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Le grotte sottomarine di Capo D\'Otranto-Le

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En The entity of submarine cave presence has been evaluated along the coast of Cape of Otranto (S-E Italy),from Punta del Malcantone to Porto Badisco .During the survey (lasted 3 years)new submarine caves have been discovered and explored. A comparative study of the Otranto caves suggests that they are the result of a multilevel activity of carstic and marine erosions,the last of which continues,at present,being the main responsible of the cavity enlargment.Submarine caves of the Cape of Otranto show multiple connections (entrances)with the open sea, and a typical cavern-morphology which,in addition,probably hosted prehistoric men when the sea level was 100 m below the present one.As a consequence of the marine erosion,often the cave ceil is open and the sunligth incomes from it.The results obtained with the present investigation are a conspicuous contribute to the valorization of the natural environment of the Cape of Otranto,in the framework of the ongoing request for the institution of a Marine Protected Area in that coast. It Il fenomeno “grotte sottomarine ”e stato valutato con uno studio della costa sommersa del comune di Otranto (LE),da Punta del Malcantone a Porto Badisco.Durante l’indagine sono state scoperte,rilevate e censite anche cavita inedite.Dallo studio comparativo emerge che le grotte idruntine hanno avuto uno sviluppo su piu livelli riconducibile al fenomeno del carsismo costiero,che,al momento,continua ad essere la causa principale dell ’ampliamento delle cavita.Le grotte di Otranto presentano generalmente piu ingressi,una morfologia a caverna,e alcuni dettagli suggeriscono una possibile presenza dell’uomo preistorico.I risultati conseguiti rappresentano un contributo alla valorizzazione delle ricchezze ambientali di Otranto e ne realizzano,pertanto,l’arricchimento del patrimonio ambientale.
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MARCO POTO1- 3, RAFFAELE ONORATO1,
GENUARIO BELMONTE2
1Centro di Speleologia Sottomarina Apogon, C.P. 100, 73048 Nardò, Italy.
2 Stazione di Biologia Marina, Di.S.Te.B.A., Università degli Studi di Lecce,
via Prov.le Lecce-Monteroni, 73100 Lecce, Italy.
3 StudioAmbiente, 73010 Lequile (LE), Italy
LE GROTTE SOTTOMARINE DI CAPO D’OTRANTO - LE
SUMMARY
The entity of submarine cave presence has been evaluated along the coast of Cape
of Otranto (S-E Italy), from Punta del Malcantone to Porto Badisco. During the
survey (lasted 3 years) new submarine caves have been discovered and explored.
A comparative study of the Otranto caves suggests that they are the result of a
multilevel activity of carstic and marine erosions, the last of which continues, at
present, being the main responsible of the cavity enlargment. Submarine caves
of the Cape of Otranto show multiple connections (entrances) with the open sea,
and a typical cavern-morphology which, in addition, probably hosted prehistoric
men when the sea level was 100 m below the present one. As a consequence of the
marine erosion, often the cave ceil is open and the sunligth incomes from it. The
results obtained with the present investigation are a conspicuous contribute to the
valorization of the natural environment of the Cape of Otranto, in the framework
of the ongoing request for the institution of a Marine Protected Area in that coast.
RIASSUNTO
Il fenomeno “grotte sottomarine” è stato valutato con uno studio della costa som-
mersa del comune di Otranto (LE), da Punta del Malcantone a Porto Badisco. Du-
rante l’indagine sono state scoperte, rilevate e censite anche cavità inedite. Dallo
studio comparativo emerge che le grotte idruntine hanno avuto uno sviluppo su più
livelli riconducibile al fenomeno del carsismo costiero, che, al momento, continua
ad essere la causa principale dell’ampliamento delle cavità. Le grotte di Otranto
presentano generalmente più ingressi, una morfologia a caverna, e alcuni dettagli
suggeriscono una possibile presenza dell’uomo preistorico. I risultati consegui-
ti rappresentano un contributo alla valorizzazione delle ricchezze ambientali di
Otranto e ne realizzano, pertanto, l’arricchimento del patrimonio ambientale.
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INTRODUZIONE
Lungo la costa della Penisola Salentina è presente un’alta densità di grotte som-
merse e semisommerse di origine carsica che ne fanno una delle principali aree di
interesse speleomarino d’Italia (ALVISI and COLANTONI, 1994). Nel Salento
le grotte marine sono concentrate prevalentemente nella provincia di Lecce, sud-
dividendosi in quattro distretti principali: Nardò, Leuca, Castro e Capo d’Otran-
to (ONORATO et al., 1999). Una recente rassegna del fenomeno (ONORATO
et al., 1999) annoverava come accatastate 52 grotte sommerse e semisommerse,
ma le grotte conosciute sono probabilmente una minima parte di quelle effettiva-
mente presenti. Nonostante alcuni studi già eseguiti in passato (ONORATO and
PALMISANO, 1990; CENTENARO, 1997; CENTENARO et al., 1998; 2003;
BELMONTE et al., 2002; 2003; BELMONTE, 2002; ONORATO et al., 2003),
il sistema carsico sommerso di Capo d’Otranto appare ancora non del tutto cono-
sciuto. Il presente studio intende, quindi, giungere ad una migliore conoscenza del
complesso di grotte sommerse esistenti, mediante il loro rilevamento, censimento
e caratterizzazione morfologica e biocenotica.
Inquadramento ambientale
L’area oggetto di studio è situata lungo la costa a S di Otranto (Penisola Salentina,
S-E Italia), da Punta del Malcantone fino al confine amministrativo del comune di
S. Cesàrea Terme, comprendendo da N a S le località di Torre del Serpe, Baia Pa-
lombara, Punta Facì, Baia dell’Orte, Punta Palascìa, S. Emiliano, ed infine Porto
Badisco (Fig. 1).
Gli affioramenti rocciosi più antichi che si osservano in quest’area sono rife-
ribili alla formazione dei Calcari di Melissano (100-65 Ma) dal contenuto fossi-
lifero a rudiste e microfauna a Dicyclina schlumbergeri e Murgella lata, che si
depositarono durante il Cretaceo superiore in un ambiente di piattaforma interna
(CENTENARO, 1997). A S di Punta Facì si riscontrano alcuni affioramenti ri-
conducibili ai Calcari di Castro (28-25 Ma), bianchi, il cui contenuto fossilifero
suggerisce l’individuazione, nel periodo oligocenico, di una scogliera a frangia,
dove erano scarsi gli apporti terrigeni (CENTENARO, 1997). Nella depressio-
ne di Porto Badisco affiorano depositi riferibili alla formazione delle Calcareniti
di Porto Badisco (25-22 Ma) che si depositarono in un ambiente litorale. In una
stretta fascia nei pressi di Capo d’Otranto affiorano formazioni riconducibili alle
Calcareniti di Andrano (8.5-5 Ma) trasgressive sul substrato cretacico; il loro con-
tenuto fossilifero presenta soprattutto lamellibranchi e pettinidi. Si depositarono
in un ambiente di mare profondo durante il secondo ciclo sedimentario mioce-
nico (BOSSIO et al., 1999). Nei pressi di S. Emiliano affiora la Formazione di
Leuca (5-3.5 Ma) a due diversi livelli litologici: il primo livello fu depositato in
ambiente litorale, di mare poco profondo. Il secondo livello ha un contenuto fossi-
lifero di microfossili planctonici (CENTENARO 1997, BOSELLINI et al. 2001).
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Fig. 1 - Carta della costa oggetto di studio.
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Nella zona interna dell’area depressa di Porto Badisco si rinvengono formazioni
riferibili alle Sabbie di Uggiano (3.5-2 Ma.). Il contenuto fossilifero consiste pre-
valentemente in organismi del genere Globorotalia, si può quindi ipotizzare una
deposizione in fondali di zona neritica interna (CENTENARO 1997, BOSELLI-
NI et al. 2001). Formazioni rocciose riconducibili alle Calcareniti del Salento (2
Ma) affiorano in diverse zone dell’area studiata. Il contenuto fossilifero presenta
Hyalinea baltica, Globorotalia truncatulinoides excelsa, Arctica islandica, Mya
truncata e fossili del genere Gephyrocapsa. Si identifica, pertanto, un ambiente di
deposizione caratteristico di spiaggia emersa o sommersa da acque poco profonde
(CENTENARO 1997, BOSELLINI et al. 2001). A S dell’abitato di Otranto, ed in
particolare nella parte interna di Baia dell’Orte, si rinvengono depositi bauxitici,
che colmano doline ad imbuto (RICCHETTI, 1997). Per pochissimo tempo, tali
depositi sono stati anche oggetto di estrazione di ossidi ed idrossidi di Fe ed Al.
La loro formazione è attribuibile al lungo periodo di emersione seguente la depo-
sizione, 28-22 Ma fa, dei Calcari di Castro e delle Calcareniti di Porto Badisco
(CENTENARO, 1997).
La fascia costiera tra Otranto e Porto Badisco è caratterizzata dalla presenza di
un altopiano, una superficie sommitale, allungata in direzione NW-SE a quota 80
m s.l.m., parte della fringing reef che si sviluppò nell’Oligocene medio sulla co-
sta orientale della Penisola Salentina (BOSELLINI et al., 2001). Su tale versante
costiero, inoltre, insistono quattro ordini di terrazzamenti marini. Il terrazzo del I
ordine, costituito da una superficie di abrasione è visibile ad una quota media di
circa 70 m s.l.m. nella zona di Porto Badisco. Lembi del terrazzo del II ordine sono
visibili in due zone, uno presso Torre del Serpe a quota 35 m s.l.m., l’altro presso
Porto Badisco a quota 45 m s.l.m. Il terrazzo del III ordine si riconosce presso
Punta Facì e fra Torre S. Emiliano e S. Cesàrea Terme. A Punta Facì è debolmente
inclinato da 15 a 5 m s.l.m., a S. Emiliano lo si trova inclinato da 20 a 6-10 m s.l.m.
Il terrazzo del IV ordine è presente, invece, lungo tutta l’area in esame, tra 10 e 5
m s.l.m. (CENTENARO, 1997).
Partendo da Otranto, verso Baia Palombara, sott’acqua è rinvenibile una spianata
sommersa modellata su rocce calcaree ad una quota di -5 m, il cui bordo esterno pre-
senta un versante acclive fino a quota -27 m. Tale spianata è ricoperta da un deposito
sabbioso su cui si è imposto un posidonieto rado, il versante al largo, invece, mostra
una costituzione calcarea. Frequenti, su tale superficie sommersa, si trovano mar-
mitte di evorsione (CENTENARO, 1997). Un’altra spianata sommersa si rinviene a
S di Punta Facì fino a Punta Palascìa. Assumendo una forma ellittica, va da -2 a -10
m, mentre il piede del suo bordo esterno raggiunge l’isobata di -30 m; la sua super-
ficie è ricoperta da depositi grossolani. Da Punta Palascìa a S, la zona sommersa è
caratterizzata da un ripido versante che raggiunge l’isobata di -50 m dove si trovano
sedimenti con differente granulometria (CENTENARO, 1997).
L’area costiera sommersa di Capo d’Otranto, fino a -30 m, può essere suddi-
visa in due principali fasce biocenotiche: una fascia fotofila, vicina alla superficie
(0-7 m) ed una fascia sciafila, più profonda (7-30 m).
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In prossimità della superficie, lungo la zona di battigia si riconosce un corni-
cione a litofilli. Al di sotto, la fascia a benthos fotofilo, fino a poco oltre il metro di
profondità, accoglie una comunità dominata dalle alghe brune del gen. Cystoseira.
Talvolta, come nella zona di Punta Facì, a questa quota è possibile individuare una
massiccia presenza di mitili. Scendendo di quota, fino a -5-7 m la zona fotofila è
caratterizzata da grandi chiazze di idroidi (Aglaophenia sp., Eudendrium sp.) ed
alghe fotofile (Dictyota sp., Laurencia sp., Acetabularia sp.), alternate a piccole
chiazze di alghe rosse calcaree incrostanti (Peyssonnelia sp., Lithophyllum sp.,
Mesophyllum sp.), spugne incrostanti (Crambe crambe) e globose (Chondrilla
nucula) (TERLIZZI et al., 2003). Da questa quota fino a -10-12 m è possibile
imbattersi nel posidonieto. Posidonia oceanica è presente con estese praterie che
nella parte a N di Otranto, fuori dell’area in esame, vicino la costa, sono più am-
pie. Da Punta Facì a S, invece, le praterie sono meno estese. Tra i -12 ed i -20 m
il benthos fotofilo residuo accoglie la presenza di alghe erette (Flabellia petiola-
ta, Padina pavonica, Peyssonnelia squamaria), alghe rosse incrostanti calcaree, e
spugne (Agelas oroides, Phorbas spp., Ircinia spp., Sarcotragus spp.) (TERLIZZI
et al., 2003).
Al di sotto dell’isobata dei -20 m, fino a quota -50 m, ritroviamo la formazio-
ne denominata coralligeno con tutto il biota ad esso associato (BRESSAN et al.,
2001). La fascia di passaggio tra la zona fotofila e quella sciafila è detta pre-coral-
ligeno in cui le caratteristiche del coralligeno cominciano a delinearsi, ma con una
copertura e concrezionamento meno fitto e complessato.
Complessivamente, nell’area di studio, troviamo invertebrati sessili come
spugne (Axinella spp.), antozoi (Leptosamnia pruvoti, Parazoanthus axinellae),
briozoi (Calpensia nobilis, Myriapora truncata, Pentapora fasciata) ed ascidiacei
(Microcosmus sp., Halocynthia papillosa). Tra i numerosi molluschi (133 specie),
le specie appartengono ai gasteropodi, bivalvi e poliplacofori (TERLIZZI et al.,
2003). Tra i policheti sono presenti 152 specie ed almeno 4 specie uniche per la
fauna italiana (GIANGRANDE et al., 2003). Tra le alghe, complessivamente sono
presenti 166 specie (CORMACI et al., 2001). La fauna ittica comprende 32 specie
generalmente associate all’ambiente di coralligeno (GUIDETTI et al., 2002).
MATERIALI E METODI
Lo studio si è basato preliminarmente su una esplorazione della fascia costiera
sommersa, dalla superficie alla quota batimetrica di -30 m, tramite apparati SCU-
BA implementati, in parte, dall’utilizzo di uno scooter subacqueo (maiale) mod.
ZEUXO ADV 28 della SUEX.
L’area esaminata ricade nel territorio amministrativo del comune di Otranto, da
Punta del Malcantone (40°08’47’’N; 18°30’08’’E) alla spiaggia di Cala Badisco
(40°04’50’’N; 18°28’57’’E). La presenza di solchi di erosione fluviale, di diàclasi
sulle pareti rocciose, di soffioni al livello della superficie, la presenza di giunti di
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strato, ecc. sono stati considerati indizi della presenza di una grotta sottomarina.
Da quei punti si partiva per effettuare l’immersione esplorativa. L’esperienza, poi,
ha portato a percepire la localizzazione di una grotta sottomarina anche dalla pre-
senza di pescatori con la canna, associata alla sussistenza e al ricovero che trova la
fauna ittica nell’area prospiciente l’ingresso di una cavità sommersa.
Nell’area studiata sono state rinvenute numerose cavità; comunque viene ri-
portata la descrizione solo di quelle più significative. Non è stato eseguito il rilievo
topografico di altre cavità pur individuate, in quanto impossibili da esplorare.
Una volta individuata la cavità, sono state eseguite diverse operazioni: esplo-
razione interna con stesura di un rilievo speditivo, esecuzione del rilievo topogra-
fico, esecuzione di riprese video e fotografiche.
La documentazione fotografica è stata realizzata con fotocamera Nikonos mod.
V, con ottica Nikkor da 35 mm. La documentazione video, invece, è stata realizza-
ta tramite videocamera digitale Sony scafandrata con custodia e fari di Foto Leo-
ne. Le immersioni hanno, in principio, avuto inizio da terra, laddove la viabilità
consentiva di avvicinare le attrezzature alla riva. L’esplorazione ed il tragitto verso
il punto d’immersione sono stati condotti tramite utilizzo di un gommone oceanico
e dello scafo Corbelli, con relativi equipaggi di bordo, messi a disposizione dalla
Guardia di Finanza - Comando Sezione Operativa Navale di Otranto.
Rilievo topografico
Per la misura delle distanze è stata utilizzata una fettuccia metrica da topografo
(errore attribuito: ± 10 cm, scala da 0 a 50 m), ed un distanziometro ad ultrasuoni
IDROMAR mod. SM 5 (errore attribuito ± 10 cm, cono d’emissione di 24°, fre-
quenza d’emissione 400 Khz, scala da 0.6 m a 79 m). Per le misure di profondità
si è fatto uso prevalentemente delle indicazioni fornite dalla funzione di profon-
dimetro digitale del computer d’immersione Uwatec mod. Aladin Pro (errore at-
tribuito: ± 10 cm, scala 0.5 a 199 m). Per ragioni di ridondanza, un profondimetro
analogico a bagno d’olio (errore attribuito: ± 25 cm, scala da 0 a 80 m) era montato
sulla lavagnetta da rilievo. Per la misura degli azimuth si è fatto uso di una bussola
subacquea tradizionale (errore attribuito: ± 5°). Per le coordinate geografiche si è
fatto uso di un GPS portatile Garmin e dei tradizionali metodi grafici tramite le
tavole topografiche. Le coordinate sono state poi elaborate e gestite in ambiente
Windows tramite il software CartLab 1 ver. 1.2.1. L’attrezzatura di rilievo è stata
sistemata su un quaderno costituito da quattro tavolette in PVC costruito apposita-
mente facendo attenzione ad utilizzare bulloneria in acciaio inox AISI 316, pertanto
amagnetico, per evitare di aumentare gli errori nella misurazione degli azimuth.
Per il rilievo d’appoggio si è utilizzato il metodo delle poligonazioni, che con-
siste nel definire la rete di base tramite il collegamento dei punti cospicui (capi-
saldi) a mezzo di poligoni definiti da una serie di spezzate, dette poligonali, di
lunghezza tale da costituire un buon compromesso tra errore bussola, errore di
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distanza, tempi di esecuzione e condizioni ambientali. I rilievi topografici sono
stati programmati a tavolino, previa esplorazione con relativa stesura di rilievo
speditivo, eseguendo in contemporanea rilievo d’appoggio e rilievo di dettaglio.
Sulla base del rilievo speditivo, quindi, sono stati scelti i punti cospicui da utiliz-
zare come capisaldi della poligonale d’appoggio. Tali punti cospicui erano scelti
anche in base al fatto che, in immersione, potevano essere collegati con il filo
d’Arianna. Il controllo della propagazione degli errori è stato eseguito facendo uso
di poligonali chiuse.
Tutte le operazioni (rilievo, documentazione fotografica, prelievi di campioni) si
sono svolte prevalentemente sott’acqua, secondo modalità differenti dalle procedure
standard d’immersione subacquea. Il lavoro effettuato per lo studio del sistema carsi-
co si è svolto in acque chiuse dove il libero arbitrio di riemersione non esiste. Per tale
motivo sono state applicate le procedure e le configurazioni tecniche proprie della
speleologia subacquea stabilite dalla UIS (Union Internationale de Spéléologie).
RISULTATI
Lo studio si è occupato di 11 cavità sottomarine aventi caratteristiche geologiche
e/o biologiche rilevanti.
Nell’area marina costiera di Torre S. Emiliano sono state, inoltre, rinvenute
diverse risorgive d’acqua dolce, una delle quali avente una temperatura di 23°C,
superiore a quella media attesa di 18-19°C. Nel corso di un’altra immersione è
stata rilevata la fuoriuscita da tale risorgiva di flocculato bianco.
1) GROTTA LU FAU
N° catasto: PU 910
Denominazioni alternative: Grotta di Torre del Serpe
Comune: Otranto
Località: Torre del Serpe
Foglio IGMI: 215 III NO “Otranto”
Coordinate Geografiche Latitudine: 40° 08’ 33” N; Longitudine: 18° 30’ 24” E
La grotta Lu Fau fu segnalata per la prima volta da OROFINO (1986) che,
ignorandone la direzione e lo sviluppo complessivo, registrò al Catasto Speleo-
logico Pugliese l’ubicazione del lucernario esterno, detto fau, che si apre sulla
scogliera a E-NE di Torre del Serpe. La descrizione della grotta sommersa ed il
suo rilievo sono già apparsi in ONORATO et al. (1999). In più occasioni prima e
durante lo svolgimento di questo lavoro è stata riscontrata la presenza in grotta di
acqua torbida e maleodorante. Le analisi di laboratorio hanno dimostrano l’eleva-
tissima concentrazione di colibatteri fecali e totali, credibilmente dovuta allo sver-
samento illegale di acque fognanti. Sul fondale antistante l’ingresso sottomarino
della grotta si rinvengono, inoltre, rifiuti di ogni genere in particolar modo lattine,
bottiglie, lenze da pesca complete di esche artificiali, piombi e, a volte, di pescio-
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lino morto all’amo. Non mancano pantaloni, giacche, scarpe e scarponi, retaggi
di sbarchi clandestini, contornate da reti da pesca e pneumatici. Nella sala interna
sono state addirittura ritrovate due sedie da giardino. Sono state effettuate dagli
autori denunce alle autorità competenti.
2) GROTTA LU FAUCEDDHU
N° catasto: PU1622
Denominazioni alternative: Grotta del Cammello
Comune: Otranto
Località: Torre del Serpe
Foglio IGMI: 215 III NO “Otranto”
Coordinate Geografiche Latitudine: 40° 08’ 39” N Longitudine: 18° 30’ 28” E
Questa cavità, di cui qui si fornisce per la prima volta il rilievo, presenta uno
sviluppo complessivo di circa 30 m (Fig. 2). Le è stato assegnato il nome Lu
Fauceddhu per via della similitudine con l’adiacente grotta de Lu Fau, e come
secondo nome Grotta del Cammello per la particolare forma che assume il lucer-
nario se visto da una certa angolazione. La cavità si apre anch’essa nei Calcari di
Melissano, lungo la scarpata sommersa che, partendo dalla grotta de Lu Fau, di
cui contiene l’ingresso sommerso, si allontana dalla costa. La grotta presenta un
ingresso alla base della scarpata, a -19 m (a circa 200 m dalla linea di riva), ed un
lucernario a -6 m modellato sul piano del terrazzo del IV ordine che caratterizza
l’area sommersa nei pressi di Torre del Serpe. La grotta è composta da due stanze
principali. L’una, con l’ingresso posto a quota -19 m circa, presenta centralmente
un camino che salendo verso l’alto porta ad una cengia caratterizzata da concre-
zioni organogene in giacitura sub-orizzontale. Sul fondo in direzione S, invece, si
diparte un laminatoio esplorato solo in parte. La seconda stanza assume una forma
allungata verso l’alto, con all’apice il lucernario, che immette sulla superficie del
terrazzo marino posto a 6 m di profondità.
Il ricoprimento biologico è influenzato dalla generosa quantità di luce che
riempie la cavità di modeste dimensioni, ad esclusione del laminatoio meridiona-
le, in cui si ritrova il caratteristico ambiente di grotta semioscura.
Nel corso delle esplorazioni ricognitive è stato rinvenuto un ordigno esplosi-
vo, residuato bellico del calibro di 250 mm, carico con 20 kg di tritolo che è stato
fatto brillare al largo dagli uomini del Com.Sub.In. della Marina Militare in data
05 maggio 2004.
3) TUNNEL DI TORRE DEL SERPE
N° catasto: PU1621
Comune: Otranto
Località: Torre del Serpe
Foglio IGMI: 215 III NO “Otranto”
Coordinate Geografiche Latitudine: 40° 08’ 31” N, Longitudine: 18° 30’ 24” E
Questa cavità è un ampio traforo carsico che si sviluppa in orizzontale per più
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Fig. 2 - Grotta Lu Fauceddhu.
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di 30 m (Fig. 3), modellata anch’essa nei calcari del Cretaceo superiore come le
due grotte vicine, le Grotte de Lu Fau e de Lu Fauceddhu. Lo sviluppo verticale
si svolge in due porzioni. La prima, la camera di base, ha il fondo leggermente
digradante in direzione NE. La volta è ricoperta da concrezioni stalattitiche slar-
gate distalmente e ricoperte da organismi serpulidi. La seconda zona, a camino,
sale verso l’alto rastremandosi, generando sulla parete N due cengie poste a quote
rispettivamente di -15 m e -8 m. Su quest’ultima si ergono affiancate due colonne
verosimilmente stalatto-stalagmitiche. L’enorme portale che dà accesso dalla parte
settentrionale mostra un grande oblò in alto che concorre alla illuminazione del-
l’interno. Alla base della parete esterna, a S-W della grotta è presente un’ulteriore
piccola cavità inesplorabile per le anguste dimensioni dell’ingresso. Le biocenosi
presenti sono tipiche delle biocenosi di grotta semioscura, sulle pareti, caratte-
ristica evidente è la presenza di spettacolari axinelle rosse e ramificate. Molto
scenografica per i giochi di luce che si formano, la cavità non presenta particolari
difficoltà rapportabili all’immersione in grotta, fatto salvo il caso della presenza di
reti da pesca e lenze di nylon.
4) GROTTA PALOMBARA
N° catasto: PU 153
Denominazioni alternative: Grotta dell’Alga
Comune: Otranto
Località: Baia Palombara
Coordinate Geografiche Latitudine: 40° 08’ 18’’ N, Longitudine: 18° 30’ 27’’ E
La Grotta Palombara, una delle prime grotte salentine ad essere accatastata,
è collocata nella baia omonima. Non risulta presente nella rassegna di ONORA-
TO et al. (1999), per cui se ne fornisce qui una breve descrizione. Modellata nei
calcari mesozoici apre il suo ingresso lungo una serie di fratture, e si sviluppa per
una lunghezza di circa 25 m per poi risalire in una piccola bolla d’aria. Verso N
presenta altri ingressi minori, che si raccordano a by-pass con la galleria. Il fondo è
prevalentemente sabbioso, escludendo una zona al centro della cavità dove affiora
del calcare, probabile porzione di un masso staccatosi dalla volta (CENTENARO,
1997), mentre il fondale esterno presenta ciottoli molto arrotondati. All’interno
della cavità è poi possibile osservare la fuoriuscita di acqua dolce dalle fratture
presenti sulla volta. Sopra l’ingresso della grotta, posta sulla scogliera emersa,
è visibile una piccola cavità caratterizzata dall’esistenza di concrezioni stalatto-
stalagmitiche. Non sono state apportate modifiche al rilievo topografico originale
(vedi CENTENARO, 1997).
5) RIPARO STRAZZA
N° catasto: nessuno
Denominazioni alternative: Grotta Strazzacugghiùni
Comune: Otranto
Località: Baia Palombara
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Fig. 3 - Tunnel di Torre del Serpe.
Coordinate Geograjìche Latitudine: 40” 08 17” N, Longitudine: 18” 30’36” E
La cavità in questione (sgrottamento o riparo sottoroccia), descritta in
CENTE-
NARO
(1997),
non può essere definita e accatastata come grotta, data la sua con-
formazione e rapporto sviluppo interno/dimensioni ingresso. La si riporta in que-
sto lavoro per le sue dimensioni superiori a quelle degli altri sgrottamenti rinvenuti
nell’area d’indagine. Al pari della vicina Grotta Palombara, il Riparo Strazza si
apre nei Calcari di Melissano con un largo ingresso di circa 14 m con altezza di
8 m circa ed in parte ostruito da una frana. La caverna presenta lunghezza media
interna inferiore alla larghezza dell’ingresso, ed il fondo è costituito da sabbia
bioclastica molto fine; sulla parete meridionale sono visibili alcuni condotti che
si rastremano verso l’alto. Sulla parte emersa della costa, in corrispondenza del
riparo sommerso, è visibile un’altra cavità, Grotta dell’Orte. Il rilievo topografico
originale (CENTENARO, 1997) non è stato modificato.
6) GROTTA LU
LAMPIÙNE
N”
catasto: PU 13 18
Denominazioni
altema-
tive: nessuna
Comune: Otranto
Località: Punta
Facì
Coordinate Geografiche
Latitudine: 40” 08’
04”
N,
Longitudine: 18” 3 1’
00”
E
La grotta de Lu
Lampiù-
ne deve il nome all’omoni-
ma rivista salentina, il cui
editore segnalò l’ubicazio-
ne del lucernario (Fig. 4)
alla squadra speleosub del
Gruppo Speleologico
Nere-
Fig.
4
Il
fasclo
dl
luce
proIettato
dal
lucernario
all’mterno
di
tino (oggi divenuta Centro grotta
lu
Lampiùne.
di Speleologia Sottomarina
“Apogon”), che ne effettuò
l’esplorazione ed il rilievo
topografico nel 1989 (ONO-
RATO and PALMISANO,
1990). Il rilievo originale fu
successivamente aggiornato
da ONORATO
et al. (2003)
in seguito alla scoperta di
importanti dettagli struttu-
rali. Le pseudostalattiti (Fig.
5) di cui è ricca la porzione Fig. 5 Fascio di
pseudostalattiti
oblique nella grotta
lu
Lum~ih~.
66
più confinata della grotta sono state oggetto, di recente, di approfonditi studi che
ne hanno definito la genesi sia dal punto di vista strutturale che temporale (BEL-
MONTE
et
al. > 2005)
7) GROTTE GEMELLE TAU-MANHATTAN
N”
catasto: PU 1610
Denominazioni alterna-
tive: Grotta del Tau
Comune: Otranto
Località: Punta
Facì
Coordinate Geografiche
Latitudine: 40” 08’ 01” N,
Longitudine: 18” 30’ 59” E
Questa grotta, che appa-
re già segnalata in ONORA-
TO
et
al.
(2003),
è costituita
da due ambienti ben distinti
con il pavimento posto tra i
-
10 ed i
-
11 m di profondità,
Fig. 6
Il
“muro” nella
grotta
Tau-Manhattan
separate da un diaframma
I
di roccia in cui il passaggio
tra le due camere ha una evi-
dente forma di “t”. La sala
settentrionale ad andamento
sub-circolare ha due ingressi
impostati su due frane ad una
quota di -8 m, il più piccolo
dei quali a “buca di lettera”.
Nei pressi di questo secondo
piccolo ingresso è presente
un ammasso detritico molto
ben ordinato che ne chiude
Fig.
7 La fessura verticale con le
digitaziom
di grotta
Tau-Ma-
quasi l’apertura. L’ammasso
nhattan,
è allungato con andamento
sub-parallelo a quello dell’adiacente diaframma, quasi a rappresentare una sorta di
opera muraria (Fig. 6). Sulla volta, in corrispondenza di esso, non si notano segni di
distacco di blocchi.
Sulla volta di questa sala, diparte un largo camino (a fessura) che rastrema
verso l’alto a chiudere intorno alla quota di -2 m. Sul fondo, invece, parte uno
stretto laminatoio orizzontale, inesplorabile per l’esigua altezza, in direzione ap-
prossimativa dell’adiacente grotta de Lu
Lampithe.
Attraversando il diaframma
di roccia, tramite l’apertura a forma di “t” (che si proietta sulla luce azzurrognola
che deriva dall’ingresso del secondo ambiente) si passa nella seconda camera del
67
68
complesso gemello. Il passaggio va effettuato a livello dell’asta orizzontale della
“t”, dal momento che la fessura verticale non è più larga di 0,5 m e presenta molte
e interessanti digitazioni (Fig. 7). Solo di recente è stato notato che il piede della
fenditura verticale finisce in una sorta di buca (forse il punto più profondo del
sistema) dalla quale, a causa dell’assenza di sedimento, probabilmente (almeno
periodicamente) dovrebbero verificarsi fuoriuscite di acqua. Nella seconda sala
una duna di fango, che accoglie una cospicua popolazione di Cerianthus membra-
naceus nasconde parzialmente un secondo livello della grotta dove è registrabile
la presenza di una condotta di natura vadosa che conduce ad una stretta galleria,
inesplorabile per le anguste dimensioni. A questo livello è evidente una uscita
d’acqua dolce. Le pareti rocciose di questo ambiente confinato accolgono pseu-
dostalattiti organogene oblique, ma di ridotte dimensioni rispetto a quelle presenti
ne lu Lampiùne. Sul soffitto della sala meridionale sono invece evidenti le trecce
di tubuli calcarei di Protula tubularia. Queste diverse morfologie sono state inter-
pretate come stadi diversi della formazione delle pseudostalattiti biogene (POTO,
2004; BELMONTE et al., 2005)
8) RIPARO DI PUNTA FACÌ
N° catasto: nessuno
Denominazioni alternative: nessuna
Comune: Otranto
Località: Punta Facì
Coordinate Geografiche Latitudine: 40° 08’ 00” N, Longitudine: 18° 30’ 58” E
Questa cavità, al pari del Riparo Strazza non può essere accatastata a causa del
rapporto sviluppo interno/dimensioni ingresso. È riportata in questo lavoro (Fig.
8) per le sue comunque rilevanti dimensioni e per le sue caratteristiche biologiche.
La cavità, modellata nei calcari del Cretaceo, mostra un portale di circa 20 m di
larghezza con uno sviluppo interno di circa 5 m. A quota -6 m presenta una cengia
di cospicue dimensioni che prosegue nel corpo roccioso con uno stretto condotto,
probabile collegamento con le adiacenti Grotte Gemelle Tau-Manhattan. Le parti-
colarità biologiche, già segnalate da ONORATO et al. (2003), risiedono nella più alta
densità di Axinella mai riscontrata lungo le coste salentine ed alla più grande popo-
lazione del polichete Filigrana implexa mai rinvenuta in una grotta salentina.
9) GROTTA DELLA MACCHIA
N° catasto: PU 1620
Denominazioni alternative: Grotta Le Macchie
Comune: Otranto
Località: S. Emiliano
Coordinate Geografiche Latitudine: 40° 05’ 46” N, Longitudine: 18° 30’ 28” E
La Grotta della Macchia, conosciuta nell’ambito della subacquea amatoriale
e turistica come le Macchie, deve il suo nome alla colorazione bruna della roccia
emersa, sopra il suo ingresso, che risalta sul grigio chiaro della roccia circostante.
69
Fig. 8 - Riparo di Punta Faci.
70
Fig. 9 - Grotta della macchia.
71
Ubicata a circa un miglio a S di Punta Palascìa, nei pressi della punta N della baia
di S. Emiliano, al contatto tra calcari oligocenici e calcareniti, mostra il suo in-
gresso a -6 m di profondità. La cavità appare già descritta in CENTENARO et al.
(2003), ma con numerose difformità da quanto è stato a noi possibile rilevare. Per
questo qui se ne propone una descrizione alternativa e un nuovo rilievo (Fig. 9).
La cavità è costituita da un’unica galleria lunga poco più di 25 m che termina
in una sala sub-ellittica emersa. Lo sviluppo planimetrico totale è circa 34 m. Sulla
volta, nei pressi dell’ingresso, è possibile notare un solco d’incisione idraulico,
mentre il fondo è ricoperto da numerosi ciottoli e blocchi di roccia. All’interno
della cavità è possibile notare la massiccia presenza di acqua dolce che, in assenza di
moto ondoso, si stratifica sopra l’acqua salata per uno strato spesso più di 3 m. L’ac-
qua dolce che invade quasi tutta la camera circolare interna, si rende responsabile
della desertificazione delle comunità benthoniche di roccia producendo la situazione
di “quarto vuoto” di RIEDL (1966). Sulla volta della camera emersa CENTENARO
et al. (2003) segnalano una breccia ossifera con resti di mammalofauna (Bos pri-
migenius). Molto sfruttata dal punto di vista turistico subacqueo, la grotta presenta,
però, una particolare caratteristica che la rende molto pericolosa per chi vi accede
con eccessiva confidenza. Nel periodo di questo lavoro, si è avuta notizia di un inci-
dente che ha coinvolto un subacqueo. Egli, risalendo in bolla, ha tolto l’erogatore per
respirare all’interno della camera d’aria. Nella bolla d’aria, però, era probabilmente
presente H2S che gli ha procurato danni alle prime vie respiratorie.
10) GROTTA DI CALA BADISCO I
N° catasto: PU1554
Denominazioni alternative: nessuna
Comune: Otranto
Località: Porto Badisco
Coordinate Geografiche Latitudine: 40° 04’ 51”N, Longitudine: 18° 29’ 01” E
La cavità in questione, dalle dimensioni contenute, si apre nell’incisione flu-
viale di Porto Badisco, nelle immediate vicinanze della spiaggia, con un ingresso
sommerso ed uno sviluppo planimetrico di circa 15 m (Fig. 10). Modellata nei
Calcari di Castro, essa presenta un’unica galleria con un lucernario e due piccole
campane d’aria in sequenza post-sifone, raccordate da uno strettissimo by-pass.
Particolare interessante è la presenza di tracce riconducibili ad antica e consistente
attività risorgiva, che al momento della visita (mese di luglio) risultava ridimensio-
nata. Il corpo roccioso in cui la cavità è modellata ha assetto inclinato e fratturazione
di tipo concentrato. All’interno della cavità non si evidenziano depositi chimici, né
biologici. L’accesso alla cavità ha difficoltà rapportata allo stato del mare.
11) GROTTA DI CALA BADISCO II
N° catasto: PU1555
Denominazioni alternative: nessuna
Comune: Otranto
72
Fig. 10 - Grotta Cala Badisco I.
73
Località: Porto Badisco
Coordinate Geografiche Latitudine: 40° 04’ 51” N, Longitudine: 18° 29’ 02” E
Accanto alla Grotta Cala Badisco I, si apre un’altra modesta cavità. Modellata
nei Calcari di Castro, presenta un ingresso sommerso ed uno sviluppo planimetri-
co di meno di 10 m (Fig. 11). Piccola cavità carsico-marina è caratterizzata da una
zona emersa, interna, post-sifone. In direzione E-SE è presente una prosecuzione
impraticabile per le dimensioni ristrette. La cavità mostra una ridotta attività di
risorgenza e, all’interno, non presenta depositi chimici, né biologici. La potenza
degli strati del corpo roccioso in cui è modellata è ad assetto inclinato con frattura-
zione concentrata. La direzione di sviluppo di questa grotta è sub-perpendicolare
alla direzione di sviluppo della Grotta Cala Badisco I. La difficoltà dell’accesso è
rapportata allo stato del mare.
DISCUSSIONE
Il sistema carsico sommerso di Capo d’Otranto presenta una certa omogeneità nei
fattori che hanno influenzato i processi speleogenetici. Le diverse fasi tettoniche
che interessarono il Salento sono state responsabili della fratturazione e disarti-
colazione del corpo carbonatico lungo le direttrici tettoniche principali, orientate
NW-SE. Il sistema di fratturazione ha fortemente condizionato, poi, lo sviluppo
delle grotte studiate. Successivamente, le oscillazioni glacio-eustatiche del livello
del mare e il generale sollevamento dell’area manifestatisi nel corso del Pleistoce-
ne medio-superiore, portarono le cavità a fasi alterne sott’acqua. Lo sviluppo delle
grotte del Capo d’Otranto, differisce, però, da quello caratterizzante altre aree co-
stiere salentine, come ad esempio il Capo di Leuca. Le grotte di quest’area, infatti,
mostrano prevalentemente uno sviluppo orizzontale, cunicolare, con un solo in-
gresso e, generalmente, un solo livello di carsificazione (ONORATO et al. 1999,
BELMONTE et al. 2000). Tale caratteristica è verosimilmente riconducibile ad un
modellamento in corpi rocciosi differenti da quelli presenti nell’area costiera di
Capo d’Otranto. Le grotte idruntine studiate, con le dimensioni maggiori e l’ubica-
zione a profondità più elevata, presentano la caratteristica dello sviluppo su livelli
posti a differenti quote batimetriche. I rilievi eseguiti mostrano che si è verificato
un consistente ampliamento delle grotte, a quota compresa tra i -15 ed i -18 m.
Tale ampliamento potrebbe essere correlato al prolungato stadio di stazionamento
del livello del mare intorno a quota -20 m verificatosi nel corso del Pleistocene
medio-superiore (ANTONIOLI, 2003). La distribuzione totale delle grotte, ap-
punto come era stato ipotizzato, è individuata in corrispondenza delle diverse fale-
sie sommerse presenti nell’area del Capo d’Otranto e che bordano alcuni terrazzi
marini (Fig. 12). Le grotte studiate furono interessate da attività di risorgenza e,
per carsismo costiero, si ampliarono e modellarono, anche grazie all’azione com-
binata demolitrice del moto ondoso. Attualmente l’evoluzione delle cavità risente
di situazioni differenti. Alcune grotte si presentano in una fase relitta, mentre altre
74
Fig. 11 - Grotta Cala Badisco II.
75
sono al momento attuale sottoposte all’azione di agenti modellatori. L’esistenza di
attività di risorgenza implica azione di ampliamento per fenomeni riconducibili a
carsismo costiero dati dalla miscelazione di acqua di falda con acqua di mare.
Riguardo alla loro gestione e/o protezione, le grotte risultano vulnerabili an-
che dal punto di vista dell’inquinamento della falda acquifera, prescindendo dal
fatto che una di esse, Lu Fau, è interessata da un continuo sversamento illecito di
scarichi fognari. La loro capacità di autodepurazione viene ad essere efficiente solo
in pochi periodi dell’anno giacchè la zona oggetto di studio è interessata prevalen-
temente da eventi meteorici intensi durante pochi giorni dell’anno. Il modellamento
ed ampliamento attuale delle grotte è riconducibile all’azione distruttiva delle onde
per la parte posta poco al di sotto o in corrispondenza della superficie del livello del
mare. Lungo la linea costiera studiata, sono piuttosto frequenti mareggiate di mode-
sta intensità che modellano le cavità per variazione di pressione idrostatica, dovuta
alle oscillazioni delle onde. Giova ricordare che, nel Canale d’Otranto, per circa 8
giorni al mese, il vento raggiunge i 4-5 gradi Beaufort e per almeno 1 giorno al mese
raggiunge gli 8 gradi Beaufort. In tali condizioni si sviluppano sulla costa esaminata
onde con altezza significativa da 1 a 7 m. Quando si verificano mareggiate di forte
intensità prevalgono azioni distruttive dirette, dovute alla forza d’urto delle onde e
a fenomeni di compressione e decompressione dell’aria presente nelle fessure. Tale
modellamento, particolarmente attivo per le grotte di Cala Badisco, porta a continue
situazioni di pericolo da crollo nella Grotta della Macchia.
Relativamente all’area di Badisco è obbligatoria una riflessione per l’esistenza
della famosa Grotta dei Cervi e dell’adiacente Cunicolo dei Diavoli. Queste grotte,
per la maggior parte emerse, presentano al loro interno dei settori che si spingono al
di sotto del livello del mare e che, tramite il metodo della fluoresceina, si è constatato
essere in comunicazione attraverso stretti condotti sommersi e inesplorati. Essi per-
mettono, quindi, il collegamento tra le due grotte (CENTENARO, 1997). Prospezio-
ni geofisiche eseguite da CARROZZO et al. (1999), hanno individuato l’esistenza
Fig.12 -
76
di strutture anomale riconducibili a cavità carsiche poste nelle immediate vicinanze
delle gallerie già conosciute. La Grotta dei Cervi sembra, poi, possedere un piano di
sviluppo completamente sommerso e non cartografato (ONORATO com. pers.). Si
può pertanto ipotizzare l’esistenza di cavità, condotti, o gallerie sottomarine, anche
esplorabili, che mettano in comunicazione la Grotta dei Cervi col mare aperto. Nel
corso del presente lavoro non è stato possibile esplorare il tratto di costa interessante
da tal punto di vista, a causa dei vincoli che limitano l’accesso da terra, ed a causa
della legge del mare che decide chi e quando far immergere.
CONCLUSIONI
Prima che questo studio venisse intrapreso, soltanto 4 grotte sommerse (Lu Lam-
piùne, Lu Fau, Palombara, Macchia) erano note al catasto regionale pugliese per
l’area di studio. Oggi se ne contano 10 (9 indicate nel presente lavoro e 1 segnalata
da CARBONE and ALBA, 2005) più 2 “ripari”, un totale dunque di 12 cavità. La
grotta sommersa è, in conclusione, un elemento caratterizzante della costa idrun-
tina, al punto da far ritenere che molte altre possono essere ancora rinvenute, ad
esempio al di sotto dei -25 m di profondità ed estendendo le indagini nell’area a N
della Punta del Malcantone. La tipologia delle grotte, soprattutto di quelle a N di
Punta Palascìa, è tale da renderle morfologicamente distinguibili dalle grotte del
Capo di Leuca. A differenza di queste, infatti, che sono cunicolari ed a sviluppo
orizzontale, quelle idruntine si mostrano più complesse, con diversi livelli di svi-
luppo e con più ingressi. Il presente lavoro ha condotto, poi, alla luce nuovi dati ed
ipotesi sull’esistenza delle pseudostalattiti biogeniche. Tali pseudostalattiti sono
uniche e fanno delle grotte sommerse di Otranto un sito importante per la Bio-Spe-
leologia Marina. Complessivamente, tali risultati sono utili come contributo alla
valorizzazione del territorio idruntino, dato che questa può essere fatta anche alla
luce dell’individuazione di siti ad elevata valenza geologica, intesa in senso lato,
che vanno sotto la denominazione di geositi (POLI, 1999; BURRI, 2002; SOL-
DANI et al., 2002; CENTENARO et al., 2003). Concetto base è che il valore as-
sunto da ogni cavità studiata è multiplo, data la sua caratteristica di multidiscipli-
narità. L’elevato valore culturale, paesaggistico, biologico e geologico delle grotte
sottomarine, crea l’esigenza di conservare il bene ambientale in oggetto, non solo
per fini conservazionistici, ma anche perché in grado di aumentare il potenziale
economico del territorio. Per tal motivo, è da mettere in evidenza che una Proposta
di Legge è stata presentata il 2 ottobre 2003 dalla Camera dei Deputati, in mate-
ria di protezione e tutela delle grotte marine. Essa ha lo scopo di dettare norme
chiare in materia di tutela delle strutture morfologiche ed ecosistemiche di pregio
straordinario quali sono le grotte marine, armonizzando la legge per la difesa del
mare e delle coste (legge n. 979 del 1982) con quella sulle aree protette (legge n.
394 del 1991). In tal senso, dunque, compito dell’Amministrazione è far in modo
di incrementare la conoscenza pluridisciplinare dei beni ambientali esistenti, inse-
77
rendoli in un sistema di protezione, gestione, tutela e valorizzazione. L’inserimen-
to delle grotte sottomarine, quelle accessibili in sicurezza e comunque secondo le
norme internazionali, in percorsi turistico-scientifici è un passo importante, che
coadiuverebbe l’educazione e sensibilizzazione del pubblico ad una coscienza am-
bientale. L’attività esplorativa condotta in questo studio ha, però, messo alla luce
anche l’esistenza di problematiche ambientali, diversificate tra loro, che intaccano
il potenziale turistico-economico della costa idruntina. Nonostante la loro scarsa
conoscenza, infatti, le grotte hanno in qualche modo subìto l’azione dell’uomo.
Nei pressi delle cavità più rilevanti, cospicui fenomeni d’inquinamento da rifiuti
riconducibili ad attività di pesca, minano il potere attrattivo dei fondali sul turista
subacqueo. Lo scarico di acque fognanti ne Lu Fau, conduce oltre al danno eco-
logico, anche a situazioni rischiose per la salute del turista sub che spesso viene
accompagnato in questa grotta. La presenza di materiale bellico esplosivo alla
portata dei sub e delle àncore delle imbarcazioni, aumenta la pericolosità dell’area
marina. Gli ordigni bellici conducono anche al potenziale rischio ecologico deri-
vante dal rilascio del materiale detonante, altamente tossico, contenuto in essi. Tali
fatti, inoltre, diminuiscono la potenziale ricchezza economica dell’area studiata, a
causa delle inevitabili ordinanze di divieto di balneazione e/o di navigazione. Dal
punto di vista turistico-subacqueo, le immersioni nelle grotte sommerse studiate
devono essere condotte nel rispetto delle norme internazionali sulla sicurezza in
grotta. Il verificarsi di un incidente nelle grotte valorizzate dall’Amministrazione
e controllate dagli enti competenti porterebbe ad un’immagine negativa. La grotta
de Lu Lampiùne, ad esempio, non può essere inserita in percorsi turistici, data
la sua elevata pericolosità. La Grotta della Macchia, luogo di un incidente già
verificatosi, dal canto suo vede un grado elevato di pericolosità nell’instabilità
da crolli della volta e dalla verosimile presenza di acido solfidrico nella campana
d’aria. Evidente, dunque, è come si debba far ricorso ad una progettazione accu-
rata dell’utilizzo delle ricchezze ambientali idruntine. La delimitazione di percorsi
tematici come sentieri per trekking a piedi, a cavallo o con mountain bike cor-
redati da apposita cartellonistica, percorsi subacquei, con accompagnamento da
parte di guide subacquee specializzate, sono esempi di ciò che deve integrare la
necessaria creazione e formazione della figura di guida ambientale del territorio di
Otranto. Con questo lavoro si è voluto dare un contributo alla conoscenza di base
delle ricchezze ambientali idruntine, per la realizzazione di un quadro sinottico
dei beni naturali che insistono sul territorio amministrativo della città di Otranto.
Tale quadro, esaustivo e multidisciplinare, si rivela essere lo strumento primario
dell’amministratore per la pianificazione, gestione e protezione del patrimonio
ambientale. La crescita economica dell’area studiata potrà poi essere sostenuta
anche dall’offerta del sistema “grotte sommerse”, ma solo dopo i necessari in-
terventi di recupero ambientale, messa in sicurezza e classificazione di fruibilità
degli ambienti che non sono tutti simili tra loro. Integrando tutto ciò con una cor-
retta gestione, si potrà conciliare la crescita economica ed occupazionale dell’area
idruntina con la tutela dell’ambiente, nell’ottica dello sviluppo sostenibile.
78
RINGRAZIAMENTI
Alla Guardia di Finanza – Comando Sezione Operativa Navale di Otranto (LE),
nella persona dei Cap.ni E. Bernardeschi e B. Palma, e del Ma.llo Antonelli, ed a
tutti i militari della G.d.F. che si sono avvicendati come equipaggio di bordo du-
rante le fasi di “Operazione Apogon”, per aver messo a disposizione i loro mezzi,
la loro professionalità e la loro esperienza di gente di mare, per la realizzazione di
questo lavoro.
Agli amici e compagni d’avventure del Centro di Speleologia Sottomarina
“Apogon” di Nardò (LE): Fabio Fiorito, Gianfranco Quarta ed Andrea Costantini.
Eccellenti collaboratori nelle operazioni sotto ed anche sopra la superficie dell’ac-
qua, hanno saputo sacrificare il loro tempo libero ed usurato le loro attrezzature e
mezzi, a titolo gratuito ed in nome dell’amicizia.
Al Dott. Salvatore Moscatello ed al Dott. Francesco Denitto per il supporto e
la consulenza tecnico-scientifica nell’interpretazione e gestione del materiale foto-
video documentario.
Al Prof. Livio Ruggiero ed al Dott. Angelo Varola per la consulenza prestata.
Al Prof. Paolo Sansò per il forte contributo nella esplicitazione della geomor-
fologia dell’area studiata.
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cliffs: patterns of spatial distribution. J. Mar. Biol. Ass. U.K., 83: 165-172.
... In the caves of Cape of Otranto, the intertwined aggregations of tubes are similar to plaits. The existence of living P. tubularia tube plaits hanging from the ceiling of other submerged caves in the same area was interpreted by Poto et al. (2006) as the beginning of pseudostalactite formation. Ten Hove & Van den Hurk (1993) reported aggregations formed by Protula sp. ...
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Submarine caves at the Cape of Otranto (SE, Italy) host pseudostalactites. Only recently have they been recognised as originating mainly from the marine tube worm Protula tubularia (Serpulidae, Polychaeta). Their formation depends on the adaptability, life history and behaviour of that species in the cave habitat. The dating of calcareous tubes in the pseudostalactite core represents the first attempt to describe the formation of such bio-construction, and the gregarious behaviour of the species. Calcareous tubes along the core axis of three pseudostalactites removed from the cave lu Lampiùne (Otranto, South East Italy) have been dated using the 14C method. Measures established ages from 2600 to 5000 years for the three structures. This extremely long period (when compared with the life span of each worm) suggests that each tube aggregation is the result of punctuated growth periods alternated with long standstill phases. At the end of a growth period, each tube aggregation was covered with a brownish concretion, completing the pseudostalactite.
Conference Paper
Stalactites of organic origin were found in submarine caves of the Salento (S-E Italy). Their cores are formed by strings of Serpulidae tubes, around which a concretion coat was added with time. Generally, these structures were found embedded in the bio-stalactite matrix, but in some cases they presented living worms inside. A first morphological analysis led to their identification as belonging to the genus Protula (Risso, 1826). A multidisciplinary approach was carried out to identify the worms that build the biostalactites because in literature there is not information about Protula gregarious behavior. The research was mainly based on molecular analysis: it compared DNA sequences of the cave worm with those of Protula genus present in GenBank, but provided also a morphological description of the specimens, and a comparison with specimens outside the cave. Barcoding genes as second Internal Transcribed Spacer (ITS2) and Cytochrome b (Cyt b), and nuclear genes as the Ribosomal Large Sub Unit 28S, were analyzed as molecular markers. Of the two Protula species reported from the Mediterranean Sea, there are not available sequences in genetic bank of P. intestinum, to compare with, nor Cytochrome b and ITS2 sequences of P. tubularia. Molecular analysis showed a significant divergence with the sequences of the Mediterranean Protula tubularia available in GenBank (up to 11% in LSU28S), two orders of magnitude higher than the intrapopulation one (0.3%). The morphological analysis examined several characters used to distinguish between species of the genus Protula: size, collar structure, abdominal chaetae type, number and arrangement of radioles, number of thoracic uncini, presence of radiolar and prostomial eyespots. They evidenced characters in common with both Mediterranean Protula, but not a complete coincidence with any of them. Both molecular and morphological analyses clearly defined the differences between the cave species and all the known species of the genus Protula, but phylogenetic analysis makes us confident about the membership to this genus. The present research demonstrates that the cave species is not attributable to any of the two known species of Protula reported for the Mediterranean Sea, thus these data can be considered as proof about the existence of a new species attributable to this taxon. In addition, it could represent a biological exclusive because up to now biostalactites are not reported from any other parts of the world.
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Several types of bio-constructions with different origins and characteristics exist in the Mediterranean Sea. Calcareous algae, mostly Corallinales, play a major role in the formation of these bio-constructions which are distributed from upper to lower levels of the phytal system. In nature, the antagonist actions of accretion and destruction of these for-mations may be balanced, or lead, in some cases, to significant changes of the original morphology of the substratum. The living bio-constructions and their fossil remnants play an important (palaeo)ecological role not only as indicators of the relative variations of the sea level, but even as a register of the evolution of the (palaeo)biotope during their de-velopments. The possible disappearance of these bio-constructions would lead to an important loss both in Mediterra-nean biodiversity and as data record for studies on the biodiversity and global changes.
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This study reports on the distribution of polychaete assemblages along a depth gradient from 5 to 25m, along a stretch of rocky coast near Otranto (South Adriatic sea, Italy). Three depths were sampled in May and November 2000. At each depth three sites (about 100m apart) were sampled by scraping off three replicate quadrats of 2020cm. The experimental design enabled identification of across- and along-shore spatial patterns of variation of polychaete assemblages. A total of 4,168 specimens, belonging to 152 taxa were collected. Multivariate analysis showed that the polychaete assemblages differed significantly among depths with the clearest differences between the shallowest sites (5m) and the deeper ones (15–25m). A considerable source of variation among sites at each level of the shore was also exhibited by the analyses, with the greatest differences among sites within depths recorded at 5m. The species most contributing to the differentiation of assemblages among depths and sites within each depth were identified. Some potential causes of the observed differences are hypothesized and discussed. The importance of quantitative observation to provide the context for studying the underlying ecological processes is also stressed.
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The distribution of molluscan assemblages across and along a vertical rocky cliff near Otranto (southern Adriatic Sea, Italy) was studied. Sampling was undertaken in May and November 2000 at three sites approximately 100 m apart. Three depths (5, 15, 25 m) were sampled at each site, by scraping off three replicate 20 × 20 cm quadrats. Samples yielded 6722 specimens, referred to as 133 species. Multivariate analyses showed that the structure of the assemblages significantly differed among depths with a clear gradient of distribution from shallow to deep stands. However, a considerable variation in the structure of the assemblage was also observed among sites at each of the three depths. The species contributing most to characterize depths and/or differentiating sites at each level of the shore were identified. Some potential causes of the observed differences are discussed.
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Fish assemblages associated with 'coralligenous formations' in SE Apulia (Lower Adriatic and Ionian Seas, SE Italy) were studied by visual census to test for differences through time and over different spatial scales (i.e., among locations 3-4 km from each other, and among sites within locations 200-400 metres apart from each other). Thirty-two fish species were recorded, with sparids (eight species), labrids (seven) and serranids (five) being the families with most species. Fish assemblages were numerically dominated by Chromis chromis, Boops boops, and Coris julis. Multivariate analyses indicated significant differences in the structure of fish assemblages among times and locations (with C. chromis and C. julis mostly contributing to the observed dissimilarities), while sites within locations did not differ significantly. Temporal patterns of species richness differed both among locations and among sites within locations. Total fish abundance displayed different temporal trends at the smallest spatial scale examined (i.e., among sites within locations), whereas patterns over time in fish abundance without the contribution of gregarious species differed among locations only. The results show, therefore, that fish assemblages from coralligenous formations in SE Apulia might vary in time in spite of a fairly stable benthic environment. Temporal changes of the most important univariate variables (e.g., species richness) might thus differ among sites, locations or both. Factors acting at different spatial scales (e.g., habitat complexity, substrate slope) and through time (e.g., feeding displacements), probably involved in the variability of spatio-temporal patterns of fish assemblages, are discussed.
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RIASSUNTO Lungo la fascia costiera del Salento Leccese diverse sono le cavità ipogee che rivestono un ruolo importante nella ricostruzione dell'evoluzione paleogeografica della regione tra il Pleistocene medio e l'Olocene e per la comprensione di eventi climatici a scala mondiale; altre conservano vestigia della storia dell'uomo ed altre ancora hanno elevato valore ecologi- co. Tuttavia solo alcune di esse hanno un ruolo rilevante nell'economia turistica della regione. Il riconoscimento delle più importanti cavità e la definizione del loro indice di valore (IV) in base all'insieme delle caratteristiche di conservazione (SC), geologiche s.l. (VSG), paesistiche (VP), ecologiche (VE) ed alle potenzialità turistiche (PT) permette di individuare in esse geositi. Essi, raggruppati in distretti geomorfologici, ognuno con proprio IV, consentono di ipotizzare per il Salento la definizione di Sito di Speciale Interesse Scientifico. Articolato in percorsi ed organizzato con strutture ricettive-museali, esso contribuirebbe ad aumentare il bilancio turistico dell'intera regione. SUMMARY The coastal landscape of Salento Peninsula is marked by numerous sea caves, opening both at the submerged and emerged part of the coast. Notwithstanding they are well known to speleologists, archaeologists and biologists, they have been neglected by geologists, so far. The abundance of fossil remains as well as of prehistoric and historic wares preserved allowed archaeologists to partly reconstruct the human colonization of this region. The submerged caves are famous for typical biocoenosis. Some of these caves are marked by marine/continental sequences characterised by beach levels, algal rims and lithophaga boreholes interbedded to slope debris, colluvial deposits and flowstones. The study of these sequences performed with modern techniques of analyses could allow the reconstruction of the palaeogeography of the region in relation of climate change and geodinamic history since the Middle Pleistocene. At present, detailed geomorphological surveys of caves have been carrying on aiming to reconstruct sea-level changes in the Late Quaternary. Notwithstanding some of these are very important from the scientific point of view, few scientific data have been published; only few caves can be visited by tourists and play an important role in the economy of region. Their value could be greatly increase by the realization of an interdisciplinary scientific-educational network. Sites of primary importance for the understanding of the geological processes are identified and defined as geosite on the base of their peculiar geological/geomorphological features. The geological s.l. value represent a joint value along with archaeological, ecological and landscapical values. The network of these geosites define three different geomorphological districts near Otranto, Capo Santa Maria di Leuca and Santa Caterina. Together, they could
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This paper mainly addresses the description and interpretation of different reef-building assemblages recognised within an early Messinian reef complex recently discovered along the eastern margin of the Apulia Platform (Salento Peninsula, southern Italy). It is the first Late Miocene reef recorded for the ‘Adriatic region’ and its location partly changes boundaries of coral reef distribution during this time in the Mediterranean. The Messinian reef complex (Novaglie Formation) is interpreted as a succession of fringing reefs accommodated in palaeo-reentrances or palaeo-embayments of the original Messinian rocky shore and overlying discordantly the underlying Cretaceous to Oligocene units. It consists of a discontinuous reef tract and associated clinostratified fore-reef slope. Relatively precise dating of the reef complex has been achieved using benthic foraminifera and ostracods associations. Three main different reef-building assemblages have been recognised: (1) Halimeda bioherms (2) Porites reef and (3) vermetid–microbial ‘trottoirs’. Each assemblage is described in detail according to its architecture and structure (setting, shape, quantitative estimation of the framework density), biotic components (taxonomic composition and relative abundance of the reef-builders, growth form, associated fauna), and intra-reef sediment (texture and fabric). Palaeoecologic analysis, based on physical observation within the margin-slope of the reef complex and in comparison with present-day analogues and their ecological demands, indicates that distribution and vertical succession of the three different reef assemblages are strictly depth-related, suggesting an ecological replacement consequent on small relative sea-level changes (fourth order), closely comparable with those already indicated for the early Messinian. Special attention is given to the remarkable abundance of vermetids that, together with microbial crusts, formed scattered ‘trottoirs’ along the shoreline. Vermetid occurrences have been extensively cited in the literature for the Late Miocene of the Mediterranean but poorly studied in detail. Here, their palaeoecologic significance is emphasised, indicating that these organisms can be used as reliable palaeobathymetric and palaeoclimatic indicators. Regarding the Miocene of the Mediterranean, development of vermetid–microbial ‘reefs’, so far recorded for the Messinian, is preferentially associated with low-diversity coral reefs and is interpreted as being mainly controlled by climatic constraints.
2002 -Novità esplorative e biologiche nelle grotte sottomarine del Canale d'Otranto (LE) Atti del Convegno " Spelaion
  • Belmonte G Onorato R
  • Costantini A Denitto F
  • Bussotti S
  • Poto M
BELMONTE G., ONORATO R., DENITTO F., COSTANTINI A., BUSSOTTI S., POTO M., 2002 -Novità esplorative e biologiche nelle grotte sottomarine del Canale d'Otranto (LE). Atti del Convegno " Spelaion 2000 ", Altamura (BA).