gli abitan-
ti dei paesi della provincia attendevano di tornare a casa. Nei vagoni
fermi in stazione, inoltre, vi erano molti soldati che rientravano dalla
Sicilia, ma nessuno pensò a spostare i treni, nonostante la normativa
prevedesse che, in caso di allarme aereo, dovessero essere immedia-
tamente allontanati di almeno un chilometro. Nel bombardamento,
l’edicio della stazione fu distrutto quasi completamente e anche i
convogli furono colpiti9. All’esterno, furono pesantemente danneg-
giate due industrie, la ditta di liquori e dolciumi Alberti, produttrice
del noto liquore «Strega», e il deposito di legnami Miele, mentre
furono meno gravi i danni al deposito locomotive, all’Aeronautica
sannita (una fabbrica per la manutenzione degli aerei militari inau-
gurata nel 1939) e alle strade circostanti. Alcune bombe caddero nel-
la vicina contrada Pantano, una zona rurale, nella quale fu abbattuta
una casa colonica e fu danneggiata la produzione agricola10. Fu col-
pito anche l’acquedotto, lasciando Benevento senza acqua corrente
per diversi giorni. Il cessato allarme suonò alle 14.15, dopo che la cit-
tà era restata per trentacinque interminabili minuti sotto le bombe.
8 Cfr. R. GUEST, G. MASSIMELLO e CH SHORES, A History of the
Mediterranean Air War, op. cit., pp. 301-302.
9 R. BOCCACCINO, Benevento e la seconda guerra mondiale, (puntata I, «Il Messaggio
d’oggi», 7 settembre 1978).
10 Relazione del prefetto al Ministero dell’interno, in ACS, MI, PS, A5G, b. 77,
fs. 40 «incursioni aeronavali», ins. 12 «Benevento». Si veda anche la testimonianza S.
DE LUCIA, Benevento nel turbine della guerra. Diario di un sinistrato, De Toma, Benevento,
1946, pp. 5-7). Salvatore De Lucia era un sacerdote, professore al collegio La Salle,
che annotò giorno per giorno, tra il 20 agosto e l’8 ottobre, quello che accadeva a
Benevento, con particolare attenzione alle incursioni aeree e al comportamento delle
truppe di occupazione. Fino al 17 settembre restò in città e poi si rifugiò a Sant’Angelo
a Cupolo, ospite, insieme all’arcivescovo Mancinelli, nel convento dei padri Liguorini).
Si vedano, inne, le testimonianze di altri cittadini raccolte negli anni 2000 da G.
GRIBAUDI, Guerra totale, op. cit., pp.387-391.
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Il bilancio di vite umane fu pesante. I bollettini divulgati dopo
l’attacco cercarono, come avveniva sempre, di minimizzare gli eetti
dell’attacco e riportarono la cifra di 60-70 morti, ma tra la popola-
zione si diuse la voce che vi erano state centinaia, se non migliaia,
di vittime. Le testimonianze sono discordi ed è impossibile stabilire
il numero esatto dei cittadini uccisi dalle bombe. La fonte più atten-
dibile è la relazione inviata dalla prefettura al Ministero dell’interno,
secondo la quale l’incursione provocò 140 vittime e varie centinaia
di feriti11.
Oltre che dal numero delle vittime, la drammaticità degli eventi si
evince chiaramente dai racconti dei sopravvissuti. Pochi giorni dopo
i fatti, la scrittrice Air Rubàno raccolse la testimonianza di tale Aldo
Lavorgna, che si trovava nella stazione al momento dell’incursione, e
la riportò in questi termini sul suo diario:
«La contraerea fece fuoco; e gli apparecchi cominciarono a sgan-
ciare le bombe. Tutti allora cominciarono a fuggire. Anche lui voleva
correre per l’uscita e non poteva, perché la gente tutta correva a ripa-
rarsi nella stazione. Allora pensò di uscire attraverso la sala d’aspetto,
ma neanche di poté scappare perché la gente faceva ressa e non
andava né avanti indietro. Nella corsa pazza si scontrò con un
altro e tutti e due caddero tra i binari della ferrovia, mentre a poca
distanza le bombe scappavano con violenza. Si rialzarono simulta-
11 Il giorno dopo l’incursione fu divulgato un bollettino che riportava la cifra di
60 morti («La Stampa», 22 agosto 1943), mentre, nel diario di Air Rubàno (La morte
e la vita, op. cit., p. 29)., si fa cenno a un bollettino indicante settantuno vittime e 221
feriti. Una relazione scritta nell’agosto 1944 dall’arcivescovo Agostino Mancinelli per
la Sacra congregazione concistoriale, invece, sosteneva che le vittime fossero circa un
migliaio (L. CAPOZZO, Un’inedita relazione dell’Arcivescovo mons. Agostino Mancinelli sulle
distruzioni belliche del 1943, in Antiquitatis osculi. Studi oerti a S.E. Mons. Andrea Mugione
per il 25° di Episcopato e il 50° di Presbiterato, a cura di M. Iadanza, Verbum Ferens,
Napoli, 2014, pp. 391-407). Più realisticamente, padre Salvatore De Lucia scrisse che
le vittime accertate erano «in un primo tempo 70, poi elevatesi a 150 e oltre», (S. DE
LUCIA, Benevento nel turbine della guerra, op. cit., p. 7).
neamente ed entrarono nella sala dei telegra ambedue per buttarsi
dalla nestra. L’altro giunse prima, trovò una nestra aperta e la
scavalcò immediatamente. Alduccio, per non attendere, corse vicino
all’altra che stava chiusa e subito, con una pedata, mandò in aria
il vetro e saltò egli pure. Il suo compagno che era saltato dall’altra
nestra, non appena toccata terra era stato colpito da una scheggia
che gli aveva reciso la testa, facendolo stramazzare ancora palpitante
a terra; Alduccio nel saltare a sua volta era andato a cadere su di lui
lordandosi di caldo sangue. Credeva che non avrebbe avuto più la
forza di rialzarsi e di continuare a fuggire; ma udì il crollo delle mura
ed i vetri che schiavano intorno in mille pezzi; si rianimò di botto, si
alzò e seguitò a camminare12».
Miracolosamente, il protagonista del racconto riuscì a salvarsi.
Nella zona bombardata regnavano sgomento e confusione e, men-
tre gli incendi divampavano, la popolazione vi accorse in massa per
rendersi conto di quanto era accaduto e soccorrere i feriti. L’eser-
cito formò un cordone presso il ponte sul Calore, per impedire il
passaggio delle persone, ma fu inutile perché la folla, tra la quale si
trovava anche l’arcivescovo Agostino Mancinelli, riuscì a superarlo.
La scena che apparve alla vista dei cittadini era raccapricciante: il
viale Principe di Napoli (che collega il centro urbano alla ferrovia)
e l’area intorno alla stazione erano pieni di cadaveri e di feriti con
il corpo sgurato. La stazione era in amme e solo grazie all’inter-
vento dei ferrovieri fu possibile isolare i vagoni cisterna e un vagone
carico di esplosivi, che rischiavano di scoppiare. Nella zona giunsero
anche i medici dei due ospedali cittadini, il San Deodato e il Fate-
benefratelli, che cercarono di prestare le prime cure. I feriti, caricati
12 A. RUBÀNO, La morte e la vita, op. cit., pp. 24-25. Altre testimonianze sono
raccolte nel documentario video Benevento 1943. La morte venne dal cielo, diretto da
Valerio Vestoso, con interviste di Gustavo Adolfo Nobile Mattei, https://www.youtube.
com/watch?v=--dyt438VfA.
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a stento su camion, ambulanze e motociclette con traino, furono
ricoverati nei due nosocomi, che però non riuscivano a contenerli
tutti e perciò le persone colpite in modo meno grave furono traspor-
tate al collegio La Salle, un istituto ecclesiastico fondato nell’800,
prontamente trasformato in infermeria.
In conseguenza dell’attacco, l’esodo della popolazione, che era
già iniziato nei giorni precedenti in previsione della guerra che si av-
vicinava, divenne più massiccio: gli abitanti cercavano rifugio nelle
campagne e nei paesini della provincia, dove si pensava che la guer-
ra non sarebbe mai arrivata. Inoltre, due gallerie ferroviarie situate
nei pressi della città, una sulla linea per Cancello e una su quella
per Avellino, furono occupate da alcuni cittadini, che, per scampare
alle bombe, vi si rifugiarono, portando con sé masserizie e cucine13.
L’attacco del 20 agosto aveva portato per la prima volta la guer-
ra a Benevento, ma per gli abitanti, i guai erano solo all’inizio. Nei
giorni successivi la città fu sorvolata frequentemente dai bombardie-
ri e il suono delle sirene provocava il panico tra i beneventani non
ancora sfollati. Il 25 agosto, inoltre, nei cieli del Sannio si sviluppò
uno scontro aereo, perché alcuni velivoli alleati, che sorvolavano la
provincia, furono intercettati dalla caccia italiana. Nello scontro fu
abbattuto un caccia Reggiane Re 2005 «Sagittario», partito dall’a-
eroporto di Capua, ma il pilota riuscì a salvarsi lanciandosi con il
paracadute14.
I B-25 tornarono a Benevento il 27 agosto. Gli aerei, che, secon-
do la relazione del prefetto, erano divisi in tre formazioni composte
da quindici, ventisei e sei unità, accompagnati dai caccia di scorta,
13 S. DE LUCIA, Benevento nel turbine della guerra, op. cit., pp. 5-7; R.
BOCCACCINO, Benevento e la seconda guerra mondiale, (puntata II, «Il Messaggio
d’oggi», 14 settembre 1978).
14 Relazione del prefetto al Ministero dell’interno, in ACS, MI, PS, A5G, b. 77,
fs. 40 «incursioni aeronavali», ins. 12 «Benevento». Lo stesso giorno furono lanciati
spezzoni incendiari nelle campagne circostanti il comune di Bonea, dove si sviluppò
un vasto incendio.
attaccarono poco prima delle 13.00. La prima formazione sganciò
300 bombe sulla stazione e danneggiò pesantemente il piazzale, il
deposito locomotive e i binari, completando l’opera iniziata il 20
agosto. Altre bombe, lasciate cadere in aperta campagna, distrus-
sero alcune case coloniche. Le perdite umane furono meno nume-
rose di quelle della settimana precedente: restarono uccise quattro
persone e ferite undici. Una parte della popolazione, infatti, si era
trasferita nelle campagne e gli altri cittadini non avevano ignorato
l’allarme ma, appena sentita la sirena, avevano cercato riparo. Non
tutti gli aerei, inoltre, riuscirono a compiere la loro missione, giacché,
stando al rapporto inviato dalla prefettura, la seconda e la terza on-
data di bombardieri furono intercettate dalla caccia italotedesca nei
cieli a sud della città e costrette alla fuga15.
Tra i piloti dei caccia P-38 vi era un asso dell’Usaaf, Edward Louis
Curdes, che nei mesi precedenti aveva abbattuto diversi aerei nemici
e anche nell’azione su Benevento riuscì ad abbattere due Messersch-
mitt Bf 109 tedeschi. Curdes, però, fu colpito sia dalla contraerea, sia
dai caccia nemici e, dopo un atterraggio di emergenza, fu preso pri-
gioniero16. Anche un B-25 fu abbattuto e due aviatori, lanciatisi con il
paracadute, furono catturati17. Dalle fonti americane, tuttavia, risulta
anche che i caccia di scorta distrussero molti aerei nemici, tanto da
15 Ibidem.
16 R. GUEST, G. MASSIMELLO e CH. SHORES, A History of the Mediterranean
Air War, cit., p. 313. Curdes fu condotto in un campo di concentramento, ma riuscì a
scappare dopo l’8 settembre e sopravvisse per alcuni mesi dietro le linee nemiche. Nel
maggio del 1944 raggiunse le linee americane e, ripreso servizio, fu inviato nel teatro
del Pacico.
17 Relazione del prefetto, in ACS, MI, PS, A5G, b. 77, fs. 40 «incursioni
aeronavali», ins. 12 «Benevento». Di altri tre membri dell’equipaggio furono rinvenuti
i cadaveri. Uno degli aviatori catturati, il capitano Kenneth M. Johnson, raccontò
la sua esperienza in una relazione ai superiori, mettendo in luce come, dopo essere
stato catturato, fu pressoché impossibile attraversare la città, che era completamente
distrutta. Cfr. G. GRIBAUDI, Guerra totale, op. cit., p. 392.
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meritare una menzione speciale dal Dipartimento della guerra18.
Il bombardamento, del resto, aveva prodotto gli eetti desiderati,
rendendo quasi impossibile transitare per Benevento. Dopo l’attacco,
le condizioni della città peggiorarono nettamente: le comunicazioni
erano interrotte, l’acqua mancava e iniziavano a scarseggiare i viveri,
con la conseguenza dell’incremento del mercato nero: chi poteva,
si accaparrava generi alimentari e altri beni, nel timore di restarne
privo, mentre le istituzioni lasciavano fare senza intervenire. L’esodo
verso le campagne divenne ancora più massiccio. Nei giorni succes-
sivi la città non fu bombardata, ma fu sorvolata frequentemente da-
gli aerei alleati. I beneventani non ancora sfollati erano sempre più
terrorizzati dalle sirene, che suonavano ripetutamente, temendo che
fosse stata pianicata la distruzione completa del centro urbano19.
La sera del 7 settembre Benevento fu attaccata per la prima volta
dall’aviazione inglese. L’allarme suonò alle 20.45 e circa venti minuti
dopo un imprecisato numero di aerei della Raf colpì la stazione e la
zona circostante. Poco dopo, giunse una seconda ondata a completa-
re l’opera. L’attacco fu più spettacolare di quelli precedenti perché,
prima delle bombe, furono lanciati i razzi illuminanti, che dovevano
facilitare il compito dei bombardieri. I danni materiali furono ingen-
ti, ma, anche grazie al fatto che ormai la stazione era inattiva e priva
di passeggeri, non si registrarono vittime20.
Nel frattempo avevano preso a circolare voci di armistizio e la
18 R. GUEST, G. MASSIMELLO e CH. SHORES, A History of the Mediterranean
Air War, op. cit., p. 313.
19 S. DE LUCIA, Benevento nel turbine della guerra, op. cit., pp. 13-16.
20 ACS, MI, PS, A5G, b. 77, fs. 40 «incursioni aeronavali», ins. 12 «Benevento».
Il telegramma annunciava una relazione più dettagliata che, però, non fu mai scritta,
perché l’indomani fu dichiarato l’armistizio e il prefetto Mormile fuggì (sarebbe
tornato il 5 ottobre, dopo l’arrivo degli alleati). Secondo le memorie di A. ZAZO,
L’occupazione tedesca nella provincia di Benevento (8 settembre - 28 ottobre 1943), Morano,
Napoli, 1944, pp. 5-14, il bombardamento del 7 settembre fu più devastante dei due
precedenti. Del medesimo autore si veda anche il Breve diario del professor Zazo (Un
italiano qualunque), in A. DE JACO, 1943. La Resistenza nel Sud. Cronache per testimonianze,
Argo, Lecce, 2000, pp. 177-188.
popolazione era preoccupata per quello che poteva accadere.
2. I bombardamenti dopo l’armistizio
Anche nel Sannio l’8 settembre, invece di segnare la ne del
conitto, rappresentò l’inizio del periodo più terribile. L’esercito
tedesco, che a Benevento disponeva di un piccolo presidio, si fece
subito ostile e minaccioso. I militari italiani riuscirono a control-
lare la situazione no al giorno 11, quando la città fu occupata
dall’esercito germanico, la Wehrmacht, che operò con la consue-
ta brutalità, minacciando i cittadini e appropriandosi di tutti i
beni di valore o di interesse militare21.
Dopo l’occupazione, i bombardamenti angloamericani si
intensicarono, perché gli alleati, che nella notte tra l’8 e il 9
settembre erano sbarcati a Salerno, stavano combattendo dura-
mente per stabilizzare la testa di ponte e intendevano impedire
l’ausso di rinforzi del nemico. L’invasione dell’Italia, infatti, si
rivelò più dicile del previsto e, anche a causa dei numerosi er-
rori tattici, nei primi giorni dopo lo sbarco gli angloamericani
rischiarono di essere ributtati in mare. Per tale ragione, il quar-
tier generale, capeggiato da Wesley Clark, decise di sfruttare il
più possibile la superiorità aerea e fece bombardare senza sosta
il territorio, con particolare accanimento contro due zone: quella
immediatamente a nord-est di Salerno, compresa tra Nocera In-
feriore, Avellino e Benevento, e una più a nord, dove si trovavano
i ponti sul Volturno22.
Benevento subì numerosi attacchi, che provocarono la distru-
zione di interi quartieri. Il primo bombardamento fu eettuato
21 Cfr. E. FONZO, Occupazione tedesca e Resistenza in provincia di Benevento, in Leggere il
tempo negli spazi, op. cit., pp. 71-92; S. POCKOCK, Campania 1943. IV Benevento, Three
Mice Books, Napoli, 2014.
22 A. VILLA, Guerra aerea sull’Italia, op. cit., p. 74.
138 139
l’11 settembre23, congiuntamente a incursioni su Ariano Irpino,
Mignano Monte Lungo e Isernia. Poco dopo le ore 14.00 una
formazione di bombardieri quadrimotore B-17 «Flying Fortress»,
che portavano un carico di ordigni maggiore di quello dei B-25,
giunse nei cieli sanniti e non si indirizzò, come era avvenuto no
ad allora, verso la stazione, ma al centro della città. A Beneven-
to erano presenti, tra gli altri, una parte dei abitanti sfollati nei
giorni precedenti, che erano andati a controllare le condizioni
delle loro abitazioni, e qualche altro cittadino, più temerario, che
aveva fatto ritorno denitivo in città. Quando suonò l’allarme, la
popolazione, convinta che, grazie all’armistizio, le incursioni an-
gloamericane fossero terminate, non si preoccupò di mettersi in
salvo. La realtà, purtroppo, era diversa da quella immaginata e
i bombardieri attaccarono con violenza24. L’obiettivo era il pon-
te sul ume Calore e, per colpirlo, una vasta zona del centro di
Benevento fu distrutta. Tra i numerosi edici colpiti vi erano il
distretto militare, le centrali dell’energia elettrica e del gas, l’arci-
vescovado e la Cattedrale, che furono pesantemente danneggiati.
Fu completamente abbattuto, inoltre, l’ospedale San Deodato, nel
quale trovarono la morte i feriti dei bombardamenti precedenti. Il
ponte sul Calore, invece, non fu colpito. Le vittime dell’incursione
furono molto numerose e probabilmente l’attacco dell’11 settem-
bre fu il più catastroco dal punto di vista delle perdite umane, ma
è impossibile stabilirne il numero esatto25. Di sera, inoltre, la città
23 Secondo Gabriella Gribaudi, che ha condotto lo studio più approfondito
sulla seconda guerra mondiale in Campania e si è soermata a lungo anche sul
caso di Benevento, anche il 9 settembre ebbe luogo un attacco aereo. Tuttavia nelle
memorie dei testimoni, compresi i dettagliati racconti di Salvatore De Lucia e Rocco
Boccaccino, questo bombardamento non è menzionato ed è probabile che non sia
avvenuto. L’unica fonte, del resto, è l’ordine diramato al 310° Gruppo bombardieri
dell’Usaaf (citato da G. GRIBAUDI, Guerra totale, op. cit., p. 393) ma, probabilmente,
all’ordine non seguì l’attacco.
24 G. ANGELONE, Bombs on target. Isernia 1943, in Il Molise e la guerra totale, a cura
di G. Cerchia, Iannone, Isernia, 2011, pp. 127-158.
fu colpita anche dalla Raf, che sganciò le sue bombe nei pressi del
ponte sul ume Sabato, senza però colpirlo.
Anche la Cattedrale, pur danneggiata, era ancora in piedi e l’in-
domani l’arcivescovo Mancinelli vi celebrò la messa per l’ultima vol-
ta, alla presenza di soli quindici fedeli26. Nella stessa giornata i B-17
attaccarono nuovamente il centro di Benevento, simultaneamente a
incursioni su numerose cittadine della Campania, del Molise e del
basso Lazio, e completarono le distruzioni, ma mancarono nuova-
mente il ponte sul Calore. I bombardamenti di precisione, in realtà,
erano molto meno precisi di quanto ci si aspettasse e frequentemen-
te, per colpire un singolo obiettivo – che talvolta, come nel caso del
ponte di Benevento, era persino mancato si distruggevano aree
molto estese. È quello che accadde, per esempio, a Capua, dove il
9 settembre, per colpire i ponti sul Volturno, l’Usaaf distrusse quasi
completamente il paese, ad Alife il successivo 13 ottobre e in innu-
merevoli altre località27.
Il 14 settembre fu un’altra giornata densa di attacchi sulla Cam-
pania, in particolare sul Salernitano e su Avellino28, e anche Bene-
vento fu bombardata. Tra le 2.00 e le 4.00 giunsero sul capoluogo
sannita tre ondate di bombardieri della Raf, che colpirono nuova-
mente il centro della città, distruggendo la Cattedrale e numerosi al-
25 Le uniche testimonianze, in mancanza di relazioni delle autorità di pubblica
sicurezza, sono quelle dei cittadini presenti in città al momento dei fatti. Un testimone,
il medico Cesare Vesce, ha aermato che le vittime erano state 2.700 (la testimonianza
è contenuta nel documentario Benevento 1943. La morte venne dal cielo, op. cit.), ma la
cifra non è vericabile e certamente è esagerata. Un altro testimone, Antonio Feo, ha
parlato di «parecchi morti, migliaia di morti» (G. GRIBAUDI, Guerra totale, op. cit., p.
395); secondo la citata relazione dell’arcivescovo Mancinelli, i morti furono «qualche
migliaio» (L. CAPOZZO, Un’inedita relazione, op. cit., p. 401), ma probabilmente anche
questa cifra è eccessiva. Verosimilmente, i morti furono alcune centinaia, ma, come si
è detto, non è possibile andare oltre il livello della pura supposizione.
26 L. CAPOZZO, Un’inedita relazione, op. cit., p. 401.
27 G. ANGELONE, Bombardamenti americani, op. cit.
28 Cfr. S. POCKOCK, I bombardamenti aerei sulla provincia di Avellino, in Leggere il
tempo negli spazi, op. cit., pp. 44-70.
140 141
tri edici. Nemmeno i morti furono lasciati in pace: le bombe, infatti,
caddero anche nel cimitero cittadino, dove alcune cappelle furono
scoperchiate. Un altro attacco, di minore entità, ebbe luogo nel corso
della serata29.
Una delle conseguenze dei bombardamenti era la permanenza di
ordigni inesplosi, che in alcuni casi provocarono incidenti tragici. Per
esempio, all’ospedale Fatebenefratelli furono rinvenute due bombe e
fu chiamato uno specialista, Francesco Romanelli, per disinnescarle
ma, mentre il disinnesco era in corso, gli ordigni esplosero, provo-
cando la morte dell’articiere30.
Nuove incursioni, inoltre, erano in vista. Dopo il 16 settembre gli
angloamericani stabilizzarono la testa di ponte a Salerno, costrin-
gendo i tedeschi a iniziare la ritirata, ma le incursioni aeree prose-
guirono per facilitare l’avanzata delle truppe di terra. Per una set-
timana, perciò, gli alleati attaccarono incroci stradali e ponti nelle
aree a nord di Napoli31 e anche Benevento fu ripetutamente colpita.
Al mattino del 16 settembre diverse ondate di aerei bombardarono
il rione Triggio e la parte bassa della città, provocando enormi di-
struzioni. L’indomani il rione Ferrovia fu attaccato sia di notte, sia
di giorno, e fu completamente distrutta l’Aeronautica sannita, già
danneggiata in precedenza, mentre il 18 settembre furono colpiti il
campo di aviazione e la strada tra Benevento e Telese Terme. Nella
notte del 20 settembre, tra l’una e le quattro, ebbe luogo un bombar-
damento inglese molto pesante: gli aerei si indirizzarono di nuovo
verso la stazione e la parte bassa della città radendola al suolo quasi
completamente. Padre Salvatore De Lucia assistette alla scena dal
convento dei Liguorini di Sant’Angelo a Cupolo e la riportò in questi
29 S. DE LUCIA, Benevento nel turbine della guerra, op. cit., p. 64.
3o R. BOCCACCINO, Benevento e la seconda guerra mondiale, (puntata IV, «Il
Messaggio d’oggi», 5 ottobre 1978). Oggi nell’ospedale è collocata una lapide che
ricorda il sacricio dell’articiere.
31 G. ANGELONE, Bombardamenti americani, op. cit., p. 103.
termini sul suo diario:
«Stanotte, dalle ore 1 alle 4, un insolito splendore si rietteva su i
vetri della mia nestra. Mi sono subito alzato e Benevento, così mi è
apparsa illuminata a giorno. Grappoli di dieci e venti razzi la illumi-
navano in tutto il suo giro e nei dintorni. Gli apparecchi picchiano
forte, ed anche la contraerea si fa sentire32».
Il giorno 21 gli attacchi proseguirono e su Benevento furono ef-
fettuate incursioni notturne della Raf e attacchi diurni dell’Usaaf.
Queste ultime furono molto pesanti: varie ondate di B-17 colpirono
il centro cittadino, distruggendo molte abitazioni civili e danneg-
giando il palazzo del Consiglio dell’economia e le sedi della Banca
d’Italia e del Genio militare. Altre ondate di bombardieri si diressero
ancora verso la parte bassa, compiendo ulteriori distruzioni.
Benevento, ormai completamente svuotata dei suoi cittadini, era
in ginocchio. La scrittrice Joyce Lussu la attraversò il 22 settembre,
diretta a Brindisi per stabilire i collegamenti tra il Cln e il governo
Badoglio, e ne riportò una descrizione terricante:
«Una metà di Benevento era già completamente distrutta. Della
cattedrale, solo la parte centrale era ancora in piedi, tra i cumuli di
macerie. Passammo vicino alla stazione, più in basso; non era che
rovine, un ammasso di ferraglie contorte. Non si vedeva in giro ani-
ma viva; si sentiva a sentire, sotto il sole forte, l’odore insopportabile
dei cadaveri insepolti. Davanti a una casa sventrata c’era un corpo
carbonizzato e intatto, seduto contro il muro con le gambe allargate
e le braccia aperte, bruciato vivo; la pelle annerita aderiva alle ossa
della testa disegnando il teschio, gli occhi disseccati s’incavavano nel-
le orbite e le labbra tirate e sottilissime erano ancora un po’ rosse e
32 S. DE LUCIA, Benevento nel turbine della guerra, op. cit., pp. 33-34.
142 143
parevano ghignare; qua e là, su corpo, vi erano ancora brandelli di
uniforme: l’uniforme di un aviatore americano33».
In città i tedeschi imperversavano indisturbati, godendo anche
del sostegno di un collaborazionista beneventano, che si era messo
al loro servizio. I pochi cittadini presenti a benevento erano costretti,
con la minaccia delle armi, a rimuovere le macerie dei bombarda-
menti, sotto le quali trovavano anche i cadaveri delle vittime. Il com-
portamento della Wehrmacht non poteva non suscitare l’odio della
popolazione, che aspettava con ansia la liberazione34.
Una delle conseguenze degli attacchi erano i saccheggi, eettuati
non solo dai tedeschi ma anche da molti beneventani, che entravano
nelle case abbandonate e semidistrutte per rubare i beni che vi erano
conservati. Gruppi di uomini sfollati nelle campagne si recavano in
città con il preciso intento di compiere razzie nelle case abbando-
nate. I malviventi potevano agire indisturbati perché a Benevento
non era rimasta alcuna autorità politica o di pubblica sicurezza, con
l’eccezione dei tedeschi, che però non avevano alcuna intenzione
di fermare i saccheggi ma, al contrario, vi partecipavano. Così il
sacerdote Rocco Boccaccino ricordò i saccheggi trentacinque anni
dopo i fatti:
«Nella città diroccata e deserta scorrazzavano reparti tedeschi e
predoni calanti a ondate dai luoghi vicini o solitari sbucanti da rifugi
improvvisati. Le case rimaste in piedi erano perlustrate minuziosa-
mente e dalle stesse macerie veniva estratto e asportato quanto era
stato frutto di intenso lavoro di una vita interna. Dai balconi semi-
distrutti o incastrati nei li elettrici pendevano masserizie e pezzi di
biancheria, resti di tutto quello che era stato buttato giù dai rovista-
tori. E non raramente attraverso le vie non del tutto ingombre della
33 J. LUSSU, Portrait, L’asino d’oro, Roma, 2012, pp. 89-90.
34 E. FONZO, Occupazione tedesca e Resistenza, op. cit.
parte superiore della città veniva trascinato qualche carro ricolmo
di refurtiva35».
In alcuni casi i saccheggiatori furono assaliti appena fuori dalla
città da altri rapinatori, che li depredarono del bottino36.
Le incursioni, nonostante l’entità delle distruzioni, non erano -
nite, ma per alcuni giorni ebbero luogo solo attacchi di aerei isolati
o di piccole formazioni, che colpirono le truppe tedesche, gli incroci
stradali e le linee ferroviarie. Nella notte del 24 settembre la città
fu attaccata dalla Raf e nelle giornate del 24 e 25 dai bombardie-
ri B-25 e B-26 «Marauder» dell’Usaaf. Nei due giorni successivi
Benevento non fu colpita, ma il 27 settembre i tedeschi, che si pre-
paravano ad abbandonare la città, iniziarono la distruzione delle
infrastrutture rimaste ancora in piedi.
Nei giorni immediatamente precedenti la liberazione, Beneven-
to fu ripetutamente bombardata. Il 28 settembre un attacco aereo
danneggiò la chiesa di Santa Maria delle Grazie e nel pomeriggio
dell’indomani un’incursione più massiccia colpì la zona nei pressi
del ume Sabato e provocò la morte di una decina di persone. Il 30
settembre, mentre i soldati statunitensi raggiungevano i primi lembi
della provincia e liberavano San Giorgio del Sannio, varie ondate di
bombardieri B-25 attaccarono ancora il rione Ferrovia e la valle del
Sabato, provocando per l’ultima volta la reazione della contraerea
tedesca, che quello stesso giorno cessò le attività. Nel pomeriggio del
primo ottobre ebbe luogo l’ultimo bombardamento: cinque ondate
di velivoli attaccarono la città e sganciarono i loro ordigni anche su
una zona poco danneggiata no a quel momento, il viale degli At-
35 R. BOCCACCINO, Benevento e la seconda guerra mondiale, (puntata I, «Il Messaggio
d’oggi», 7 settembre 1978). Si vedano anche le testimonianze di A. RUBÀNO, La morte
e la vita, op. cit., p. 35 e di Cesare Vesce in Benevento 1943. La morte venne dal cielo, nonché
quelle raccolte da G. GRIBAUDI, Guerra totale, op. cit., pp. 402-406.
36 Nel dopoguerra alcuni saccheggiatori furono processati e condannati, ma la
stragrande maggioranza non fu individuata.
144 145
lantici e la parte alta del centro urbano, colpendo, tra i vari edici, il
seminario arcivescovile37.
Il 2 ottobre, visto l’approssimarsi degli alleati, i tedeschi lasciaro-
no Benevento e, poco dopo le ore 14.00, le prime avanguardie della
5a armata statunitense raggiunsero la città. L’occupazione era ter-
minata, ma il 4 ottobre gli americani bombardarono ancora gli sno-
di stradali intorno all’abitato38. Inoltre, per alcuni giorni i tedeschi,
attestati nei paesi circostanti, e gli alleati continuarono a scambiarsi
cannonate, che solcavano il cielo di Benevento e il 4 ottobre provo-
carono una vittima in contrada Cretarossa.
Le granate sparate dai cannoni della Wehrmacht nella prima set-
timana di ottobre furono le ultime bombe a cadere sulla città.
3. Le conseguenze delle incursioni: distruzioni e vittime
Gli eetti dei bombardamenti furono pesantissimi e, quando la
città fu liberata, il panorama che si orì alla vista dei soldati alleati
era di pura desolazione. Il tratto del corso Garibaldi compreso tra
piazza Orsini e piazza Roma era completamente distrutto e nel re-
stante tratto della strada tutti i palazzi gentilizi erano danneggiati.
L’area intorno a piazza Orsini e al corso Vittorio Emanuele era rasa
al suolo, così come la parte alta del rione Triggio, la zona più popo-
lare della città, costituita da abitazioni ammassate e malsane, della
quale più volte era stato proposto, il risanamento, che ora le bombe
avevano imposto in maniera tragica. Danni ingenti si registrarono
anche nella zona oltre il Calore, dove il viale Principe di Napoli e
il rione Ferrovia erano diventati enormi cumuli di macerie. Meno
37 S. DE LUCIA, Benevento nel turbine della guerra, op. cit., pp. 62-66, dove è
riportato un dettagliato «quadro sinottico delle incursioni aeree», che descrive con
precisione gli edici e le aeree colpite da ogni bombardamento. Cfr. anche U.S.
ARMY AIR FORCES, Combat Chronolog y 1941-1945, compiled by Kit C. Carter &
Robert Mueller, Center for Air Force History Washington, DC 1991, che riporta una
breve descrizione delle incursioni eettuate dall’aviazione americana
38 G. GRIBAUDI, Guerra totale, op. cit., p. 400.
gravi erano le devastazioni nella parte alta della città, che era stata
colpita poche volte.
Tra le numerose distruzioni, la perdita che ferì maggiormente i
beneventani fu quella del Duomo, che si trovava a poca distanza da
un obiettivo sensibile, il ponte sul Calore. Sull’edicio era stata posi-
zionata l’insegna gialla e nera che lo identicava come monumento
storico (e, quindi, avrebbe dovuto risparmiarlo dai bombardamenti),
ma la precauzione non valse a salvarlo. L’edicio, infatti, fu distrutto
quasi completamente e restarono in piedi solo la torre campanaria
e alcune colonne portanti. La distruzione della Cattedrale provocò
anche un grave danno al patrimonio artistico, perché, a dierenza
di quanto accaduto in altre città italiane, le opere d’arte contenute
nell’edicio non erano state messe in salvo. Perciò andò distrutto un
sontuoso tesoro di arredi sacri, tessuti, reliquiari e altri oggetti, oltre
a mosaici e areschi di notevole importanza, a un antico organo e
a un sacello di particolare pregio. Furono distrutti anche l’archivio
diocesano e il portale in bronzo, con i bassorilievi illustranti scene
dell’antico e nuovo testamento, che sarebbe stato restaurato negli
anni ’90. Si salvò, invece, la biblioteca capitolare, che fu scoperchia-
ta dalle bombe ma non abbattuta39.
Insieme al Duomo, furono rasi al suolo altri edici religiosi, tra
i quali diverse chiese. Restarono indenni, quasi per miracolo, i mo-
numenti più importanti di Benevento: l’arco di Traiano, il teatro
romano e la basilica di Santa Soa, che subì solo alcuni lievi danni
39 Si veda il Report of the bombing of the Duomo of Benevento, stilato il 19 agosto 1944
per la Commissione alleata di controllo dal colonnello Henry C. Newton, conservato
in National Archives (London), Records created or inherited by HM Treasury
Headquarters Allied Commission. Sub-commission for monuments, ne arts and
archives reports, T 209/30/1. La ricostruzione del Duomo prenderà avvio negli anni
‘50 e il nuovo edicio sarà aperto al culto solo nel 1965.
Alla distruzione della Cattedrale è stata dedicata una raccolta di poesie di G.
BARRICELLI, Orrore nella Cattedrale (Benevento, settembre 1943), s.e., Benevento, 1943
(ripubblicata con il titolo La distruzione del Duomo, Auxiliatrix, Benevento, 1990 e con le
illustrazioni del pittore Arturo Jannace).
146 147
al tetto40.
Ai danni delle incursioni aeree si sommarono le distruzioni eet-
tuate dai tedeschi che, man mano che si ritiravano, distruggevano i
ponti e le altre infrastrutture. Anche il ponte sul Calore, inecace-
mente attaccato dagli alleati, fu fatto saltare il 2 ottobre, poco prima
che le truppe germaniche lasciassero la città.
Per gli alleati, le incursioni produssero risultati rilevanti, ma infe-
riori a quanto sperato: sin dai primi attacchi la viabilità stradale e fer-
roviaria era seriamente compromessa e Benevento non poté fungere
da snodo dei trasporti; i ponti più importanti della città, però, non
furono colpiti e i tedeschi continuarono a transitarvi no a quando,
in vista della ritirata, non furono loro stessi a farli saltare.
Le distruzioni materiali, però, non furono la conseguenza più
grave dei bombardamenti e, sebbene non si disponga di dati certi sul
numero delle vittime, anche il bilancio umano fu molto pesante. Per i
primi due bombardamenti, quelli del 20 e del 27 agosto, la prefettura
redasse dettagliate (e, nella sostanza, attendibili) relazioni che, come
si è visto, indicano il numero preciso dei morti. Dal terzo bombar-
damento, tuttavia, non furono scritte relazioni con il computo delle
vittime, perché dopo l’armistizio il prefetto e le altre autorità fuggiro-
no. In altre parole, dopo l’8 settembre venne a mancare un’autorità
che contasse i morti. Quando la guerra era ancora in corso, si diuse
la convinzione che le vittime dei bombardamenti fossero state diver-
se migliaia. Nel 1944, per esempio, il parroco Ansovini, discutendo
con le autorità statunitensi a proposito della distruzione del Duomo,
indicava la cifra complessiva di tremila morti (ma gli americani rite-
nevano che tale numero non fosse vericabile)41. Nello stesso anno
40 All’ingresso in città i soldati statunitensi eettuarono delle riprese che mostrano
con chiarezza l’entità delle distruzioni. Il lmato, che dura pochi minuti e non ha audio, è
conservato all’United States Holocaust Memorial Museum, Washington, presso lo Steven Spielperg
Film and Video Archive, ed è visibile su in internet all’indirizzo http://resources.ushmm.org/
lm/display/detail.php?le_num=3709, oltre che su numerosi altri siti.
41 Report of the bombing of the Duomo of Benevento, op. cit.
l’arcivescovo Mancinelli, rispondendo a un questionario della Sacra
congregazione concistoriale, aermò che sotto le bombe erano periti
4.500 cittadini42. Anche negli anni successivi, in genere era indicata
la cifra di alcune migliaia di vittime. Per esempio il senatore Antonio
Lepore, in un intervento parlamentare del 5 maggio 1954, aermò
che «i morti, per bombardamento, nella città di Benevento ascendo-
no a parecchie migliaia»43. Il computo fu ridimensionato nella moti-
vazione della medaglia d’oro al valor civile conferita a Benevento nel
1961, che riportò il numero di duemila morti44. Da allora tale cifra
è diventata di uso comune e oggi è usualmente riferita negli articoli
giornalistici e nelle iniziative dedicate alla memoria.
È possibile, tuttavia, che il numero reale dei morti sia stato infe-
riore alle duemila unità. I due bombardamenti con il peggiore bi-
lancio di vite umane furono quelli del 20 agosto e dell’11 settembre.
Dopo il 20 agosto Benevento si andò progressivamente svuotando e,
di conseguenza, il bombardamento del 27 agosto provocò solo quat-
42 L. CAPOZZO, Un’inedita relazione, op. cit., p. 400.
43 Atti parlamentari, Senato della Repubblica, II legislatura, Resoconti delle
discussioni; tipograa del Senato, Roma, 1954, vol. V, pp. 4502-4503. Si tratta, però,
di dati riportati nell’ambito di un dibattito per chiedere lo stanziamento di fondi per
la ricostruzione, nel corso del quale si sviluppò una polemica tra Lepore e Alfredo De
Marsico a proposito della città, tra Benevento e Avellino, che avesse subito i danni
maggiori dalla guerra e, di conseguenza, necessitasse di maggiori stanziamenti. Il
30 aprile 1954 De Marsico aveva aermato che, sebbene le distruzioni materiali ad
Avellino fossero state inferiori a quelle di Benevento, il numero di morti era maggiore,
al che Lepore replicò: «A Benevento con un solo bombardamento ci sono stati circa
8 mila morti» (si veda il citato volume degli Atti parlamentari, p. 4392). Era una
cifra palesemente esagerata e lo stesso Lepore, nel suo intervento del 5 maggio, par
genericamente, come si è detto, di «parecchie migliaia di morti». La querelle tra i due
senatori, in ogni caso, rende un’idea dell’uso strumentale che talvolta si è fatto delle
vittime dei bombardamenti.
44 «Sottoposta a violenti bombardamenti terrestri ed aerei e all’infuriare di
combattimenti nelle vie cittadine, subiva con impavida erezza gravi distruzioni, disagi
e pericoli di ogni sorta. Duemila dei suoi cittadini sacricavano la vita alla causa della
Patria e della Libertà. 1940-1945». Il testo si può leggere su https://www.quirinale.it/
onoricenze/insigniti/3889.
148 149
tro vittime e quello del 7 settembre nessuna. Pur essendosi parzial-
mente ripopolata in seguito all’armistizio, la città si svuotò di nuovo
dopo l’attacco del giorno 11 e le numerose incursioni della seconda
metà di settembre mieterono poche vittime: restarono uccise alcune
persone che persero la vita nelle contrade rurali, come la valle del
Sabato e Cretarossa (oggi entrambe inglobate nel centro urbano) e
alcuni saccheggiatori, sorpresi dall’incursione mentre depredavano
le case degli sfollati, ma le vittime furono molte di meno di quelle
degli attacchi del 20 agosto e dell’11 settembre.
In ogni caso, quand’anche si dimostrasse che, nel complesso, le
vittime dei bombardamenti furono meno di duemila, non verrebbe
meno la tragicità delle incursioni aeree e degli eventi del 1943.
I morti, per altro, erano in larga parte civili, perché la seconda
guerra mondiale fu una «guerra totale», nella quale gli attacchi non
facevano distinzione tra combattenti e non combattenti. Anche a Be-
nevento la guerra rappresentò una tragedia immane e, come avven-
ne in molti altri centri, piccoli e grandi, della Campania, le incursioni
aeree segnarono in maniera indelebile la storia della città. Migliaia e
migliaia di cittadini persero la propria casa e dovettero sistemarsi alla
meglio per molti anni. Nel luglio del 1945 i senzatetto erano quin-
dicimila, dei quali duemila erano alloggiati nelle baracche allestite
nella zona di Santa Colomba e gli altri sistemati nei paesi vicini45. Le
condizioni di vita dei baraccati erano spaventose: «La vita promiscua
– scrisse Paolo Ricci in una corrispondenza per il giornale comunista
«La Voce» – è l’elemento predominante di questo vivere selvaggio;
dieci, quindici, anche venti persone vivono, alle volte in una stanza.
Quante famiglie vivono in queste condizioni? Nei primi tempi, dopo
la liberazione parte della popolazione rimasta senza casa occupò gli
edici pubblici e vi si installò. Il grosso dorme all’addiaccio, nella
campagna, nei pagliai, nei casolari abbandonati, nei caselli ferroviari
45 Memoriale della Camera di Commercio di Benevento, luglio 1945, in ACS, MI
DGPS, Categorie annuali 1944-1946, b. 17.
e nei canili. 144 famiglie vivono in certe baracche di legno al cam-
po sportivo [il campo Meomartini], lungo il ume Sabato.[…] Le
baracche al campo sportivo, grigie e scardinate, sono allineate come
nei campi di concentramento. Sono coperte di cotone catramato e
misurano 4 metri per 8. Suddivise a metà contengono due famiglie.
Nell’interno delle baracche si sooca: il legno è contorto dal gran
caldo. Tra l’altro non si sa come combattere gli insetti. Un litro di
petrolio ogni mese è insuciente per disinfettare sia pur solo le reti.
Si cucina all’aperto, per evitare di soocare ma, dopo la minestra,
non può mangiare tanto è la polvere e le mosche che cadono nella
pentola. D’inverno questi baraccamenti sono fradici di acqua e la
nebbia stagna tta nella vallata, annullando i contorni delle case.
D’estate il caldo, il sole e la polvere fanno il resto46».
La ricostruzione – che, unita all’espansione demograca, avreb-
be trasformato il volto della città47 – procedette a rilento. Nel 1954
Antonio Lepore, nel citato intervento al Senato del 5 maggio, trac-
ciò questo quadro: «N. 34 famiglie sono alloggiate in 12 baracche
al Lazzaretto, n. 83 nella Caserma Guidoni, n. 97 negli scantinati
del rione Libertà, n. 13 nella casa della Madre e del Bambino, n.
14 nell’ex G.I.L., n. 2 nell’ex palazzo delle poste, n. 42 nelle casette
minime Santa Colomba, n. 80 in fabbricati dichiarati pericolanti
dal Genio civile e dall’U.T.C. In uno, 335 famiglie senza tetto, ed è
quanto dire».
Più di dieci anni dopo i bombardamenti, molti beneventani an-
cora non avevano una casa. Alcuni di loro dovettero attendere an-
cora a lungo per averla: le ultime baracche furono rimosse solo negli
anni ‘70.
4. I bombardamenti in provincia
Le conseguenze della guerra furono tragiche non solo nel capo-
46 P. RICCI, Una città moribonda, in «La Voce», 8 luglio 1945.
47 Sulla storia urbanistica di Benevento si veda, tra gli altri, R. CONSOLANTE,
Benevento. Architettura e città nel moderno, Clean, Napoli, 2016.
150 151
luogo, ma in tutto il Sannio48, che fu occupata dai tedeschi per più di
un mese: gli ultimi paesi, Ailano e Raviscanina, furono liberati il 25
ottobre; considerando la provincia nella sua estensione attuale, il pa-
ese liberato più tardi fu Faicchio, dove gli angloamericani giunsero il
giorno 16. L’occupazione fu caratterizzata da soprusi, stragi, depor-
tazioni e saccheggi continui. Con l’eccezione dell’area del Volturno
(oggi in provincia di Caserta), non vi furono combattimenti partico-
larmente accaniti, giacché i tedeschi abbandonarono quasi tutti i pa-
esi prima che giungessero gli angloamericani, ma i frequenti scambi
di cannonate tra i due eserciti combattenti provocarono ugualmente
danni, vittime e terrore49. A questo si aggiunsero gli attacchi aerei.
Assai colpita dai bombardieri fu l’area a ridosso del Volturno,
perché i tedeschi si erano schierati lungo una linea difensiva dietro
al ume, la linea Viktor. Tra le principali incursioni, vanno segnalate
quelle su Caiazzo, che fu attaccata ripetutamente tra il 21 settem-
bre e il 13 ottobre, giorno in cui fu liberata. In una delle incursioni,
quella del 24 settembre, gli angloamericani sganciarono migliaia di
volantini contenenti un appello di Vittorio Emanuele III e uno di
Badoglio50. Anche il limitrofo comune di Piana di Caiazzo fu colpito
ripetutamente dal 10 settembre in avanti, perché gli alleati intende-
vano distruggere il campo militare allestito dai tedeschi nell’azienda
48 Giova ricordare che negli anni della guerra la provincia di Benevento aveva
un’estensione maggiore di quella attuale e comprendeva sedici comuni dell’Alifano
e del massiccio del Matese (i più grandi sono Caiazzo e Piedimonte d’Alife, dal 1974
chiamato Piedimonte Matese) che avevano fatto parte della provincia di Caserta no
al 1927, quando fu soppressa, e che a essa tornarono nel 1945, quando fu nuovamente
istituita.
49 E. FONZO, Occupazione tedesca e Resistenza, op. cit.; S. POCKOCK, Campania
1943, op. cit.
50 Si veda, in proposito, il Diario del dodicenne Pasquale Cervo, giovane testimone
oculare dei bombardamenti e dell’occupazione, che annotò quello che accadeva a
Caiazzo dal 1943 alla Liberazione. Il Diario è pubblicato in appendice al volume di G.
AGNONE, e G. CAPOBIANCO, La barbarie e il coraggio. Riessioni sul massacro nazista
di SS. Giovanni e Paolo. Caiazzo 13 ottobre 1943, a cura dell’Associazione storica del
Caiatino, Arte tipograca, Napoli, 1990, pp. 141-166.
agricola Fagianeria. Tra gli altri paesi, Alife fu bombardata il 9 e il 13
ottobre51; Piedimonte fu attaccata il 6 ottobre, con obiettivo la scuola
agraria, al cui interno vi erano un deposito di munizioni, che però
non fu distrutto; Raviscanina fu colpita il 15 ottobre; le frazioni del
comune di Dragoni tra il 15 e il 1952.
Anche il resto del territorio quello che costituisce la provincia
di Benevento odierna fu bombardato. Molti attacchi si diressero
verso la valle Telesina e il massiccio del Taburno, a causa della vici-
nanza al Volturno. Guardia Sanframondi fu colpita il 9 settembre e
di nuovo tra l’8 e l’11 ottobre, con la morte di oltre dieci persone e
la distruzione di numerose abitazioni. Cerreto Sannita subì ripetuti
bombardamenti tra il 20 settembre, quando fu occupata dai tedeschi,
e il 12 ottobre, giorno della liberazione. Melizzano fu attaccata il 22
settembre, con la morte di ventuno abitanti nel capoluogo e ventidue
nella frazione di Dugenta (oggi comune autonomo). Frasso Telesino
fu colpita il 17 e il 19 settembre; Solopaca il 29, con la distruzione
di un ponte sul Calore costruito dai Borbone; Castelvenere lo stesso
giorno, con la morte di tre persone; San Lupo il 2 ottobre, quando
due ordigni uccisero tre cittadini e ne ferirono altri53.
Faicchio, invece, subì un bombardamento massiccio il 15 ottobre,
a poche ore dalla liberazione, quando gli aerei alleati sganciarono
bombe e spezzoni incendiari, colpendo anche un convento e ucciden-
do tredici suore: probabilmente i piloti credevano che nel monastero
si trovasse un reparto nemico, come, di a qualche mese, sarebbe
accaduto all’Abbazia di Montecassino, distrutta dalle bombe perché
considerata, erroneamente, una base della Wehrmacht.
Le bombe caddero meno frequentemente nella Valle del Fortore
51 Sui bombardamenti di Alife si veda G. ANGELONE, H-2703. Alife, una città
dimezzata, ASMV, Piedimonte Matese, 2010.
52 Per i bombardamenti nella zona del Volturno cfr. D. MARROCCO, La guerra nel
Medio Volturno nel 1943, Laurenziana, Napoli, 1974, pp. 134-231.
53 D. MARROCCO, La guerra nel Medio Volturno, op. cit.; A. ZAZO, L’occupazione
tedesca, op. cit; U.S. ARMY AIR FORCES, Combat Chronology 1941-1945, op. cit.
152 153
e nel lato orientale del Sannio, ma alcuni paesi furono ugualmente
colpiti, come San Giorgio La Molara, dove il 29 settembre trovarono
la morte trenta persone, San Giorgio del Sannio, colpita lo stesso
giorno, e Colle Sannita, dove il 4 ottobre si ebbero sei vittime. Po-
chi ordigni furono sganciati nei paesi della Valle Caudina e dell’Alto
Sannio.
In alcuni casi gli angloamericani cercarono di avvisare la popo-
lazione: ad Amorosi, per esempio, lanciarono dei volantini per av-
vertire i cittadini di stare lontani dalle strade, dalle linee ferroviarie
e dai luoghi dove si trovava il nemico54. Nei comuni che non furono
attaccati gli aerei provocarono comunque il panico della popolazio-
ne, che palpitava ogniqualvolta li vedeva passare55.
Il Sannio, a dierenza di Napoli e di Foggia, non fu bombardato
dall’aviazione tedesca, la Luftwae, dopo la liberazione, ma la Wehr-
macht cannoneggiò vari paesi che erano stati liberati. Inoltre il 14
ottobre un aereo tedesco, attaccato dalla difesa antiaerea e inseguito
dalla caccia alleata, sganciò una bomba nei pressi del paese di Ca-
stelpoto, colpendo una casa rurale e uccidendo tre bambini56.
Le ultime bombe caddero il 27 gennaio del 1944, quando alcuni
aerei angloamericani diretti a Cassino attaccarono per errore Caiaz-
zo, provocando la morte di 18 persone e la distruzione di numerosi
edici57.
In sintesi, le incursioni sulla provincia, con l’eccezione dell’area
del Volturno, furono meno pesanti di quelle sul capoluogo, ma
ebbero ugualmente conseguenze tragiche. Anche in questo caso,
non è possibile fornire il numero esatto dei morti provocati dalle
54 D. MARROCCO, La guerra nel Medio Volturno, op. cit., p. 134.
55 Fu quello che accadde, per esempio, a San Giorgio del Sannio, come riportato
dal diario di Nicola Lopreiato, un sacerdote di Portici (Napoli) rifugiatosi nella cittadina
sannita, che scrisse le sue annotazioni dal 18 luglio 1943 al 16 marzo 1944. Il diario è stato
pubblicato da A. DE SPIRITO, Il 1943 nel diario di un prete sfollato a San Giorgio del Sannio, in
«Ricerche di storia sociale e religiosa», a. XXVIII (2008), n. 74, pp. 173-201.
56 A. ZAZO, L’occupazione tedesca, op. cit.
57 D. MARROCCO, La guerra nel Medio Volturno, op. cit., p. 146.
bombe58: si trattò certamente di un bilancio pesante, probabilmen-
te pari a migliaia di morti, ma, per il vuoto istituzionale seguito
all’8 settembre, non si dispone di cifre precise.
5. La memoria dei bombardamenti
Nel 1943 la maggior parte della popolazione non sviluppò odio
verso gli angloamericani: la gente accusava dei bombardamenti non
loro, ma i tedeschi, ritenendo che fosse la loro presenza a provocarli,
e tutt’al più si chiedeva se gli attacchi aerei fossero veramente neces-
sari, in particolar modo a proposito della distruzione della Catte-
drale. Nei diari e nelle memorie dei testimoni, infatti, non si trovano
quasi mai cenni di ostilità, e tanto meno di odio, verso gli angloa-
mericani, che furono accolti come liberatori, mentre sono frequenti
quelli per i tedeschi59. Questa predisposizione ha inuenzato a lungo
la memoria dei bombardamenti.
Infatti le incursioni, in particolare quello del 20 agosto, rimasero
vive nella memoria collettiva dei beneventani, ma per molti anni il
ricordo creò una sorta di imbarazzo, giacché, nonostante le incursio-
58 Una statistica pubblicata dall’ISTAT nel 1957 in merito alle vittime per causa di
guerra riporta una cifra molto bassa: nel territorio beneventano (intesa nei suoi conni
attuali e non in quelli dell’epoca), morirono complessivamente 728 persone, delle
quali 608 erano civili e 123 militari: più precisamente, 65 militari e 51 civili persero
la vita sotto le bombe prima dell’armistizio; 53 militari e 557 civili dopo (ISTITUTO
CENTRALE DI STATISTICA, Morti e dispersi per cause belliche negli anni 1940-45, Istat,
Roma, 1957; i dati sono riportati anche nella ricerca di G. CHIANESE, “Quando
uscimmo dai rifugi”. Il Mezzogiorno tra guerra e dopoguerra (1943-1946), Carocci, Roma,
2004, p. 41). La cifra comprende non solo le vittime dei bombardamenti, ma tutti quelli
che persero la vita per causa di guerra. I dati sono certamente inferiori alla realtà, in
particolar modo a proposito dei civili morti prima dell’8 settembre: nella sola incursione
del 20 agosto sul capoluogo, stando alla citata relazione della prefettura, morirono più
persone di quelle indicati dall’ISTAT per tutto il periodo precedente l’8 settembre.
59 Questo dubbio, per esempio, era espresso dopo la guerra da Salvatore De Lucia nel
suo Benevento nel turbine della guerra, op. cit., pp. 58-60, soprattutto a causa della distruzione
della Cattedrale. Per la reazione degli abitanti delle altre città campane, che ugualmente
non svilupparono odio contro gli angloamericani, cfr. G. GRIBAUDI, Guerra totale, op. cit.,
pp. 604-608.
154 155
ni avessero avuto eetti catastroci, Benevento, come il resto d’Italia,
poté essere liberata dal giogo nazista anche grazie a essi. I bombar-
damenti, in altri termini, erano stati eettuati non dai nemici, ma dai
liberatori (nonché nuovi alleati, nell’ambito della Nato). È signicati-
vo che, nel corso della cosiddetta Prima Repubblica, fu intitolata una
strada a Tonina Ferrelli, vittima di una granata tedesca sparata il 4
ottobre, mentre non furono intitolate strade alle molto più numerose
vittime delle bombe angloamericane.
Nel dopoguerra, in ogni caso, i bombardamenti entrarono nel
dibattito politico. La classe dirigente beneventana menzionò in più
occasioni i danni subiti dalle incursioni per chiedere al governo in-
terventi a favore della provincia e, soprattutto, del suo capoluogo.
Nel luglio 1945, per esempio, la Camera di commercio redasse un
memoriale, concordato con le altre istituzioni della provincia, per
sollecitare interventi a favore del «capoluogo di provincia più sini-
strato dell’Italia Centro-Meridionale e, forse, dell’Italia intera»60. Era
un’aermazione certamente esagerata, giacché la sorte di Benevento
era comune a quella di numerose altre città (in alcune delle quali le
distruzioni erano state anche di più vasta portata), ma la Camera di
commercio intendeva richiamare l’attenzione delle istituzioni nazio-
nali sulle gravi condizioni postbelliche del Sannio. Anche i deputati
e i senatori beneventani ricordano più volte i bombardamenti nei
dibattiti parlamentari, sollecitando lo stanziamento di fondi per la
ricostruzione. I risultati furono inferiori a quanto sperato, ma un ri-
conoscimento simbolico giunse il 31 dicembre 1961 quando, come si
è accennato, la presidenza della Repubblica insignì Benevento della
medaglia d’oro al valor civile per l’abnegazione mostrata durante
i bombardamenti. La medaglia fu consegnata il 15 giugno 1967 al
sindaco Pasquale Meomartini dal presidente Giuseppe Saragat, in
occasione di una sua visita alla città.
60 Memoriale della Camera di Commercio di Benevento, luglio 1945, in ACS, MI
DGPS, 1944-1946, b. 17.
In tempi più recenti l’«imbarazzo» del ricordo è stato superato
e sono state organizzate varie iniziative per ricordare le incursioni
e celebrare la memoria delle vittime. Nella maggior parte dei casi
sono state allestite mostre fotograche, che hanno esposto le nume-
rose fotograe scattate nella città distrutta61. Nel 2004, per esempio,
fu inaugurata un’esposizione di immagini nel chiostro della basilica
di Santa Soa. Negli anni successivi il principale promotore delle
iniziative è stato il gruppo beneventano dell’Archeoclub d’Italia, che
dal 2009 al 2016 ha organizzato annualmente un’esposizione, Deleta
(urbs) Beneventum, con immagini, reperti e testimonianze. Più recente-
mente, nel 2017, un’altra mostra fotograca, Benevento 1943. La guerra
dopo l’armistizio, è stata allestita presso la biblioteca «Antonio Mellu-
si» per iniziativa dell’Amministrazione provinciale; nell’ottobre del
2018, inne, la mostra Deleta (urbs) Beneventum è diventata un’esposi-
zione permanente, allestita presso il Museo del Sannio.
Le mostre non sono state le uniche iniziative per ricordare i bom-
bardamenti: tra gli altri eventi, nel 2015 la compagnia Solot ha mes-
so in scena al teatro «Mulino Pacico» lo spettacolo Medaglia d’oro,
dedicato alle incursioni; nello stesso anno, per iniziativa dell’Archeo-
club è stata inaugurata una stele con il ricordo delle vittime nei pressi
dell’Arco di Traiano, e, nell’occasione, la giunta comunale ha propo-
sto di intitolare alle «Vittime dei bombardamenti del 1943» un tratto
di strada nella stessa zona62. Grazie a queste iniziative, le incursioni
aeree sono tuttora presenti nella memoria collettiva dei beneventani.
Talvolta i bombardamenti sono ricordati con una punta di vit-
timismo o, per lo meno, con la convinzione che non fossero azioni
61 Cinque fotograe sono state pubblicate da A. SIEGMUND, I bombardamenti
su Benevento nel 1943 in cinque fotograe aeree dei “National Archives” di Washington, in
«Samnium», n. 79, 2006, pp. 229-243. Le immagini, inoltre, sono facilmente reperibili
in internet.
62 «Ntr 24», 24 settembre 2015, http://www.ntr24.tv/2015/09/24/benevento-
una-strada-intitolata-alle-vittime-dei-bombardamenti-del-1943/. Al momento
non risulta che, oltre a via Tonina Ferrelli, vi siano strade intitolate alle vittime dei
bombardamenti.
156 157
belliche necessarie. È un’interpretazione comprensibile, giacché gli
eventi del 1943 furono una tragedia di proporzioni colossali, quale
la popolazione beneventana non aveva mai vissuto. Gli attacchi ae-
rei, tuttavia, non erano motivati da sadismo o desiderio di vendetta,
ma dalla (discutibile) strategia bellica degli angloamericani, che in-
tendevano sfruttare il più possibile la loro superiorità aerea. Come
si è accennato, no al 1943 era stato applicato anche in Italia, sia
pure in misura minore di quanto avvenisse nei confronti della Ger-
mania e del Giappone, il principio del bombardamento a tappeto,
che mirava a terrorizzare la popolazione e favorire l’uscita del Paese
dal conitto. Tuttavia, dall’agosto del 1943, quando le trattative di
pace erano state avviate, gli attacchi terroristici furono sospesi e i
bombardamenti successivi, che coinvolsero anche Benevento, erano
motivati da una diversa strategia: colpire le truppe nemiche e di-
struggere le infrastrutture. Ciò nonostante, gli attacchi ebbero esiti
catastroci, perché i bombardieri distruggevano intere città per col-
pire gli obiettivi.
I bombardamenti, in ogni caso, erano una conseguenza della
guerra, dichiarata dal governo fascista al Regno Unito e alla Francia
il 10 giugno 1940 e agli Stati Uniti l’11 dicembre 1941. Mussoli-
ni, ducioso nella vittoria dell’alleato tedesco, desiderava avere la
sua parte di bottino al tavolo dei vincitori e trascinò il Paese nel-
la disastrosa avventura bellica, nonostante le sollecitazioni in senso
contrario giunte da Oltremanica e da Oltreoceano. Per molti anni,
buona parte della classe dirigente e della popolazione lo aveva se-
guito, sia pure con le perplessità manifestatesi in alcuni momenti, e
solo quando la guerra fece sentire tutti i suoi eetti il consenso per
il regime e per il suo capo si erose completamente. La distruzione di
Benevento – come le altre tragedie provocate dalla seconda guerra
mondiale – ebbe la sua origine nella scriteriata politica di potenza
perseguita dal fascismo.
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ERMINIO FONZO è dottore di ricerca in Storia e assegnista presso l’Università di
Salerno. Tra le sue pubblicazioni: Sport e migrazioni. Storia dell’Afro-Napoli United, Aracne,
Roma, 2019; Il mondo antico negli scritti di Antonio Gramsci, Paguro, Mercato San Severino
(Salerno), 2019; Storia dell’Associazione nazionalista italiana (1910-1923), ESI, Napoli, 2017;
Il fascismo conformista . Le origini del regime nella provincia di Salerno (1920-1926), Paguro,
Salerno, 2011; «L’unione fa la forza». Le organizzazioni dei lavoratori a Napoli dall’Unità alla crisi
di ne secolo, Rubbettino, Soveria Mannelli (Catanzaro) 2010.
Ha pubblicato numerosi saggi in libri e riviste e ha partecipato a diversi convegni
nazionali e internazionali. È editorial manager dell’International Centre for Studies and
Research «Mediterranean Knowledge».
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Full-text available
ENGLISH In the late summer of 1943 the province of Benevento was deeply involved in World War II. The capital and numerous towns suffered heavy bombing by the Allies. In the wake of the armistice, moreover, the province was occupied by Germans, who remained for a short time, from 20 to 40 days, but anyway committed many atrocities against population. The response of Benevento’s people was largely of passive resistance. There were, however, several cases of active and armed resistance, by both soldiers and ordinary citizens. ITALIAN Alla fine dell’estate del 1943 la provincia di Benevento fu pesantemente coinvolta nella seconda guerra mondiale. Il capoluogo e numerosi paesi subirono violenti bombardamenti da parte degli Alleati. In seguito all’armistizio, inoltre, la provincia fu occupata dai tedeschi, che restarono per un periodo breve, da 20 a 40 giorni, ma commisero ugualmente numerose atrocità contro la popolazione. La reazione dei beneventani fu, in larga parte, di resistenza passiva. Non mancarono, però, episodi di resistenza attiva e armata, che ebbero per protagonisti sia i militari, sia semplici cittadini.
La barbarie e il coraggio. Riflessioni sul massacro nazista di SS. Giovanni e Paolo. Caiazzo 13 ottobre 1943, a cura dell'Associazione storica del Caiatino, Arte tipografica
  • G Capobianco
AGNONE, G. e CAPOBIANCO, G., La barbarie e il coraggio. Riflessioni sul massacro nazista di SS. Giovanni e Paolo. Caiazzo 13 ottobre 1943, a cura dell'Associazione storica del Caiatino, Arte tipografica, Napoli, 1990
A Benevento c'era la guerra
  • C Cassese
CASSESE, C., 1943. A Benevento c'era la guerra, Realtà Sannita, Benevento, 1992
Architettura e città nel moderno
  • R Consolante
  • Benevento
CONSOLANTE, R., Benevento. Architettura e città nel moderno, Clean, Napoli, 2016
Il 1943 nel diario di un prete sfollato a San Giorgio del Sannio
  • De
  • A Spirito
DE SPIRITO, A., Il 1943 nel diario di un prete sfollato a San Giorgio del Sannio, in «Ricerche di storia sociale e religiosa», a. XXVIII (2008), n. 74, pp. 173-201
Bombardate l'Italia. Storia della guerra aerea
  • M Gioannini
  • Massobrio G
GIOANNINI, M. e MASSOBRIO G., Bombardate l'Italia. Storia della guerra aerea (1940-1945), Rizzoli, Milano, 2007
Tra bombe alleate e violenze naziste
  • G Gribaudi
  • Guerra Totale
GRIBAUDI, G., Guerra totale. Tra bombe alleate e violenze naziste. Napoli e il fronte meridionale, Bollati Boringhieri, Torino, 2005
A History of the Mediterranean Air War
  • R Guest
  • G Massimello
  • C H Shores
GUEST, R., MASSIMELLO, G., e SHORES, CH., A History of the Mediterranean Air War, 1940-1945. Vol. IV Sicily and Italy to the fall of Rome 14 May, 1943-5 June, 1944, Grub Street, London, 2018
Morti e dispersi per cause belliche negli anni 1940-45
  • D I Istituto Centrale
  • Statistica
ISTITUTO CENTRALE DI STATISTICA, Morti e dispersi per cause belliche negli anni 1940-45, Istat, Roma, 1957
Guerra aerea e vita civile
  • M Patricelli
  • L'italia Sotto Le Bombe
PATRICELLI, M., L'Italia sotto le bombe. Guerra aerea e vita civile (1940-1945), Laterza, Roma-Bari, 2007