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Cento Anni di Ricerca Petrolifera: l’Alta Val d’Agri: Basilicata, Italia meridionale

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Abstract and Figures

A reconstruction is presented of the history of the research for hydrocarbons in Val d’Agri (Basilicata, southern Italy), where at present day the largest onshore oil field in Europe is located, which was characterised by lively scientific debates. It is narrated how, from the late nineteenth century onward, research develops which is originally guided by hydrocarbon seepages and which results in the discovery of the small and surficial Tramutola oil field developed by Agip during the thirties and fourties. Subsequently the discovery of the huge oil field deeply buried below the complex and fascinating deformation chain of the southern Apennines, is outlined. The analysis provides the possibility to illustrate and reveal how fundamental social-cultural, economic, scientific and technologic actors continuously interact, evolving in the course of history.
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Cento Anni di Ricerca Petrolifera(1)
L’Alta Val d’Agri (Basilicata, Italia meridionale)
Van Dijk, J.P.(*), V. Afnito, R. Atena(**), A. Caputi(#), A. Cestari, S. D’Elia, N.
Giancipoli, M. Lanzellotti, M. Lazzari(+), N. Oriolo, & S. Picone
(*)Eni E&P; Burren R.P.L., London (UK);janpieter.vandijk@burren.co.uk
(**)Eni E&P, San Donato Milanese (Mi)
(#)CNR-IMAA, Istituto di Metodologie ed Analisi Ambientali,progetto VIGOR, Polo di Marsico
Nuovo (PZ)
(+)CNR-IBAM, Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali, Tito Scalo (PZ)
Parole Chiave: Storia, Storia del petrolio, Geoscienze, Geologia, Archeologia
industriale, Appennini meridionali, Val d’Agri, Tramutola, Idrocarburi, Petroli,
Biograa, Bibliograa.
Atti del 1º Congresso dell’Ordine dei Geologi di Basilicata,“Ricerca, Sviluppo ed Utilizzo delle Fonti Fossili: Il
Ruolo del Geologo”, Potenza, 30 Novembre - 2 Dicembre 2012.
Monte Sirino
Monticello Tramutola Paterno
Monti della
Maddalena
Riassunto
Si presenta la ricostruzione storica della ricerca petrolifera nell’alta Val d’Agri (Basilicata,
Italia meridionale), dove è ubicato il più vasto giacimento attualmente esistente in Europa
a terra ferma, e degli accesi dibattiti scientici che la caratterizzavano. Si racconta come
da ne ottocento essa si sviluppa basandosi sulle manifestazioni superciali di idrocarburi,che
riveleranno la presenza del piccolo epoco profondo campo petrolifero di Tramutola, sfruttato
durante gli anni trenta e quaranta dall’Agip. Si narra quindi la successiva importante scoperta
nelle imponenti strutture della piattaforma carbonatica, sepolta sotto l’affascinante e
complessa catena deformativa degli Appennini meridionali. L’analisi dà la possibilità di illustrare
e rivelare come i fondamentali fattori socio-culturali, economici, scientici e tecnologici
continuamente interagiscono fra loro, evolvendosi nel corso della storia.
Abstract
A reconstruction is presented of the history of the research for hydrocarbons in Val d’Agri (Basilicata,
southern Italy), where at present day the largest onshore oil eld in Europe is located, which was
characterised by lively scientic debates. It is narrated how, from the late nineteenth century onward,
research develops which is originally guided by hydrocarbon seepages and which results in the discovery
of the small and surcial Tramutola oil eld developed by Agip during the thirties and fourties. Subsequently
the discovery of the huge oil eld deeply buried below the complex and fascinating deformation chain
of the southern Apennines, is outlined. The analysis provides the possibility to illustrate and reveal how
fundamental social-cultural, economic, scientic and technologic factors continuously interact, evolving
in the course of history.
Fig.1 Panorama dell’Alta Val d’Agri osservata da Marsicovetere verso occidente. Fonte: Salvatore D’Elia, giugno 2006
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Fig. 2 Mappa indice della Val d’Agri e dell’area di Tramutola, con l’indicazione delle località citate nel testo.
Introduzione
Già nelle civiltà antiche, come ben documentato in numerosi scritti sopratutto dal Rinascimento
in poi, e no alla metà del secolo scorso, gli idrocarburi venivano utilizzati dall’uomo in medicina
a scopo curativo, per l’illuminazione, come impermeabilizzante o legante e come lubricante.
Essi venivano ricavati attraverso modesti sfruttamenti legati a delle spontanee manifestazioni
naturali superciali. Con l’avvento dell’industrializzazione si sviluppavano nuove tecnologie di
perforazione, e dopo il successo del pozzo perforato nel 1859 dal colonnello Drake a Titusville
(Pennsylvania), il petrolio cominciava ad essere ricercato ove possibile grazie alla continua
crescita del fabbisogno di combustibile per l’illuminazione. Bisogna ricordare che l’ampio
utilizzo degli idrocarburi per il motore a scoppio dell’automobile, e successivamente per la
generazione di energia elettrica, è di più recente data, cioè l’inizio del ‘900.
La ricerca e lo sfruttamento degli idrocarburi sono a tutt’oggi, soprattutto dall’inizio del
‘900, strettamente legati all’interazione di tre fattori principali: lo sviluppo politico-culturale
ed economico locale, regionale e mondiale; la disponibilità di tecnologie che consentono
l’esplorazione, lo sfruttamento e lo sviluppo di metodi di acquisizione, di analisi e di
modellizzazione; inne il processo di dibattito e discussione delle teorie scientiche. Nella prima
metà del secolo scorso l’eventuale presenza di giacimenti nel sottosuolo era rinvenuta grazie
a manifestazioni in supercie e rilevamenti geologici. Successivamente diventavano invece
sempre più importanti gli strumenti di acquisizione geosica, con i quali ormai vengono rivelati
indizi decisivi per eventuali scoperte economicamente interessanti.
L’analisi della storia della ricerca petrolifera in Basilicata (talvolta indicata con il suo antico
nome Lucania, Italia meridionale), e più precisamente nella alta Val d’Agri (situata nel centro
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dell’Appennino; Figg. 1, 2), offre la possibilità di illustrare sia il cambiamento di approccio alla
ricerca, sia, e soprattutto, l’importanza che ha l’interazione dei tre fattori sopra citati coinvolti
nel processo. L’alta Val d’Agri è una valle intramontana, orientata all’incirca da Nord-Ovest
a Sud-Est, con una lunghezza di 30 km e larghezza media 12 km, situata ad un’altezza media
di 600 mslm nella zona centrale degli Appennini meridionali. È delimitata da entrambi i lati
da massicci montagnosi parzialmente boscosi con ripide vette che raggiungono l’altezza di
1500 m. La valle, trovandosi su una delle vie principali di collegamento tra il Mar Tirreno e il
Mar Ionio, offre ai viaggiatori del tempo numerose testimonianze architettoniche della storia
paleocristiana, medievale, bizantina e rinascimentale dei diversi borghi presenti (es. Pedío,
1964, 1987a,b,c; 1989a,b; De Rosa, 1999; De Rosa et al., 1999; Adamesteanu, 2002; Fonseca,
2006; D’Angelo, 2009), nonché numerose testimonianze dell’archeologia neolitica in poi (es.
Bottini, 1997; Russo, 2005; Bianco et al., 2009; Pellegrino, 2009) e del periodo ellenistico e romano,
come le rovine di Grumentum, città romana importante fondata tra il IV e III secolo a.C. ed
abbandonata nel corso del primo millennio, secondo lo storico romano Titus Livius Patavinus
(Livio) sito di una battaglia tra i romani e il cartaginese Annibale (207 a.C.) (es. Giardino, 1981,
1991; Mastrocinque, 2009; Tarlano, 2010).
La presente pubblicazione sulla storia petrolifera della Val d’Agri è una sintesi del manoscritto
inedito di van Dijk (2002, unpubl.), basato su una ricerca eseguita nell’ambito del progetto
Cartograa Val d’Agri della Società Eni SpA, durante la seconda meta degli anni ‘90.
L’argomento è stato trattato, da diversi punta di vista ed in modo piuttosto sommario, anche
in alcuni altri lavori: Rossi (1929), Bartolomeo La Padula (1976), Francesco Guidi (1995a, b),
Leonardo Bonarelli (glio del Conte Guido; 1997, 2001), Cassamagnaghi (2012, unpubl.; cf.
Pepe, 2012) e Alliegro (2013)(2).Gli stessi vengono qui racchiusi ed ulteriormente riassunti,
unitamente aqualche nuovo contributo dei coautori del presente lavoro.
L’inizio della ricerca geologica e le manifestazioni a Tramutola
Fig. 3a, 3b
La manifestazione
superciale di
Tramutola nel
Torrente Fossatello,
afuente del Rio
Cavolo.
Il petrolio e
l’acqua sulfurea
fuoriescono
dal terreno
accompagnati
da piccole bolle
metanifere, e si
mischiano con
l’acqua del
ruscello dando
luogo ad un
inquinamento
naturale della
stessa, con depositi
bituminosi e
solferi nel terreno
boscoso.Foto: N.
Giancipoli & J.P.
van Dijk, 1998.
La ricerca degli idrocarburi in Val d’Agri è iniziata con lo sfruttamento delle manifestazioni
petrolifere e dell’acqua termale sulfurea associata di Tramutola, un piccolo borgo situato
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Van Dijk, J.P., V. Afnito, R. Atena, A. Caputi, A. Cestari, S. D’Elia, N. Giancipoli, M. Lanzellotti, M. Lazzari, N. Oriolo, & S. Picone
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sulla sponda sud occidentale della Val d’Agri. Tali spontanee manifestazioni erano e sono
tuttora evidenti principalmente in una piccola valle che ospita un ruscello afuente del Rio
Cavolo, il Torrente Fossatello, situato ad est del paese di Tramutola (Figg. 3a, b). Si trovano
dunque all’interno di terreni silicoclastici marnosi-arenacei (denominati storicamente “ysch
eocenici auct.”(3)), nelle vicinanze del contatto (tettonico) tra questi ed i rilievi carbonatici
mesozoici che formano la collina della riva occidentale del torrente. Gli idrocarburi e l’acqua
sulfurea si mischiano con l’acqua pulita del ruscello no ad entrare nel usso principale del Rio
Cavolo, un’afuentea sua volta del Fiume Agri. É da notare che altre manifestazioni petrolifere
in Basilicata sono state indicate dai autorinei pressi di Monte Alpi, Armizzone, Castelsaraceno,
Marsico Nuovo, S. Angelo di Fratte, S. Angelo dei Lombardi, ed anche a Cersosimo, 50 km circa
a sud-est della Val d’Agri oltre la Valle del Sinni, mentre sorgenti di acque sulfuree si trovano
in numerose localitá per esempio a Latronico (Monte Alpi), a San Chirico Raparo (La Santa
Quaranta, la Cortignano), a Calvello (Sulfurea della Terra), a Tito (Acqua Bianca) ed in Val
d’Agri (Galaino a Marsico Nuovo; la Zolfata).
Alcuni autori sostengono che nel XV secolo le popolazioni lucane assistevano al manifestarsi di
lingue di fuoco sui monti dell’Appennino, le cosiddette “accole” che ipotizzavano il bruciare
del metano (cf. Liccione, 2000; p. 55). Non è stata però ritrovata nessuna fonte sicura prima
dell’ottocento che documenta quest’affermazione o altri riferimenti alle fuoriuscite naturali di
idrocarburi, probabilmente a causa dell’isolamento sociale dell’area stessa, che infatti non
veniva considerata negli scritti geograci, storici e naturalistici degli autori del tempo.
La prima descrizione geologica complessiva del Sud Italia risale al 1842 (Fig. 4), un saggio del
naturalista russo Pierre Alexandrowitsch De Tchihatcheff (1812-1890)(4) il quale, dopo la carriera
diplomatica, si era dedicato a viaggi e pubblicazioni di lavori sull’Asia, il Nord Africa, nonché il
Sud Italia. Qualche anno prima della sua pubblicazione del 1842 aveva visitato la Calabria ed
il lagonegrese. Nel suo lavoro non vengonono minate manifestazioni petrolifere (anche se egli
transita nella Val d’Agri come si evince delle sue citazioni a pp. 66, 101, 150), e ciò si riscontra
anche nei lavori di naturalisti come il botanico Tenore e altri(5). L’assenza di tali citazioni non
era dovuta al semplice fatto che il prodotto non era ancora visto come economicamente
interessante, dato che in altre aree italiane era descritto e sfruttato, ma probabilmente era
causata più che altro dall’isolamento geograco della regione.
Fig. 4 La prima mappa geologica della Basilicata, di Pierre Alexandrowitsch De Tchihatcheff (1842). Si tratta di un
dettaglio della sua carta geologica regionale che comprende tutta l’Italia meridionale, disegnata dallo stesso sulla
base topograca di Rizzi Zannoni. Di questo periodo si ricordano anche i lavori naturalistici e paleontologici che
riguardano il Sud Italia dei Proff. O.G. Costa, L. Pilla, e R.A. Philippi.
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Il 16 dicembre 1857 un tremendo evento sismico di magnitudo Mw 7 scuote la regione, con
epicentro proprio sotto la Val d’Agri nelle vicinanze del paese Montemurro (Mallet, 1862a, b;
Riviello, 1888; Baratta, 1901; Branno et al., 1985; Benedetti et al., 1998; Cello et al., 2003; Burrato &
Valensise, 2008). L’evento, che causa all’incirca 11.000 vittime, suscita reazioni in tutta Europa,
e viene ampiamente studiato dall’ingegnere irlandese Robert Mallet (1862) mandato sul posto
dalla Royal Society of London (Ferrari & McConnell, 2005; Ferrari, 2012), il quale descrive anche
la situazione di Tramutola (passando tra l’altro per la valle del “Torrent Cauli”, ma nella parte
piú a valle rispetto alle manifestazioni, durante la giornata di trasferimento a Marsico Nuovo;
op. cit., Vol. 2, p. 28), ma non cita le manifestazioni petrolifere (Chapter XXVI)(6). Quanto
accadeva all’epoca nella zona interessata dal terremoto, viene narrato in un articolo dello
scrittore Charles Dickens (1858). Egli racconta le vicissitudini del benefattore inglese Mr. Major,
anche conoscente di Mallet (Mallet, 1857, Vol. 2, p. 14) che parte subito dopo il terremoto per
donare direttamente alla popolazione dei fondi utili al loro sostentamento; infatti durante la
sua permanenza a Saponara (l’attuale Grumento Nova) visita “Tranutola” (sic) e distribuisce
344 ducati ai poveri terremotati.
Fig. 5 L’Abate Antonio Stoppani (Lecco, 1824 - Milano, 1891), geologo e autore del famoso libro divulgativo “Il Bel
Paese”, che narra degli aspetti naturalistici italiani. Fonte: Stoppani (1858).
Fig. 6 Arcangelo Cosimo De Giorgi (Lizzanello, 1842 - Lecce, 1922), scienziato che si occupò di numerosi campi tra
cui geologia, metrologia e agricoltura. Fonte: sconosciuto.
Fig. 7 Giuseppe De Lorenzo (Lucania, 1871 - Napoli, 1957), geologo di origine lucana che eseguì i primi lavori estesi
sulla geologia della Basilicata. Fonte: Picone (2009), cf.Sernia (2000).
Nella seconda metà dell‘800, dopo i primi successi negli Stati Uniti, anche il territorio italiano
comincia a risultare di interesse per il suo potenziale petrolifero. Il geografo, storico e politico
Monzese Amato Amati nel suo dizionario del 1860 (p. 131) fa per la prima volta riferimento alle
manifestazioni nel comune di Tramutola: “l’asfalto di Marsico e di Tramutola nella Basilicata”.
Nel suo dizionario corograco del 1878, invece, non ne fa riferimento sotto la voce Tramutola
(Parte 1, Vol. 8 p. 502), ma solamente nella descrizione della Basilicata (Parte 1, Vol. 1, p.
644): “una scaturigine di petrolio, che può dirsi nafta per la sua limpidezza”. Il geologo Abate
Antonio Stoppani (Fig. 5), nel suo famoso libro del 1873 “Il Bel Paese” scrive: “Il petrolio esiste
in Italia ed è umiliante che molti lo ignorino. Se essi fossero meno tardi ad approttare delle
ricchezze del suolo, loro largito dalla Provvidenza, a quest’ora, non dovrebbero pagare un
grosso contributo agli stranieri…..!”.
In seguito, nel 1877, il noto studioso leccese Arcangelo Cosimo De Giorgi (Fig. 6) riceve dal
Regio Corpo delle Miniere il compito di portare a termine uno studio della Basilicata, che
viene pubblicato nel 1878 e 1879. In tale lavoro appaiono descrizioni di varie manifestazioni
petrolifere nella regione, tra cui in Val d’Agri, anche se non direttamente riferite alla Valle del
Cavolo a Tramutola. Anche nella monograa dell’archeologo Angelo Bozza (1888), si osserva
che “Si rinviene nel territorio di Tramutola dell’asfalto” (cf. Oriolo, 1996).
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Seguono poi i numerosi lavori sulla geologia degli Appennini meridionali dell’erudito geologo
di origine lucana Giuseppe De Lorenzo (Fig. 7) (es. De Lorenzo, 1895, 1896, 1898a, b, 1904; Böse
& De Lorenzo, 1896a,b), e la stesura della prima carta geologica d’Italia, con i rilevamenti
eseguiti da Luigi Baldacci, Venturino Sabatini e Carlo Viola tra il 1888 e il 1892 (Baldacci &
Viola, 1894) per conto del R. Ufcio Geologico, per l’importante progetto nazionale iniziato da
Quintino Sella a metá secolo (Carusone et al., 1996; Lettieri & Galluzzo, 2011).
Nei primi anni del ‘900 la presenza delle manifestazioni petrolifere nel comune di Tramutola
comincia ad attrarre una certa attenzione sia da parte dell’Amministrazione comunale che da
parte di imprenditori italiani e stranieri. Questo si evince da una delibera del Consiglio comunale
di Tramutola dell’11 maggio 1901 intitolata
Voto al Governo del Re, perché sia inviato in questo
Comune un Ingeniere delle Miniere con l’incarico di osservare la zona petrolifera esistente in
questo territorio
(Alliegro, 2013, p. 31). Inoltre, nel 1902, l’arciprete Francesco Saverio Caputi
narra di una visita di Carlo Ribighini (indicato come “di Milano”, ma in realtá di Ancona; Conte
e pioniere delle esplorazioni petrolifere in Abruzzo dal 1864, ed in Canada, Francia e Romania),
con Nelson Boyd di Londra, William Scott di Glasgow e l’inglese Ernest Tessel che accertano
un’importante potenziale del terreno,
una visita che, apparentemente, non
ebbe un seguito (Alliegro, 2013, p. 33). Si
puó supporre che tale visita abbia avuto
luogo ben prima del 1897, data del
decesso dello stesso Ribighini.
Il primo lavoro scientico completamente
dedicato alle manifestazioni nell’area di
Tramutola risale al 1902, edito dall’Ing.
Camillo Crema, per incarico ricevuto
dall’Ispettorato del R. Corpo delle Miniere;
esso è di sole tre pagine ed è intitolato
“Il petrolio nel comune di Tramutola”
(Fig. 8). L’Ing.Crema in quella occasione
menziona che anche sulla carta 1:50.000
di Baldacci e collaboratori gurano
le sorgenti petrolifere. Tale carta è in
quel momento ancora inedita ma già
depositata presso il R. Ufcio Geologico,
ed i risultati erano giá stati riassunti in una
nota pubblicata dagli stessi autori nel
1894. La carta viene poi successivamente
pubblicata in forma 1:100.000 (Sabatini
et al., 1908 a, b; Crema et al., 1908;
Baldacci, 1911), senza peró contenere le
indicazioni delle fuoriuscite.
Crema cita nel suo lavoro del 1902 diverse
manifestazioni, ma conclude comunque
che
La piccola estensione della zona
petrolifera di Tramutola, la scarsezza
delle manifestazioni alle quali dà luogo e
la poca potenza dei terreni eocenici che
verosimilmente racchiudono il petrolio
non permettono di nutrire grandi speranze
su di essa; tuttavia una tale affermazione
Fig. 8 Mappa geologica di Crema (1902).
Cento Anni di Ricerca Petrolifera - L’Alta Val d’Agri (Basilicata, Italia meridionale)
Van Dijk, J.P., V. Afnito, R. Atena, A. Caputi, A. Cestari, S. D’Elia, N. Giancipoli, M. Lanzellotti, M. Lazzari, N. Oriolo, & S. Picone
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appoggiata esclusivamente a dati superciali è necessariamente alquanto vaga e sarebbe
desiderabile una esplorazione in profondità che mettesse denitivamente in evidenza la entità
del giacimento.”.
L’enigma geologicodi Tramutola
Gli Appennini meridionali (inclusa la Val d’Agri), oggetto dei succitati lavori, erano dunque
alla ne dell’800 già stati descritti in modo complessivo e semplicato, attraverso la denizione
delle principali unità geologiche aforanti. Riguardo l’area di Tramutola invece tali unità ed i
relativi rapporti presentano delle anomalie complesse, a tal punto che gli autori ancora oggi
continuano a proporre soluzioni complemente diverse fra loro, senza riuscire ad arrivare ad
una conclusione denitiva.
É opportuno dunque, prima di procedere e per meglio inquadrare tali problematiche discusse
nei capitoli successivi, soffermarsi brevemente sulla descrizione dell’attuale interpretazione
della situazione geologica della Val d’Agri, ed in particolar modo della geologia della zona di
Tramutola(7).
Nelle aree dell’Appennino meridionale, dal basso verso l’alto,aforano diverse principali unità
tettonostratigrache:
serie mesozoiche (le “Unità Lagonegresi” in termini attuali) che si presentano in basso
carbonatiche silicifere (Fm dei “Calcari con Selce”), seguite verso l’alto da sedimenti
marnoso-peliticisiliciferi (Fm degli “Scisti Silicei”), e ancora verso l’alto seguite da marne (Fm
dei “Galestri”). Associata a queste serie c’è anche la Fm clastica di Monte Facito;
massicce serie di carbonati straticati mesozoici (“Piattaforma Appenninica” in termini
attuali) generalmente coperte da marne terziarie;
serie “yschoidi” (3) miste, cretaciche e terziarie, spesso indicate come “ysch eocenici” nei
più antichi scritti (Fm del Cavolo, di Albidona e Serie Irpine/Fm di Gorgoglione in termini
attuali; in altre aree limitrofe associate ad elementi di roccia cristallina e metamorca simile
a quanto afora nella Calabria e per esempio in Liguria).
Attualmente è riconosciuto che queste unità tettonostratigrache sono non solo internamente
deformate (con pieghe e sovrascorrimenti), ma sono anche in contatto di sovrascorrimento
tra di loro, essendo state originariamente depositate in diversi bacini sedimentari.
L’area di Tramutola, oggetto di molte discussioni, costituisce in ogni caso un’anomalia per diversi
aspetti della geologia aforante: 1.Nel centro, ed in una posizione di difcile comprensione,
afora la Rupe del Cavolo, uno “spuntone” composto da carbonati e circondato da terreni
“yschoidi”. 2.Parte dei carbonati “Appenninici” si manifestano in una forma particolare che
viene indicata come “dolomie triassiche brecciate”. 3.Inne si rileva la Fm del Cavolo, una
serie carbonatica straticata di età cretacica, che afora quasi esclusivamente in quest’area.
I rapporti tra le unità citate sono in ogni caso poco chiari, il che ha dato luogo ad ulteriori
numerose discussioni scientiche e contrapposte ipotesi.
In generale le ipotesi geologiche della prima metà del secolo scorso si dividevano in due grandi
scuole di pensiero chiamate “autoctoniste” ed “alloctoniste”. Per un approfondimento ed
un’ampia veduta dello sviluppo delle idee di quell’epoca, riguardo gli Appennini, ci si riferisce
al saggio di Parotto & Parturlon del 1984. Gli “autoctonisti”(Crema, 1902, 1925, 1926; Galdi,
1918; Porro, 1926; Bonarelli, 1932; Behrmann, 1936; Leonardi, 1949; Lazzari, 1959) vedevano la
struttura della catena appenninica come la risultante del riempimento sedimentario di un unico
bacino formatosi al di sopra di un solco carbonatico triassico, al cui internotutte le serie che
si presentavano in qualche maniera straticatesi erano depositate (serie calcareo-arenacee,
silicifere e marnose, calcari straticati, e le serie chiamate “ysch”). Al contrario la scuola degli
alloctonisti (Grzybowski, 1921; Anelli, 1939; Signorini, 1939) visionava la serie come composta
da elementi tettonici (“falde”), arrivati nel bacino solo successivamente al suo riempimento
Cento Anni di Ricerca Petrolifera - L’Alta Val d’Agri (Basilicata, Italia meridionale)
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sedimentario attraverso dei grandi sovrascorrimenti a scala chilometrica, e provenienti
dall’attuale area tirrenica muovendosi verso Est. Essi visionavano dunque una sovrapposizione
tettonica di serie più antiche su serie più recenti e coinvolgevano nei loro modelli anche i
massicci carbonatici stessi, immaginando che essi si fossero sovrapposti alle altre serie, quindi
ai depositi siliciferi, e secondo alcuni anche ai cosiddetti “ysch”. Queste idee erano state
originariamente sviluppate nelle Alpi svizzere e successivamente furono applicate anche in
Italia, prima da autori stranieri (Lugeon& Argand, 1906a,b,c; Limanowsky, 1913; Grzybowski,
1921; Gignoux, 1922, 1927; B.G. Escher negli anni ’20-’30 per la zona Bermamasca – si veda De
Sitter et al., 1950; Quitzow, 1935; Teichmuller & Quitzow, 1935), prendendo ispirazione dai lavori
di grandi geologi come Argand (1911, 1924), seguito rapidamente da autori italiani (Rovereto,
1916, 1927; Franchi, 1922, 1924 a,b; Cacciamali, 1924).
La disputa tra autoctonisti ed alloctonisti, riguardo gli Appennini meridionali, continuò no alla
metà degli anni ‘60, e la Val d’Agri e l’area di Tramutola ne erano quindi spesso protagoniste.
Relativamente all’area specica di Tramutola gli autoctonisti immaginavano la seguente
situazione: in basso le serie silicifere (triassici; calcari e verso l’alto gli Scisti silicei), poi i carbonati
di piattaforma (“mesozoici”) ed in alto i “ysch” paleocenici. Le interpretazioni alloctoniste
invece dividevano coloro che riconoscevano un sovrascorrimento dei “massici carbonatici
mesozoici” al di sopra dei terreni siliciferi e “yschoidi”, da coloro che lo riconoscevano solo al
di sopra dei terreni siliciferi. Lo stesso massiccio calcareo della Rupe del Cavolo veniva a volte
interpretato (da alcuni degli alloctonisti) come un “klippe” (galleggiante rimasuglio di una
falda in sovrascorrimento), a volte come una nestra dei carbonati triassici profondi situata
sotto gli Scisti Silicei (da alcuni autoctonisti ed anche da alcuni degli alloctonisti), e talvolta
come un rimasuglio dei carbonati mesozoici (da alcuni degli autoctonisti).
È un pensiero allettante immaginare che non si tratta di pura coincidenza che le piú vistose
manifestazioni ed il giacimento di Tramultola sono allocati nella stessa identica località della
Val d’Agri dove si trova il contesto geologico enigmatico, e che hanno dunque una causa
geotettonica in comune. Come vedremo in seguito, in ogni caso nemmeno la perforazione dei
pozzi nell’area, con la messa a disposizione delle nuove conoscenze tecnologiche, è riuscita a
rendere più facile l’interpretazione dell’enigma geologicodella zona.
Il sondaggio Fossatello della Società “Petroli d’Italia” (1920-1921)
Nei primi decenni del ‘900 si sviluppa una certa attività petrolifera da parte di privati, che
si muovono però soltanto su scala regionale e con mezzi limitati. Fra questi vanno ricordate
la S.P.I. (“Società Petrolifera Italiana” in un periodo recente controllata anche dall’Eni),
fondata nel 1902 a Fornovo Taro (Parma) dal maestro elementare Luigi Scotti, che concentra
l’esplorazione sull’Appennino Parmense (Guidi, 1995), ela Società “Petroli d’Italia” (si veda
sotto). In quel periodo il Governo italiano concede, per incentivare l’industria estrattiva,
un contributo per la ricerca petrolifera su ogni metro perforato oltre i primi 300 (legge del
1911). Tale provvedimento viene ben presto vanicato dato che i sondaggi rimangono senza
successo al punto che i ricercatori vengono addirittura deniti dalla stampa
“trivellatori delle
casse dello stato”
(Enaudi, 1911).
Le ripetute segnalazioni di manifestazioni di idrocarburi nella zona di Tramutola spingono dei
privati ad intraprendere la ricerca nella Valle del Fiume Agri e più precisamente lungo l’ultimo
tratto del Rio Cavolo suo afuente di destra, dove secondo la nota dell’Ing. Crema (1902) esse
erano più presenti. Sulla base di quest’ultima pubblicazione, durante l’anno 1909, si sviluppa
una vivace corrispondenza tra il Comune di Tramutola, il Prefetto di Potenza ed il Ministero
dell’Agricoltura, Industria e Commercio, riassunta da Alliegro (2013, pp. 38-43) ed indicata da
lui come “un dialogo tra sordi”, che non ha infatti alcun esito in termini di effettivo investimento
nel territorio (Consiglio Comunale di Tramutola, 1909 a, b; Ministero AIC, 1909 a, b).
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È in quel periodo iniziale che il Deputato Francesco Perrone (Saponara Di Grumento in Val
d’Agri attualmente chiamato Grumento Nova, 1867 – Napoli,1923), avvocato, benefattore,
appassionato di archeologia (Mastrocinque, 2008), docente universitario e due volte
sottosegretario del Governo Nitti (1919-1920), di cui la seconda volta per la Marina Mercantile,
i Combustibili e l’Aeronautica civile (es. Perrone, 1900, 1913, 1920a, b), si occupa intensamente
di incentivare le ricerche petrolifere (Lotierzo, 2004; Alliegro, 2013, pp. 46-51). Egli si dedica
alla realizzazione di un programma ricostruttivo per la Basilicata, constatando il suo carattere
prevalentemente agricolo, e preoccupandosi soprattutto del forte tasso di analfabetismo e
della scarsa preparazione tecnica della popolazione, che comportava uno stato di inferiorità
con conseguente emigrazione dei lucani. Perrone favorisce l’istituzione di molteplici scuole,
asili infantili e di ospizi sul territorio; si occupa della viabilità e dei trasporti, delle comunicazioni
telefoniche, dell’avvio di indagini geologiche per la costruzione di un lago articiale e delle
esplorazioni petrolifere (su quest’ultimo argomento egli si dilaga ampiamente nel suo libro del
1913). Il suo ruolo nell’inizio delle ricerche petrolifere a Tramutola e a Cersosimo viene elogiato
in un articolo ad egli dedicato in occasione della sua morte nel giornale “Il Mezzogiorno” del
31 luglio 1923.
Da un documento scritto il 16 dicembre 1929 dal Comm. Avv. Alfredo Rossi (all’epoca Vice
Presidente del Consiglio Provinciale dell’Economia di Potenza), si ricostruisce la storia dei primi
passi della ricerca petrolifera nella Val d’Agri, con il primo sondaggio nell’area di Tramutola. Il
documento, qui riferito come “Rossi (1929)”, è integralmente riportato in Padula (1976, p. 207-
216), riassunto parzialmente da Bonarelli (1997) e citato ampiamente da Alliegro (2013, p. 59).
Nel presente lavoro lo stesso documento viene riassunto con alcune aggiunte e precisazioni,
come segue in questo paragrafo.
É così che il 01 e il 03 dicembre 1912, in virtù della legge del Governo borbonico del Regno
delle due Sicilie del 17 ottobre 1826 (del 1923 secondo Alliegri, 2013, pp. 43) (evidentemente
ancora in vigore), la Società “Petroli d’Italia”, rappresentata dall’Avv. Giulio Galli, stipula a
Milano dal Notaio Pisani, con 87 proprietari terrieri della zona, un contratto di concessione per
la ricerca e lo sfruttamento di questo presunto bacino petrolifero (Pisani, 1912)(1). Nello stesso
anno due articoli giornalistici citati da Alliegri (2013, p. 45), testimoniano la sensibilitá locale per
gli investimenti petroliferi a venire (Il Ribelle, 1912; Il Risveglio, 1912). La durata della concessione
è di 29 anni a partire dalla prima trivellazione, con un termine di 2 anni per l’inizio dei lavori
a Tramutola, che avviene peró solo nel 1920. L’Ing. C. Crema, autore dello studio citato del
1902, sovrintenderà per conto della “Direzione Generale dei Combustibili” all’esecuzione
del sondaggio Fossatello, col quale si accerta l’estendersi in profondità delle manifestazioni
petrolifere per diverse decine di metri. La sonda, dopo aver attraversato l’Eocene per una
quarantina di metri, incontra i calcari triassici dai quali fuoriesce acqua sulfurea con una portata
sempre crescente, che si stabilizza poi in 200 litri/minuto a 142 metri; a questa profondità lo
scalpello entra in un lembo argilloso ed il sondaggio viene sospeso a maggio 1920 (cf. Aronica,
1959; scheda 140158/11, 74N). Nel 1922 viene montato un macchinario chiamato “sonda del
tipo canadese”, per raggiungere la profondità di mille metri, ma il foro viene abbandonato
per la venuta delle acque sulfuree.
Nel frattempo (1921) lo Stato italiano ha esteso agli idrocarburi il principio della demanialità
del sottosuolo, per cui si verica la necessità di richiedere una nuova concessione al Ministero
competente. Sono sufcienti queste prime difcoltà tecniche e burocratiche per far desistere
dall’impresa a Tramutola, anche se alcuni anni dopo (1924), la Società “Petroli d’Italia” ottiene
dal Ministero dell’economia Nazionale l’autorizzazione a proseguire le ricerche in zona. Lo stesso
Ministero ha comunque poco prima autorizzato (nel 25 marzo 1924) la S.P.I. a continuare la ricerca
in Italia. Il Ministero pensa poi di associare lo Stato ad una costituenda società denominata “Il
Petrolio Italiano”, con una convenzione che viene però dichiarata in seguito decaduta perché la
società non è stata costituita nei termini indicati (n qui riassunto con modiche da Rossi, 1929).
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Le incertezze a riprendere i lavori a Tramutola erano in quel periodo in verità anche dovute
alla totale mancanza di un rilievo geologico dettagliato applicabile alla ricerca petrolifera.
Bisogna, comunque, ricordare che all’inizio del ‘900 il giudizio geologico nell’ambito della
ricerca petrolifera era molto limitato. Come ci ricorda Faber (1946), Van Waterschoot van der
Gracht (1929) nota che
Meno di dieci anni fa il lavoro dei <rockhounds> era ancora giudicato
in modo piuttosto scettico. Era divenuta una moda mantenere un dipartimento geologico, ma
molte direzioni lo consideravano comunque in fondo alla stessa stregua di categorie come
quelle degli astrologi e di lettori di fondi di caffè!
(tradotto dall’Olandese).
L’interpretazione alloctonista di Grzybowski (1921) ammette una struttura a grandi coltri di
ricoprimento, vedendo una falda dei carbonati del Trias in sovvrascorrimento sui “ysch”
dell’Eocene; ma questa interpretazione viene fermamente contradetta dall’Ing. C. Crema
(1925), dal Galdi (1918) e dall’Ing. C. Porro (1926), che viceversa sono più propensi ad una
interpretazione autoctonistica seguendo gli autori dell’800, al punto di ipotizzare la presenza
di un nucleo anticlinale. Nell’ottica della esplorazione petrolifera quest’ultima ipotesi è
ovviamente quella preferenziale. In una sua successiva pubblicazione Crema (1926) si
interessa ancora del problema petrolifero e si focalizza sugli orizzonti favorevoli per adunamenti
petroliferi:
“…la dolomia triassica a strutture brecciate e le arenarie e oceniche di natura più
o meno porosa. Trova inoltre che i soli terreni che possono fungere da coltre protettrici sono
quelli argillosi dell’Eocene. In quanto alla profondità da raggiungere, nella ricerca ritiene che
non dovrebbe essere superiore a poche metri, maggiori profondità sembrano da sconsigliarsi
senz’altro.
La nascita dell’Agip e gli studi geologici di Bonarelli (1924-1931)
Fig. 9 Il Conte Guido Bonarelli (Ancona, 1871 – Roma, 1951) nel
1903. Fonte: Bonarelli (1997).
Negli anni 1924-1925 scoppia una
focosa e profonda disputa politico-
nazionale, conosciuta come
“l’affare Sinclair”. Il Governo italiano,
inizialmente propenso ad un accordo
con la compagnia americana Sinclair,
la quale è alla ricerca di espansione
al di fuori del proprio territorio, deve
far annullare, sotto pressione del
Parlamento, il relativo accordo di
permesso di ricerca (decreto legge
del 1924) precedentemente concesso.
Tutto ciò si svolge in un clima politico
rovente, dominato dalla entrata al
potere da due anni dei fascisti, dalla
uccisione del leader carismatico di
sinistra Giacomo Matteotti (che aveva
accusato la Sinclair di aver pagato
illegalmente politici e addirittura il
Re), e dall’esistenza di vari articoli e
proposte politiche, come quelle del
grande economista e polemista di
centro-destra Don Luigi Sturzo, il quale
disegna lo schema di ció che deve
diventare la prima società petrolifera
italiana controllata dal Governo:
l’Agip. Il 19 Maggio 1926 (decreto
legge 3 aprile 1926 n. 556) venne
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dunque costituita “l’Azienda Generale Italiana Petroli” (Agip) che inizialmente, comunque, non
si dimostra interessata alla ricerca petrolifera nell’area della Val d’Agri(8).
Gli eventi che precedono l’incarico del Conte Bonarelli di eseguire uno studio geologico a
Tramutola sono riassunti, nel paragrafo qui di seguito, sempre utilizzando Rossi (1929), con le
aggiunte di Bonarelli (1997, 2001) ed Alliegro (2013, pp. 54-61), e con di nuovo ulteriori aggiunte
e precisazioni.
Trascorsi pressoché 10 anni dal primo tentativo fatto dalla “Petroli d’Italia” con il sondaggio
“Fossatello”, il quale non aveva raggiunto alcun risultato, il Consiglio Provinciale di Potenza
prende l’iniziativa e decide di rivolgersi al Prof. A. Martelli, al tempo Ministro dell’Economia
Nazionale; Martelli tuttavia lascia cadere la cosa e conferma (nota 2366 dell’8 maggio 1929)
che, interpellata più volte l’Agip, questa avrebbe risposto di non essere in grado di iniziare
entro breve termine le ricerche nella zona di Tramutola.
Il Prefetto di Potenza, Comm. Dr. Ottavio Dinale, non si dá per vinto e torna ad appellarsi al
Ministro dell’Economia facendo leva sulla
volontà del Duce e del nuovo Regime
di dare
impulso alla politica del petrolio. Nel frattempo, nelle memorie descrittive della carta geologica
1:100.000 uscite nel 1925-1926 (p. es. Crema, 1926; Porro, 1926) l’Ing. Comm. Giovanni Aichino,
Direttore del R. Ufcio Geologico di Roma, riferisce ulteriormente all’interesse nel territorio
di Tramutola per la ricerca petrolifera. Poi (17 luglio 1929; nota 4388), il Ministro propone di
costituire, in base all’Art. 47 del Decreto Legge 29 luglio 1927, un Consorzio a cui afdare la
ricerca. Lo Stato dal canto suo si sarebbe impegnato a fornire in uso un impianto di perforazione
di sua proprietà, idoneo a raggiungere la profondità di 1000 mt.; più precisamente una sonda
“Bonariva” a percussione, di tipo canadese. A tale scopo viene interpellata la stessa Soc.
Bonariva di Bologna. All’Ing. Capo del Corpo delle Miniere del Distretto di Bologna vengono
richiesti ragguagli più precisi sull’impegno nanziario che il costituendo Consorzio avrebbe
dovuto sostenere per un sondaggio di tale profondità (nota 1181 del 5 agosto 1929).
Paralellamente, ed a seguito di una serie di sedute del Consiglio Provinciale dell’Economia
di Potenza, che si svolgono tra il 27 giugno ed il 16 di dicembre 1929, si interpella inne il
“prospettore” Giulio Brogi, perché si pronunciasse sulla convenienza di eseguire o meno uno
studio denitivo sui presunti bacini petroliferi della Val d’Agri. La prospezione viene eseguita
dal Brogi durante la primavera del 1930, il quale avrebbe individuato l’esistenza di
due bacini
petroliferi comunicanti fra loro”.
Ben presto si verica che non ci sono sufcienti fondi per la realizzazione del Consorzio di cui
sopra, ed al ne di ottenere uno studio completo e denitivo il Consiglio Provinciale di Potenza
delibera di dare un preciso incarico a geologi professionisti specializzati in ricerche petrolifere;
non rimane quindi che rivolgersi al Consiglio Nazionale della Ricerca, il CNR, organismo sorto da
poco, e nello specico al suo Comitato per la Geologia (delibera del Consiglio Provinciale del
23 giugno 1931). La Giunta di detto Comitato prende a cuore la cosa e propone all’unanimità
(presenti i Proff. Gortani, Martelli, Sacco e Stefanini) di afdare lo studio al collega Conte Prof.
Guido Bonarelli (Fig. 9), in quel momento in trasferta per l’Agip nell’Italia meridionale, e molto
stimato dallo stesso Prof. Martelli il quale diviene poi Presidente dell’Agip no al 1935. Durante
gli anni ’20 e ’30 Bonarelli esegue per conto dell’Agip numerosi rilevamenti nel territorio
italiano (Bonarelli, 2001; pp. 61-73), essendo incaricato di una consulenza per la Direzione
dell’Esplorazione della allora nuova azienda parastatale (n qui riassunto con modiche da
Rossi).
Accettato l’incarico, Bonarelli esegue il lavoro nella primavera-estate del 1931, e fa arrivare
nello stesso anno al Consiglio Provinciale dell’Economia di Potenza la sua relazione sull’area
di Tramutola. Il Consiglio, ricevuto il manoscritto, ne ordina l’immediata pubblicazione (3
agosto 1931). Bonarelli invia una copia del manoscritto anche al Prof. M. Gortani del CNR,
al quale scrive così:
Lo mi auguro che a Tramutola si faccia una perforazione profonda con
prelevamento di carote (…). Mi preoccupa un poco lo spessore dei calcari, ma se le stime di
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De Lorenzo rispondono a realtà è da sperare che questa perforazione ci dica cosa c’è sotto i
calcari.
(Bonarelli, 2001, p. 72). Il Prof. Gortani successivamente edita un volume del Giornale
di Geologia (1932) in cui dà ospitalità al lavoro di Bonarelli.
Dopo questo riassunto bisogna fermarsi brevemente sull’interpretazione geologica della zona
di Tramutola del Bonarelli. Egli sostanzialmente segue i concetti autoctonistici, modicando
però lo schema stratigraco precedente di Baldacci & Viola, De Lorenzo, Crema, Galdi e
Porro, nel senso che attribuisce tutte le serie aforanti al Triassico, sia quelle carbonatiche sia
quelle dei “ysch”, un’idea che 33 anni dopo viene denita senza scrupoli da Scandone e
Sgrosso
completamente nuova, ma del tutto priva di fondamento
(1964, p. 168). Bisogna
considerare però che nell’ottica interpretativa del Bonarelli tutta l’area si trova in nestra
tettonica sotto i calcari cretacici, con un nucleo nei calcari triassici (es. Rupe del Cavolo), il
chè era al momento non solo l’interpretazione più semplice, ma anche quella più positiva in
termini esplorativi.
Il permesso di ricerca Tramutola dell’Agip (1932-1936)
e gli studi di Leonardi
Nella sua lettera del 21 marzo 1932 Bonarelli annuncia i suoi studi in corso di pubblicazione
all’Agip, e nella consueta relazione in tema “Ricerche Italia”, stavolta inviata all’Agip il 25 luglio
1932, allega fra gli studi da lui compiuti anche quello di Tramutola, nell’intento di stimolare la
Società ad eseguire questo sondaggio esplorativo (Bonarelli, 1932b). Torna successivamente
sull’argomento in diverse altre relazioni inviate fra il 1932 e il 1933. Infatti nella lettera del 17
nov. 1932 propone di eseguire un sondaggio “superiore a 1300-1500 metri” (Bonarelli, 1932h,
p. 3). Nella lettera inviata in data 18 Aprile 1933, a cui allega di nuovo la relazione stessa, nel
frattempo pubblicata nel Giornale di Geologia, avverte che
…posso aggiungere che nei
dintorni di Marsico Nuovo, a Nord di Tramutola, sempre in corrispondenza dei terreni triassici ivi
aforanti, si hanno altre manifestazioni petrolifere delle quali solo da poco tempo sono venuto
a conoscenza. Questo dato non è da trascurare; soprattutto viene ad aggiungere un indizio di
più a confortare la opportunità delle ricerche petrolifere in quella regione
(Bonarelli, 1933b).
L’Agip si interessa quindi alla ricerca nell’area a partire dal 1933, con l’acquisizione del
“Permesso di ricerca Tramutola”. Pertanto, durante la seconda settimana di marzo 1933,
troviamo Bonarelli con l’Ing. P. Galazzi in Val d’Agri per denire l’ubicazione del primo pozzo
esplorativo (Bonarelli, 1933e).
Nel frattempo l’Agip aveva dato incarico all’Ing. Carlo I. Migliorini di eseguire una “Ricognizione
Geologica” nella regione calabro-lucana, nella cui relazione (datata 5 giugno 1934) l’autore
conferma che il lavoro dovrebbe essere completato con
uno studio intensivo allo scopo
di delucidare le grandi linee della geologia generale
per poter procedere in un secondo
momento a studi particolareggiati. Nel marzo 1935 anche Bonarelli, cosciente del fatto che
ulteriori studi stanno portando a nuove conoscenze non sempre concordanti con le sue
osservazioni, propone degli approfondimenti geologici per approfondire la questione (Bonarelli,
1935f, e Bonarelli, 1997, pp. 9, 10).
I Professori Dore, Gortani, e Vercelli (Univ. di Bologna e Trieste), componenti il Comitato di
Consulenza dell’Agip presidiandone l’attività di ricerca, fanno visita nell’ottobre 1935 alla zona
di Tramutola insieme a Bonarelli e tre funzionari dell’Agip (Galazzi, Migliorini e Signorini), e si
trovano a grandi linee d’accordo con l’interpretazione del Bonarelli (lettere e relazioni del
14 nov. 1935; Dore, 1935). Probabilmente dietro raccomandazione di Migliorini e Bonarelli,
incaricano comunque i Proff. P. Leonardi e G. Dal Piaz dell’Università di Padova di uno studio
più approfondito.
Il 15 marzo 1936, nella sua ultima comunicazione all’Agip (Bonarelli, 1936), prima di recarsi per
un nuovo incarico in Eritrea (cf. Bonarelli, 2001, p. 77), Bonarelli ripete la sua raccomandazione
per il pozzo “medio profondo” di 1300-1600 m (p. 6). Va ricordato che infatti, nella sua relazione
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del 1932, inne, conclude che
… un prossimo domani … nessun geologo vorrà farsene bello
e il merito della scoperta dovrà attribuirsi solo alla eloquenza di una realtà insopprimibile, al
numero, alla importanza e alla vistosità delle manifestazioni superciali.”
(cf. Bonarelli, 1997).
Gortani e Dore visitano la zona insieme a Leonardi nel giugno 1936 (Dore & Gortani, 1936, p.
3) per discutere dei risultati degli studi di quest’ultimo, e per un confronto con aree limitrofe.
Il risultato dello studio viene incluso nel lavoro pubblicato molto più tardi, dopo la Seconda
Guerra Mondiale (Leonardi, 1949), e denito da Scandone e Sgrosso in una rivisita delle analisi
geologiche della prima metà del secolo scorso (1964, p. 168) “più analitico ed aderente alla
realtà”. Il ritardo della pubblicazione era dovuto al riuto, nel 1940, da parte di Migliorini, di
darne l’autorizzazione (Migliorini, 1940a; Agip, 1940a).
Fig.10 Sezione W-E (sinistra-destra) della zona di Tramutola da Leonardi (1936a). Si apprezza chiaramente
l’interpretazione dell’autore di una struttura di blocchi tiltati delimitati da faglie dirette.
Nella relazione di Leonardi, datata 17 luglio 1936, vengono sommariamente distinti tre gruppi
di formazioni geologiche (Fig. 10): 1. le formazioni clastiche “yschoidi” terziarie, 2. le formazioni
mesozoiche calcaree dolomitiche e 3. quelle scistoso argillitico-silicee. Leonardi segue i modelli
dominanti degli autoctonisti, rafforzandone il concetto secondo cui le formazioni si erano quindi
depositate in successione stratigraca in un unico bacino, il quale in età mesozoica vede prima
la deposizione delle formazioni argillitico-silicee scistose, e successivamente il riempimento da
parte di formazioni carbonatiche in un contesto ormai poco profondo. Tale bacino nell’era
terziaria viene quindi ricoperto dauna sedimentazione “yschoide clastica”(argille, arenarie e
calcareniti), parzialmente erodendo e risedimentando il substrato (Leonardi, 1936a). I rapporti
geometrici di supercie vengono spiegati con complicati movimenti deformativi subverticali
lungo delle faglie (Fig. 10). Nella formazione “yschoide”, che geometricamente viene sempre
sovrapposta a tutte le altre, vengono segnalate le manifestazioni petrolifere più interessanti.
Leonardi, in modo obbiettivo, discute i lavori precedenti di Crema, Grzybowski e Bonarelli,
e segnala diversi problemi: non vede motivi per il sovrascorrimento di cui parla Grzybowski,
alloca i “ysch” nell’Eocene e non nel Trias come Bonarelli, riconosce una deformazione
intensa a pieghe delle serie silicifere e “yschoidi”, e dubita sulla semplicità della piega
descritta da Bonarelli:
Se questa anticlinale esiste, è certamente assai complicata da una
intensa pieghettatura degli strati e da dislocazioni e fratture di varia importanza
(Leonardi,
1936a, p. 15).
All’inizio degli anni ’30 viene poi introdotta in Italia la nuova tecnologia dell’acquisizione sismica
che permette di visualizzare strutture più profonde (sviluppata durante la Prima Guerra Mondiale
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per motivi bellici ed applicata già nel Golfo del Mexico durante gli anni ‘20). Belluigi, amico e
collega di Bonarelli, introduce la tecnologia, e l’Agip acquisisce i primi proli nell’Appennino
Parmense nel 1932. Successivamente, nel 1936, il giovane ingegnere Tiziano Rocco, che si
sarebbe poi specializzato attraverso una permanenza di due anni negli Stati Uniti (1938-1940),
esegue due proli nella zona della Val d’Agri (Guidi, 2004, p. 80), con risultati però deludenti,
nel senso che il ricercato “substrato” non era affatto visibile.
Possiamo concludere che, nonostante i problemi segnalati da Leonardi e l’impossibilità di
aggiungere informazione attraverso i proli sismici, l’Agip decide comunque di perforare a
Tramutola per testare l’ipotesi dell’esistenza del giacimento.
La scoperta e lo sfruttamento del campo Tramutola (1936-1943)
Il primo sondaggio dell’Agip del 1936, denominato“Tramutola 1”, viene posizionato sulla collina
della località Macchia Michelina, sulla sponda destra del Rio Cavolo, e quindi opposto e di
fronte alle principali manifestazioni superciali del ruscello Fossatello. Si immagina che la scelta
di tale posizione fu certamente guidata dalle indicazioni del Bonarelli, che aveva suggerito
di posizionarsi al centro dell’anticlinale da lui ipotizzato. Il pozzo raggiunge livelli produttivi fra
i 190 e 270 metri; risultano modesti accumuli secondari formatisi nelle intercalazioni calcaree
ed arenacee che sono viste come rappresentanti della stessa formazione aforante: il “ysch”.
Fig.11 Un pozzo a Tramutola in fase di perforazione durante gli
anni ’30-’40, con il perforatore Antonio Simone. Fonte: Archivio
della famiglia Simone, Tramutola. L’originale è attualmente
esposto nel ristorante “Casina Rossa” a Tramutola.
Esso rappresenta in quel momento
uno dei primi successi dell’Agip
nell’Appennino meridionale.
In termini di previsione geologica, si può
affermare quindi che l’ipotesi avanzata
dall’Ing. Crema all’inizio del secolo,
cioè l’esistenza di un giacimento poco
profondo con copertura delle argilliti
eoceniche, era stata confermata,
anche se egli stesso era stato scettico
sulle estensioni del giacimento. L’idea
di Bonarelli invece di ricercare un
giacimento sotto i Calcari con Selce,
andando quindi molto più in profondità,
non veniva né vericata né confermata.
Il sondaggio infatti si fermava nei termini
“yschoidi” superciali, scoprendo già
un giacimento, ed evitando quindi di
attraversare i carbonati per vericarne
l’esistenza ad un livello più profondo.
Tale impresa veniva certamente ritenuta
un inutile dispendio economico in Italia
durante il regime fascista, un periodo
storico caratterizzato dall’impellente
necessità di fonti energetiche
prontamente disponibili. Solo con il
sondaggio Tramutola 45, alla ne degli
anni ’50, e successivamente con il pozzo
Giano Pepe negli anni ’90, sarebbe stata
testata la sua ipotesi, non necessaria nel
contesto storico degli anni ’30.
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Logica conseguenza è pertanto la perforazione, fra il 1936 e il 1943, di ben 47 pozzi (Figg. 11,
12), seguiti da Signorini, Florida, Migliorini, Jaboli, Gavotti, e Coggi. Di questi pozzi, 44 vengono
perforati col metodo a percussione e 3, a solo scopo stratigraco, col metodo rotary (tipo
“Craelius”). Nel 1941, dei pozzi produttivi 21 risultano ad olio, 3 a gas e 6 ad olio e gas. La
produzione sarà sempre mediamente molto scarsa e variabile da pozzo a pozzo, e per uno
stesso pozzo generalmente rapidamente decrescente. In genere l’olio non ha portate superiori
ai 1000 lt. al mese ed il gas, nel solo pozzo Tramutola 16 raggiunge circa 800 mc al giorno. I
livelli produttivi si trovano a piccole profondità, comprese fra i 200 e 500 metri, costituiti da
intercalazioni calcaree ed arenacee (Nasi, 1939; Agip, 1940w).
La produzione totale risulta modesta: 350.000 mc/anno di gas e 550 mc/anno di olio pari a circa
3.500 barili(bbl)/anno. La massima produzione si ha nel 1942 con 700 tonnellate di greggio (7%
dell’allora produzione nazionale, aggirandosi sulle 10.000 tonnellate l’anno). Confrontandolo,
tale quantità estrattiva annua equivale all’attuale produzione giornaliera di un unico pozzo in
Val d’Agri di media produttività (Eni, 2012). Complessivamente il campo produce circa 11.000
tonnellate di olio e 7 M Nmc di idrocarburi gassosi (Agip, 1940w).
La coltivazione del giacimento di Tramutola e la relativa produzione non subiscono molte
interferenze da parte delle operazioni belliche che investono l’Italia nel 1943. L’Appennino
Lucano infatti resta lontano dalle zone infuocate della cosiddetta Campagna d’Italia, negli
ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale. Le operazioni si fermano solo per un paio di mesi,
nell’autunno del ’43, quando il fronte passa in quella zona, ma riprendono subito dopo (Guidi,
1995).
Fig. 12 Paesaggio della zona di ricerca di Tramutola alla ne degli anni ’30 dove si intravede una sonda di
perforazione.Vista verso nord ovest. Fonte: Zuber (1940, Fig. 12).
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Studi geologici durante la produzione del giacimento Tramutola
(1936-1943; Signorini, Anelli, Migliorini)
Subito dopo i primi sondaggi a Tramutola, seguiti dall’Ing. Signorini, viene riconosciuto che i
terreni “yschoidi” in tutta l’area posano direttamente sugli Scisti Silicei. Dopo l’esame dei dati
disponibili, nel novembre-dicembre 1938 in una relazione (Signorini, 1938 a, b) che sará poi
pubblicata (Signorini, 1939a; si vede anche Signorini, 1947), Signorini mette per la prima volta
dunque in dubbio il rapporto tra i terreni calcareo-silicei sia rispetto ai calcari e le dolomie,
sia rispetto alle serie dei “ysch”, riconoscendo un contatto tettonico tra dolomie triassiche
e Scisti Silicei. In questo modo fa il primo passo verso la denizione di una serie sedimentaria
mesozoica a sé stante distinta da quella delle serie carbonatiche di piattaforma, e anche
distinta da quelle clastiche del “ysch”, serie che sarebbe poi diventata la serie lagonegrese.
Il Prof. Anelli dell’Univ. di Parma viene incaricato da Signorini nel 1938 di esaminare i dati
raccolti dal medesimo e dal Dott. Florida per conto dell’Agip e, come discusso in precedenza,
si schiera a favore dell’idea di Grzybowski dell’esistenza di una falda di carbonati galleggianti
sui “ysch”. Nel lavoro, che viene inviato all’Agip nel novembre 1938 (Anelli, 1938) e pubblicato
poi nell’anno successivo (Anelli, 1939), ricostruisce per l’area di Tramutola una tale ipotesi,
con l’eccezione che i calcari della Rupe del Corvo, vicini alla manifestazione e al nucleo
dell’anticlinale, sono visti come presenti in nestra al di sotto della serie dei “ysch” (come
ipotizzato anche da Bonarelli), risolvendo il problema che sollevano gli autoctonisti, cioè che
in casi aforanti simili le serie di “ysch” sono sempre soprastanti ai calcari. Anche se immagina
movimenti diapirici, Anelli così anticipa le idee degli anni ’90 le quali sostengono che, dovuto a
movimenti trascorrenti, alcuni elementi hanno perforato le loro coperture, e pertanto si trovano
attualmente al di sopra dei “ysch”.
I Proff. Dal Piaz e Gortani del Comitato di Consulenza dell’Agip, in una nota datata 12 dicembre
1938, prendono atto degli studi di Signorini ed Anelli, ed esprimono la necessità di estendere gli
studi a zone più ampie, dato che la presenza del campo è all’interno dei “ysch” anziché del
Trias, come si era pensato originariamente e per risolvere i problemi geometrici sollevati (Dal
Piaz & Gortani, 1938).
Dopo un soggiorno in Africa, Migliorini torna in Italia per gestire il campo Tramutola nel luglio
1939 (Migliorini, 1939e). Egli subito verica che le idee sulla geologia della zona sono ancora
assai confuse, e segue e promuove il lavoro di rilevamento di dettaglio iniziato dal geometra
Nasi su richiesta di Signorini nell’autunno 1938 (Nasi, 1939). Durante tutto il periodo della
perforazione dei pozzi del campo, dal 1939 no al 1943, Migliorini, Jaboli, Gavotti, e Coggi,
eseguono sopralluoghi per una comprensione migliore della geologia dell’area, descritti nei
vari promemoria e rapporti sul campo (es. Jaboli, 1940), indirizzati ad ottimizzare le scelte per le
postazioni dei nuovi sondaggi (Figg. 11, 12).
Per quanto riguarda la struttura del campo si ricostruisce una serie di “ysch chiaro” (attualmente
chiamati “Fm di Albidona”) al di sopra di “ysch scuri” attualmente chiamati “Fm del Cavolo”),
che coprono gli Scisti Silicei, generalmente non mineralizzati. Il contatto tra i due “ysch” è
caratterizzato da brandelli di calcari di difcile attribuzione. Attualmente si è riconosciuto che si
tratta di elementi presenti all’interno della serie soprastante (il “ysch chiaro” è ormai assegnato
alla Fm di Albidona), oppure di brandelli tettonici dei calcari della Piattaforma Appenninica,
ma ai suoi tempi questi oggetti creavano assai problemi nella comprensione della struttura,
costituendo il quarto ed ulteriore elemento anomalo dell’enigma geologico di Tramutola.
Nel 1949 esce un voluminoso lavoro di Migliorini, “I Cunei Orogenetici Composti”, in cui egli
espone una serie di idee che diventano poi fondamentali per la conoscenza e l’interpretazione
futura dell’area e che, no alla data di oggi, inuenzano profondamente i geologi italiani nelle
loro interpretazioni del sottosuolo. L’idea del cuneo tettonico, che mostra da un lato delle
faglie inverse e dell’altro delle faglie dirette, era stata sviluppata originariamente e con molta
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probabilità da Enzo Beneo (1939a, b) attraverso l’analisi della geologia della Montagna del
Morrone (Abruzzo, Appennino centrale). Per quanto riguarda l’area della Val d’Agri, Migliorini
afferma che
“…. Qui aforano per buona estensione gli “scisti silicei”, supposti triassici (7), che
ritengo costituiscano un grosso esotico nei terreni yschoidi impastati, ed in questi si osservano
faglie normali dirette a NW e con rigetto a SW. É quindi possibile che anche la catena che limita
a NE la depressione dell’Agri-Melandro sia determinata in profondità da un cuneo composto,
che avrebbe la sua sede nel substrato di calcari cretacei ed eocenici che dovrebbero
sottostare immediatamente all’ammasso caotico aforante…
(Migliorini, 1949, p. 41). E così
Migliorini prevede in modo ben preciso quello che solo 32 anni dopo, con la perforazione del
pozzo Costa Molina 1, sará confermato: la presenza di una struttura anticlinalica ad ampio
raggio nei calcari al di sotto dell’alloctono dell’area orientale della alta Val d’Agri, una struttura
che in quei tempi non si riesce a visualizzare con gli strumenti a disposizione.
Gli anni’50: la nascita dell’Eni, epoca di esplorazione,
gli studi di Lazzari ed il Pozzo Tramutola 45
Va ricordato che l’Agip in questo periodo continua sempre a dedicare una certa attenzione
all’esplorazione di diversi temi nell’area degli Appennini; tra il 1937 ed il 1943, basandosi
sugli studi di Migliorini, vengono perforati tre pozzi sterili in provincia di Matera, Genzano 1, 2
e 3. Successivamente, nel 1949, l’Agip e la Società R.P.M. (Ricerche Petrolifere Meridionali)
riprendono la ricerca nell’area Bradanica con il Pozzo Gaudiano 1, sterile anch’esso. Solo negli
anni ’60 le previsioni di accumuli di idrocarburi nei carbonati nella fossa Bradanica saranno
confermate (Sella et al., 1988).
Fig. 13 Prof. Antonio Lazzari (Castro, 1905-Napoli, 1979), geologo
e professore all’Università di Napoli, allievo di Giuseppe De
Lorenzo e consulente dell’Agip in una fotograa del 1950.
Fonte: archivio famiglia Lazzari.
Dopo la costituzione dell’Eni (decreto
legge del 21 gennaio 1953) in cui
conuisce l’Agip mineraria, si ha alla ne
degli anni ’50 e durante gli anni ’60 una
ripresa dell’attività esplorativa, per far
fronte alla continua pressione da parte
delle aziende straniere di poter eseguire
le ricerche minerarie nell’Italia del dopo
guerra. Enrico Mattei, Vice Presidente
dell’Agip dal 16 giugno 1948, alla guida
dell’azienda Eni no alla sua tragica
morte che avviene nel 1962(9), conduce
l’esplorazione per affrontare il problema
del fabbisogno energetico nazionale
di un paese in pieno sviluppo. A partire
del 1957, con la nuova legge petrolifera,
aumentano considerevolmente sia le
aree coperte da permessi che le
compagnie impegnate nelle ricerche.
In tale periodo vengono condotti anche
ampi studi regionali, e qui va citato il
lavoro svolto da Antonio Lazzari, Professore
dell’Università di Napoli (e allievo di De
Lorenzo) (Fig. 13), che dopo un’esperienza
in Albania trascorsa alla Direzione
dell’Esplorazione dell’Agip, preferisce
insegnare Geologia e poi Geograa
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Fisica in tale Università. Rimane consulente dell’Agip (la quale nel frattempo ha richiesto ed
ottenuto dal Ministero nel 1955 l’ampio permesso di ricerca denominato “Lagonegro”) no alla
ne degli anni ’50, svolgendo interessanti studi regionali soprattutto nell’Italia meridionale che
conosce a fondo (relazioni tra 1956-1957 sull’area di Tramutola; Lazzari, 1956-57a,b,c,d,e,f; si
veda anche Lazzari, 1957; Alliegro, 2013, pp. 69-70). Durante gli studi Lazzari rivela per la prima
volta l’esistenza di sedimenti di etá giurassica, e giunge alla conclusione che i “ysch” sono
franati dalle montagne carbonatiche nelle
“valli ondulate e ondeggianti”
. Quest’ultima idea
seguiva un modello sviluppato negli Appennini settentrionali da Merla (es. 1952) con cui Lazzari
teneva una frequente corrispondenza, ed in Sicilia da Flores (es. 1955) e Beneo (1956). Tale
modello descrive come il bacino, sviluppandosi sul solco dei calcari autoctoni, abbia accolto
nel tempo anche grosse coltri di masse gravitative attualmente presenti all’interno della serie
stratigraca, denite “olistostromi” (per esempio le “Argille Scagliose Varicolori” appenniniche
e siciliane).
Conclusione delle indagini è il convincimento, simile a quanto affermato dal Bonarelli in
precedenza, che una produzione petrolifera consistente può trovarsi soltanto nelle formazioni
seppellite più in profondità, di cui però neanche con la sismica a riessione degli anni ’50
è possibile visualizzarne la geometria (si veda anche la successiva pubblicazione di Lazzari,
1959a). Lazzari propone peró i Calcari con Selce come obbiettivo, in contrasto con Bonarelli
che proponeva di attraversarli del tutto.
Nel 1958-1959 viene perforato Tramutola 45, un pozzo stratigraco profondo, nell’intento di
raggiungere il substrato calcareo, posizionato sulla sponda orientale della Valle del Cavolo
a soli 116 metri a nordest del primo pozzo Tramutola 1 (Francalanei & Visintin, 1958) ed in
centro del campo di cui la produzione era ormai in forte declino (Figg. 14, 15). La perforazione
non ha alcun esito e la profondità raggiunta è di 2000 metri (Agip, 1996). In base all’attuale
conoscenza geologica il pozzo, dopo aver perforato 145 metri di “ysch”, ha attraversato
l’Unità Lagonegrese nel seguente modo: 1. la Fm dei Scisti Silicei no ad una profondità di 479
metri, 2. no ad una profondità di 1697 metri la Fm dei Calcari con Selce, 3. entrando poi in una
serie mista di argille nere, scisti silicei e calcari con noduli di selce no a 2000 metri di profondità.
L’interpretazione di questa serie lascia inizialmente molti dubbi; correlando la parte profonda
con la parte superiore del pozzo si interpreta il tutto come risultato di una piega corrugata,
o almeno di un anco rovesciato. Altre interpretazioni del periodo ritengono che ci sia un
sovrascorrimento all’interno della serie lagonegrese con una ripetizione alla profondità di 1697
metri. La conoscenza attuale dell’area ci consente di affermare che, in realtà, il contatto
poco profondo a 145 metri tra “ysch” e serie lagonegresi è comunque di natura tettonica
(una faglia diretta), ed inoltre la parte basale della serie perforata potrebbe ugualmente
appartenere alla transizione dalla formazione dei Calcari con Selce alla formazione di Monte
Facito, parte basale delle serie lagonegrese (Agip, 1959b).
Riettendo su questo risultato e confrontandolo con le idee espresse dal Bonarelli, che
purtroppo non ha avuto la possibilità di presenziare alla verica delle sue ipotesi essendo
deceduto nel 1951, si può notare che la preoccupazione espressa dallo stesso sullo spessore
dei calcari veniva confermata: essi erano troppo spessi o ripetuti e non si riusciva a perforarli
del tutto. Il pozzo più che altro vanicava l’ipotesi ottimista di Lazzari che nelle serie dei Calcari
con Selci (oggi incluse nelle Unità Lagonegresi) potesse esistere un serbatoio.
I primi risultati positivi dell’esplorazione profonda in Appennino meridionale li ottiene l’Agip
nel 1959 con la scoperta dei campi a gas di Grottole-Ferrandina e di Pomarico, nonché
del campo ad olio e gas di Pisticci nel 1960, tutti situati nella provincia di Matera, sul bordo
dell’Alloctono Appenninico, nella fossa Bradanica lungo il Fiume Basento (Sella et al., 1988;
Verrastro, 2002).
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La chiusura del Campo di Tramutola
Subito dopo la ne della Seconda Guerra Mondiale il Dott. Lido Lucchetti, vero pioniere del
cantiere, riassume nella sua relazione nale del settembre 1946 lo stato della conoscenza
sul campo di Tramutola, e conclude che il giacimento è ormai integralmente esplorato,
consigliando di non continuare con la perforazione di nuovi pozzi (attività che in realtà si era
già arrestata subito dopo il 1943).
L’allora Sindaco di Tramutola Giuseppe de Marca manda al Ministero dell’Industria e del
Commercio diverse lunghe lettere (27 agosto 1947, 4 luglio 1949), e consegna al Presidente
del Consiglio On. De Gasperi, durante la sua visita a Tramutola per l’inaugurazione dei lavori di
un impianto d’irrigazione, un’appassionata lettera, per chiedere la prosecuzione delle attività
petrolifere nella zona di Tramutola (riprodotte in La Padula, 1976, p. 219-224).
Dopo un lungo periodo di declino della produzione ed il fallimento dell’esplorazione di livelli
più profondi con il pozzo Tramutola 45, la Società Agip decide inne di abbandonare la
concessione di Tramutola. Questa decisione è testimoniata da una lettera datata agosto
1959 rmata da Enrico Mattei, che riassume la situazione della ricerca nell’area (riprodotta
in Padula, 1976, p. 229-233) (rinuncia pubblicata nell’agosto 1959 nel Bollettino Ufciale degli
Idrocarburi del Ministero dell’Industria e Commercio, n. 509).
Un unico pozzo, Tramutola 2 (1936, TD 404.4 m.), posizionato sulla sponda sinistra vicino al
Torrente Fossatello e dunque anche vicino al primissimo pozzo Fossatello 1, rimane aperto
no alla data di oggi (Marotta, 2011; Scavone, 2012). Esso ha una considerevole fuoriuscita di
acque sulfuree termali con gas associati, e viene esclusivamente utilizzato per importanti studi
scientici (es. Martelli et al., 1999; Italiano et al., 2000, 2001; Colangelo et al., 2005)(10).
Bisogna sottolineare che in quel periodo ancora non si riesce, nonostante gli strumenti a
disposizione, a visualizzare la struttura del substrato sotto le coltri alloctone, e l’area di Tramutola
viene considerata sfavorevole all’esplorazione sotto i Calcari con Selce, dato che in altre aree
gli stessi aforano direttamente nelle anticlinali lagonegresi, presentando quindi condizioni più
favorevoli all’esplorazione (Agip, 1959b).
Fig.14 Uno dei pozzi del campo di Tramutola durante la produzione. Fonte: Archivio storico dell’Agip.
Fig.15 Operai in cantiere negli anni ‘50. Fonte: Archivio privato Remo Oriolo, Tramutola (Marotta, 2001).
Sempre durante gli anni ’50 molti autori riassumono lo stato dell’arte della conoscenza sull’attività
petrolifera italiana, tra cui Beneo (1960) il quale, come rappresentanza del mondo petrolifero,
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segue la scuola degli autoctonisti, introducendo inoltre delle falde e masse gravitative, come
anche Lazzari (si veda sopra), e lo stesso Beneo in Sicilia (1956), seguendo Flores (1955), e Merla
(1952). E con questi nuovi concetti si apre una nuova era di ricerche.
Anni ’60: l’apice della disputa scientica
Dopo una relativa stasi di 20 anni degli studi scientici (dalla seconda metà degli anni ’30
no alla prima metà degli anni ’50), a parte degli studi per conto dell’Agip di Signorini (1939),
Anelli (1939), Migliorini (1949) e Lazzari (1959), si cominciavano ad acquisire nuove informazioni
importanti sull’area degli Appennini meridionali nella seconda metà degli anni ’50 ed all’inizio
degli anni ’60.
Vengono quindi eseguiti nuovi studi di geologia di supercie da parte della Scuola Francese,
che basa le sue analisi sull’ampia conoscenza della geologia delle colonie del Nord Africa
(Marocco, Algeria, Tunisia), nonché dei successivi studi in Sicilia edin Calabria. I risultati vengono
riassunti nelle prime brillanti sintesi di Glangeaud (1952), Caire et al. (1960), e Grandjacquet et
al. (1961), che si schierano con gli alloctonisti descrivendo una complessa catena a falde di
sovrascorrimento. Tali sintesi vengono poi seguite dai più dettagliati lavori di Grandjacquet
(1961, 1962a,b, 1963) e Bousquet & Grandjacquet (1969).
In Italia meridionale gli studi del Prof. Raimondo Selli dell’Università di Bologna costituiscono
il primo passo decisivo verso l’accettazione delle teorie degli alloctonisti. Egli si focalizza sui
depositi “yschoidi” e mette a punto una serie di denizioni delle principali formazioni, tuttora
riconosciute valide. Nella sintesi di Selli (1962, 1964) viene ipotizzato che le serie lagonegresi
e quelle dei “ysch” costituiscono grosse falde gravitative che si sono introdotte nel bacino
lucano da ovest verso est, provenientida un’area di sedimentazione ad ovest della piattaforma
carbonatica, ridenendo le serie dei “ysch” “Silentino-Lucano” simili alle masse gravitative
descritte da Beneo.
Nel periodo successivo le serie stratigrache vengono poi ricostruite da diversi autori con
notevole dettaglio analitico, riconoscendo che le formazioni geologiche dell’Appennino
meridionale si sono depositate contemporaneamente in bacini sedimentari riconducibili ad
aree paleogeogracamente distanti. Di questi anni di studi vengono soprattutto ricordate
le estese e dettagliate analisi del Prof. Paolo Scandone con i suoi colleghi e collaboratori
dell’Universitá di Napoli (es. Scandone, 1967, 1968, 1969, 1971, 1972, 1975; Scandone & Sgrosso,
1964; D’Argenio et al., 1973; Boni et al.; 1974; Scandone & Bonardi, 1975). Grazie a quei nuovi
studi una concezione completamente diversa si delimita dunque nel mondo scientico:
vengono ricostruite due aree, una di mare basso e prevalentemente di sedimentazione
carbonatica, denominata “Piattaforma carbonatica Appenninica”, ed una di mare profondo,
denominata “Bacino Lagonegrese”, costituita dalla serie calcareo-silico-marnosa. Il dibattito si
focalizza a questo punto sui rapporti tra queste due aree.
L’importanza di tale ricostruzione è basata sul fatto che le serie aforanti, per esempio nell’area
di Tramutola, non possono essere più allocate in un’unica successione stratigraca, come
sostenuto nelle ipotesi degli autoctonisti (De Lorenzo, Galdi, Crema, Porro, Bonarelli, Leonardi,
Lazzari), ma appartengono a due serie distinte parallele, successivamente venute in contatto
tettonico. La natura di tale contatto diventa però argomento principale del dibattito, che
durerà ben 10 anni. Bisogna riconoscere, a distanza di quasi 50 anni, che la difcoltà di accettare
l’ipotesi dell’alloctonia completa della piattaforma carbonatica era probabilmente dovuta a
tre fattori: 1.alcuni dei primi alloctonisti (es. Grzybowsky ed Anelli) allocavano la piattaforma
anche al di sopra dei “ysch” (contatto geometricamente dedotto ma non osservabile ed
effettivamente inesistente secondo le conoscienze attuali); 2.era difcile stabilire le età relative
tra le due unità entrambe mesozoiche, per accertare che si trattava di “antico su più recente”,
e 3.l’alloctonia della piattaforma signicava che i due bacini dovevano stare originariamente
in un rapporto geograco completamente opposto (Appennino ad ovest) rispetto a quanto
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sostenuto dagli studiosi autorevoli, come inizialmente Sacco, Dal Piaz, Bonarelli e Porro, e
poi Selli, Scandone e Accordi negli anni ’60. Nello stesso periodo comunque si ricostruisce
un importante sovrascorrimento all’interno della serie lagonegrese, dividendola in due unitá
tettonostratigrache ben distinte (Scandone, 1961, 1967). Inoltre diversi grandi scorrimenti tra
unità di piattaforma carbonatica e unità bacinali come lagonegrese e molisane, vengono
riconosciuti ed accettati anche da chi difende l’idea di una relativa autoctonia.
Troviamo tracce del focoso dibattito(11) sopratutto nei lavori di chi opta per la relativa autoctonia
(es. Accordi, 1966; Scandone, 1967, 1972; D’Argenio, 1973), mentre la scelta per la completa
alloctonia (es. Grandjacquet, 1961, 1962a,b; Ietto, 1963, 1964, 1965; Manfredini, 1963) alla ne
viene premiata dai risultati di due pozzi esplorativi dell’Agip nell’Appennino centrale, Contursi
1 (Campania; Valle del Sele, Agip 1963, TD 3480 m.) e Trevi 1 (Abruzzo; Agip 1965, TD 3549
m.), che
provarono denitivamente lo sradicamento di tutte le piattaforme dell’Appennino
centro-meridionale (Pieri, 1966) suggerendo a Fancelli et allii 1966 l’ipotesi di una alloctonia a
vasto raggio
(Mostardini & Merlini, 1986; p. 178).
In questi anni l’esplorazione dell’area persegue, nonostante il dibattito aperto sulla totale
alloctonia delle serie aforanti. Il tema è costituito dalle anticlinali nella serie lagonegrese, con
i pozzi Tramutola 45 (TD 2000 m., Agip 1958-1959), Lagonegro 1 (TD 1447 m., Agip 1961), Pignola
1 (TD 1669 m., Montecatini-Edison 1967), spesso posizionati nelle vicinanze di manifestazioni
aforanti, ma tutti con risultati sterili. Non c’è da merivigliarsi dunque se Scandone, nel 1971,
prendendone atto conclude che la ricerca di un livello profondo di calcari (triassici) al di
sotto della Fm dei Calcari con Selce lagonegresi (come proposto da Bonarelli) sarebbe un
errore, visto che gli stessi giá aforano in alloctonia, sono poco spessi e non sono mineralizzati
(Scandone, 1971, p. 64). Nell’ottica della conoscenza attuale possiamo dire che, invece, tali
pozzi non erano abbastanza profondi per attraversare tutto l’alloctono e, se pure lo fossero
stati, avrebbero trovato una piattaforma carbonatica sotto la catena ma non avrebbero
trovato il giacimento della Val d’Agri.
Nell’area della Fossa Bradanica invece gli anni ’50 e ’60 sono fertili e con buoni risultati;
vengono infatti scoperti cinque campi a gas ed uno ad olio e gas, tutti economicamente
interessanti. Negli anni successivi le scoperte continuano, ma con risultati meno costanti
e comunque modesti (Sella et al., 1988). Dopo questo periodo di esplorazione senza esito
nella catena Appenninica, si verica una stasi dell’attività di perforazione, mentre inizia una
sistematica acquisizione di dati geosici.
Fig. 16 Sezione regionale orientata SO-NE attraverso l’Appennino meridionale e posizionata sulla Val d’Agri.
Modicata da Prosser et al. (1996) e Tavernelli & Prosser (2003). Fonte: Parco Nazionale dell’Appennino Lucano - Val
d’Agri - Lagonegrese (2012).
(A) SW
Unità
liguridi
Piattaforma
Appenninica
Piattaforma
Apula
Avanfossa
Pliocene - Pleistocene
Unità Sicilidi, Irpine
e Lagonegresi
(A’) NE
Vallo di Diano Tricarico
0
4
8 km
Val d’Agri Monte Volturino
Unità della Catena Appenninica
0 10 km
Il periodo si conclude quindi con la pubblicazione delle grandi sintesi della geologia
dell’Appennino meridionale, l’area Calabro-Lucano e l’Arco Calabro, ad opera di André
Caire (1970), Leo Ogniben (1969, 1973), Jean-Claude Bousquet (1971, 1973), e Paolo Scandone
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(1967, 1972, 1973). Il comune denominatore di tali sintesi, per quanto riguarda la catena degli
Appennini meridionali, è dunque la ricostruzione di una catena di falde composta dall’alto
verso il basso, di provenienza paleogeograca dall’ovest verso est, e cioè (Fig. 16): la falda del
cristallino calabrese con provenienza “europea”, la falda liguride (“silentina”) composta da
depositi bacinali epi-metamorci e “ysch eocenici”, la falda della piattaforma carbonatica
appenninica, ed inne le falde lagonegresi. É così che si conclude tale disputatra autoctonisti
ed alloctonisti, dopo ben 50 anni di ricerche e dibattiti. Questa situazione era stata comunque
strettamente legata alla più grande disputa scientica internazionale sulla deriva dei continenti,
svoltasi durante lo stesso periodo, e conclusasi con la scoperta del meccanismo della Tettonica
delle Placche, causa dei grandi movimenti dei continenti e responsabile per le enormi entità di
spostamenti delle falde osservate nelle catene deformative(12). Chiudendosi un’epoca quindi,
ne inizia comunque un’altra fatta di nuovi pensieri e nuove preoccupazioni scientiche.
Gli anni ‘70-’80: l’esplorazione geosica, la grande scoperta
Durante gli anni ’70 e ’80 continuano gli studi di geologia di supercie e la costruzione di
varie ipotesi sulla costituzione e la ricostruzione della catena di falde al di sopra delle serie
lagonegresi. Seguono diverse sintesi con diversi modelli che prevedono l’esistenza di una, due
o addirittura tre o più piattaforme carbonatiche (Panormide, Campano-Lucano, Matese,
Abruzzo-Campano…), con bacini intermedi (Lagonegro, Molisane, Foraporte, Lucano…). Per
un interessante e divertente racconto sulle varie opinioni ed idee paleogeograche, si riferisce
ad una nota del Prof. Bruno D’Argenio dell’Università di Napoli, scritta nell’occasione del 74°
Congresso della Società Geologica Italiana a Sorrento nel 1988 (D’Argenio, 1988).
Di maggior impatto sulle ricerche petrolifere è però l’esistenza di un ormai generale consenso
all’ipotesi che tutte le unità aforanti sarebbero alloctoni, ed a loro volta galleggianti su una
ipotetica piattaforma carbonatica più esternae sepolta, nonché il fatto che questo substrato
poteva eventualmente a sua volta mostrare delle strutture anticlinaliche, come già ipotizzato
nel lontano 1941 da Migliorini ed anche evidente nei lavori del geologo francese Bousquet
(1973).
Dopo i proli sismici di rifrazione eseguiti già dagli anni ’30 in poi, negli anni ’60 vengono
registrate le prime linee sismiche a riessione 2D ad opera della Società Montecatini Edison
(circa 50 km complessivi). Ma è a partire dal 1975 che la consociata Petrex (spesso operatore
per conto Agip in diverse“Joint Ventures” nell’area italiana), riprende dopo circa 30 anni la
ricerca nell’area della Val d’Agri. Nel 1979 l’Agip, consociata con la Montedison, afda alla
societá “Ricerca ed Interpretazioni Geosiche” (RIG) un’importante programma di acquisizione
di linee sismiche col permesso “Viggiano” (es. Alliegro, 2013, pp. 75-76). Alla Petrex poi viene
concesso il permesso “Monte Alpi” nel 1984, ed anche qui il lavoro inizia con una massiccia
campagna di acquisizione sismica che va ad aggiungersi ai dati dei rilievi gravimetrici e
magnetici che ricoprono ormai interamente l’Appennino meridionale. É da notare che nel
1974 Agip e Montedison scoprono più a Nord il campo ad olio di Benevento.
Con i nuovi strumenti a disposizione nalmente si riesce a visualizzare il substrato, anche se la
qualità della visualizzazione del relativo riettore sismico dipendeva molto dalla morfologia
e tipologia del terreno aforante. Non c’è da meravigliarsi quindi che i primi pozzi perforati
fossero localizzati nelle aree dove il riettore sismico era meglio visibile, anziché in quelle dove
la struttura era magari più promettente.
Il primo pozzo perforato con la nuova tematica di ricerca sopra riferita fu Costa Molina 1, nel
1981, posizionato sulla sponda nord-orientale della Val d’Agri, ed effettivamente nel luogo
dove Migliorini aveva immaginato la presenza di un anticlinale sepolto. Il pozzo accerta la
mineralizzazione ad olio della sepolta serie carbonatica profonda, che attualmente viene
chiamata “Piattaforma Apula Interna” (PAI)(13). A questa scoperta, di grande attuale valore
petrolifero, si aggiunge l’informazione che la sovrapposizione tettonica dell’alloctono
Cento Anni di Ricerca Petrolifera - L’Alta Val d’Agri (Basilicata, Italia meridionale)
Van Dijk, J.P., V. Afnito, R. Atena, A. Caputi, A. Cestari, S. D’Elia, N. Giancipoli, M. Lanzellotti, M. Lazzari, N. Oriolo, & S. Picone
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è di età Pliocene medio, essendo ancora presenti i sedimenti clastici del Messiniano e del
Pliocene inferiore sulla Piattaforma Apula Interna. Nonostante la sua attuale importanza nel
mondo petrolifero, la scoperta all’epoca comunque non suscita grandi entusiasmi, sia per la
scarsa qualità dell’olio che per il modesto pay (produzione giornaliera). Durante gli anni ’80
l’esplorazione prosegue attraverso tutta una serie di permessi di ricerca e diverse J.V. (Alliegri,
2013, pp. 82-94), con risultati alterni per mezzo dei pozzi Costa Molino, Caldarosa e Tempa
del Vento. Solamente il pozzo Monte Alpi 1 (1988; Operatore Petrex, in Joint Venture con
l’Enterprise) ed il pozzo Tempa Rossa 1 (1989; Operatore Fina, in JV con Lasmo ed Enterprise),
confermano la presenza di importanti giacimenti nell’area della Val d’Agri.
Fig.17 Monte Alpi di Latronico, panoramica verso est. Nella montagna afora la Piattaforma Apula Interna che a 30
km più a nord ospita il giacimento della Val d’Agri. Fonte: van Dijk et al. (2000b).
Piedi d’Alpi
Monte Alpi M.Teduro
T.Carlone
Ianazzo
Bagni
S.Croce
Gli anni ’80 e la prima metà degli anni ’90: un nuovo dibattito
Nel frattempo un nuovo dibattito si delimita all’interno della comunità scientica italiana
ed internazionale. Esso riguarda la struttura degli Appennini meridionali, la cui ricostruzione
è basata su alcune osservazioni nelle zone di aforamento dei massici carbonatici,
nonché sui nuovi dati disponibili attraverso le perforazioni. Secondo le affermazioni di tutti
gli autori scientici coinvolti, i carbonati del substrato che sono tettonicamente al di sotto delle
serie alloctoni dovrebbero, in teoria, mostrare una serie stratigraca più giovane rispetto alle
serie alloctone stesse in aforamento, data la loro originaria posizione più esterna e la loro
consequenziale incorporazione nella catena deformativa in episodi geologici più tardivi.
Con i primi pozzi esplorativi degli anni ’80 di Costa Molina e successivamente Monte Alpi, non
solo le ipotesi “azzardate” di Migliorini e Bousquet erano state confermate, ma era anche stata
trovata una piattaforma più giovane e quindi più esterna, denominata “Piattaforma Apula
Interna”. Il punto è però che alcuni massici carbonatici aforanti, come i massici montuosi nel
Parco del Pollino vicino a Castelluccio (Grandjacquet, 1963), e la montagna “Monte Alpi di
Latronico” (De Lorenzo, 1895; Selli, 1957; Grandjacquet, 1963; Ortolani & Torre, 1971; Scandone,
1972), erano già stati indicati in precedenza come candidati di una piattaforma più esterna
simile alla Catena del Matese negli Appennini Centrali (ma sempre facenti parte, in ogni caso,
del dominio della Piattaforma Appenninica), ipotesi basate soprattutto sulla più giovane età
dei depositi clastici presenti su tali massici carbonatici.
Cento Anni di Ricerca Petrolifera - L’Alta Val d’Agri (Basilicata, Italia meridionale)
Van Dijk, J.P., V. Afnito, R. Atena, A. Caputi, A. Cestari, S. D’Elia, N. Giancipoli, M. Lanzellotti, M. Lazzari, N. Oriolo, & S. Picone
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Il dibattito scientico verte sull’individuazione di quale dei suddetti terreni aforanti puó a
questo punto eventualmente rappresentare la Piattaforma Apula Interna, ed esso si focalizza
su Monte Alpi di Latronico (Fig. 17), a 30 km sud della Val d’Agri. A causa della differente
interpretazione dei fenomeni visibili, le ipotesi variano tra il considerare Monte Alpi 1.una nestra
tettonica dei carbonati sepolti (piattaforma Appenninica s.l. o PAI) oppure 2.una struttura
carbonatica in sovrapposizione sui terreni circostanti (“klippe”), e dunque una rappresentante
della Piattaforma Appenninica s.l..
Il dibattito quindi raggiunge il suo apice nel 1988, durante il 74° Congresso Nazionale della
Società Geologica Italiana a Sorrento, con alcuni rappresentanti degli Istituti di ricerca
schierati per la prima ipotesi, ed una parte della comunità scientica e le aziende petrolifere
schierati per la seconda ipotesi; tale contrapposizione perdurerá no alla ne degli anni ‘90. É
curioso notare quindi come le rappresentanze del mondo petrolifero fossero più propense a
sposare l’ipotesi che il Monte Alpi fosse una klippe, e ciò probabilmente a causa di due motivi
principali: 1.in questo modo l’area di ricerca continuava ad essere interessante in termini
esplorativi, dato che poteva ancora ospitare una struttura nel substrato sepolto; 2.era difcile
accettare che in vicinanza del giacimento della Val d’Agri la stessa roccia fosse aforante.
La questione viene inne risolta grazie ad un lavoro complessivo e risolutivo eseguito sul Monte
Alpi dai geologi dell’Agip a metà degli anni ’90 (van Dijk et. al., 2001). Pertanto la comunità
scientica accetta di conseguenza l’ipotesi della nestra tettonica, nonché l’appartenenza
della stessa alla Piattaforma Apula Interna e la sua correlazione con la struttura aforante della
Montagna della Majella negli Appennini Centrali(14).
É simpatico ricordare che il permesso di ricerca concesso alla Petrex, che aveva dato luogo
alla scoperta del campo petrolifero in Val d’Agri (si veda sopra), aveva quindi lo stesso nome
della montagna “Monte Alpi” che proprio rappresentava il giacimento in supercie a 30 km di
distanza, senza che nessun geologo ne fosse ancora cosciente….
La messa in produzione del giacimento e le ultime attivitá
esplorative
Fig. 18 Il Pozzo Monte Enoc 1, in fase di perforazione. Fonte: Amici (1997).
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Van Dijk, J.P., V. Afnito, R. Atena, A. Caputi, A. Cestari, S. D’Elia, N. Giancipoli, M. Lanzellotti, M. Lazzari, N. Oriolo, & S. Picone
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Durante gli anni ’90 si continua a perforare pozzi di “appraisal” nell’area, per stabilire
l’estensione del giacimento. Si ricordano i pozzi Monte Enoc e Cerro Falcone, Alli, Tempa
d’Emma, Perticara, Gorgogione e Temparossa (Fig. 18). Durante questi anni di esplorazione
del giacimento della Val d’Agri, come ricorda il Dr. Mattia Sella dell’Agip, l’idea guida è la
convinzione che esista una correlazione tra anticlinali lagonegresi in supercie e strutture
positive nella Piattaforma Apula Interna in sottosuolo. Come possiamo notare quest’idea si
sposava ancora con le idee primordiali di Bonarelli degli anni ‘30.
Vengono acquisiti e processati nell’area due rilievi sismici 3D: uno denito “Monte Alpi”
con una supercie di 250 kmq, e un secondo, “Cerro Falcone”, che copre un’area di ben
600 kmq (Castelli, 1992). Si ricorda il progetto di ricerca scientica “ESIT” gestito dall’Agip e
dall’Enterprise, con il contributo della Comunità Europea, per una maggiore valutazione
dell’impatto dei parametri geologici e morfologici sulla qualità del segnale sismico, nonchè lo
sviluppo di nuove tecnologie di perforazione come “Straight-hole Drilling Device” (SDD), “Lean
Prole“ ed “AutoTrack” (es. Amici, 1998), per una maggiore efcienza ed un minore impatto
ambientale.
Nella metà degli anni ’90 è ormai chiaro che nell’area della Val d’Agri e nelle aree limitrofe
sono ubicate due strutture di giacimento (Wavetec, 2000; Pugliese et al., 2011): la struttura
presente sotto la Val d’Agri, denominata “Trend 1” (“Val d’Agri trend”), con i settori di Monte
Alpi, Monte Enoc, e Cerro Falcone e Caldarosa (attualmente JV Eni con Shell) (Fig. 19), ed il
secondo giacimento più orientale, chiamato “Trend 2”(“Temparossa Trend”), con i pozzi Tempa
d’Emma, Tempa rossa, Perticara e Gorgolione (attualmente JV Total, Eni, e Shell). Nel dicembre
1998 viene poi stipulato il Protocollo Eni-Regione Basilicata che stabilisce impegni ed azioni
tuttora rispettate da entrambe le parti e nalizzate allo sviluppo del “Trend 1”: in particolare per
Eni vengono previste azioni di conpensazione e di mitigazione ambientale, ritenute determinanti
per accelerare lo sviluppo socio-economico delle aree interessate dall’estrazione di idrocarburi
(es. Amici, 1998).Dopo un iter burocratico durato 16 annisi istituisce, attraverso il D.P.R. del 8-12-
2007, il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano-Val d’Agri-Lagonegrese (Bencivenga et al.,
2012; Alliegro, 2013).
Le attività esplorative nel frattempo continuano nelle aree limitrofe al campo (in quegli anni
chiamato “Monte Alpi”), per la ricerca dell’esistenza di strutture simili a quelle scoperte negli
anni precedenti (Holton, 1999a). La grande struttura ad est della Val d’Agri viene denominata
“Trend 0” (“Castellano Trend”; Pugliese et al., 2011). Essa è posizionata parzialmente in
concomitanza dell’anticlinale superciale di Tramutola immaginato da Bonarelli, sotto i
Monti della Maddalena, e parzialmente al di sotto del più occidentale Vallodi Dianoe risulta,
attraverso i sondaggi Castelsaraceno, Giano Pepe, Rocca Rossa e Monte Gargarusa (1997-
1999), mineralizzata in alcuni livelli ma non al punto da essere ritenuta economicamente
interessante. Con il sondaggio Giano Pepe (1998, Operatore Eni, TD 2962 m.), che si trova alcuni
chilometri a sud di Tramutola, nalmente si riesce a testare l’ipotesi di Bonarelli. Alla profondità
di 2750 metri, al di sotto dell’Unità lagonegrese, viene perforata la Piattaforma Apula Interna,
che risulta mineralizzata(15) ma solo per uno spessore limitato, quindi non sufcientemente
per essere testata. Così si conclude la verica nale dell’ipotesi di Bonarelli, senza esito minerario
ma con un grande merito per le idee espresse.
Alla ne degli anni ’90, pertanto, l’Agip decide di fermare l’attività esplorativa edi concentrarsi
sullo sfruttamento dei giacimenti scoperti e sulle altre aree italiane ancora interessanti per
l’esplorazione.
Il dibattito scientico riaperto: 25 anni di nuove sde (1988-a oggi)
Parallelamente alle attività petrolifere, e catalizzate dall’interesse economico nell’area,
vengono eseguite dagli anni ’90 in poi diverse indagini di geologia di supercie. Si ricordano
il rilievo dell’Università di Catania (Carbone et al, 1991; Lazzari & Lentini, 1991), poi ridenito
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Van Dijk, J.P., V. Afnito, R. Atena, A. Caputi, A. Cestari, S. D’Elia, N. Giancipoli, M. Lanzellotti, M. Lazzari, N. Oriolo, & S. Picone
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nell’ambito del vasto progetto CARG (cartograa nuova del territorio italiano alla scala
1:50.000 del Servizio Geologico Italiano), il rilievo a 1:25.000 dell’Università di Camerino per
conto dell’ Enterprise (Cello et al., 1998a, b, 2000; Mazzoli et al., 2000, 2001, 2006), numerosi
altri studi (Prosser et al., 1996; 2010; Schiattarella et al., 1997; Pescatore et al., 2000; Tavernelli
& Prosser, 2003; Palladino et al., 2008, 2012; Palladino, 2011), e inne il rilievo dettagliato a
1:10.000 dell’Eni interamente digitale, eseguito in collaborazione con l’Università di Torino (Prof.
Livio Vezzani), l’Università della Basilicata (Proff. Giacomo Prosser e Marcello Schiattarella) ed il
CNR di Milano (van Dijk et al., 1998d; van Dijk et al., 2002b; tra cui anche la Tesi di Laurea sulla
geologia della zona di Tramutola di D’Andrea, 2000).
I nuovi impegni scientici si concentrano sull’analisi delle sismicità della zona (Giano et al.,
1997b; Cucci et al., 2004; Pastori et al., 2009; Valoroso et al., 2009, 2011; Improta et al., 2010),
delle faglie attive (Cello et al., 2000, 2003;Maschio et al., 2005; D’Addezio et al., 2006; Bucci
et al., 2007; Bucci, 2009), e dei depositi del quaternario ed il suo sistema idrologico (Giano et
al., 1997a, 2000; Basso et al., 2000; Boenzi et al., 2004; Colella et al., 2004; Bersezio et al., 2007;
Zembo, 2010; Zembo et al., 2009, 2011; Giano, 2011). Inoltre vengono pubblicati i risultati delle
analisi di nuovi dati paleomagnetici raccolti in tutto il Sud Italia (Scheepers, 1994; van Dijk &
Scheepers, 1995). Alcune informazioni industriali dei log di pozzo (Holton, 1999b; Trice, 1999)
(16) e dei progetti di acquisizione con metodi geosici ad alta risoluzione (Dell’Aversana, 2003;
Colella et al., 2004; Improta et al., 2010), contribuiscono alla conoscenza.
I risultati delle analisi dei dati industriali vengono presentati a volte dagli autori delle stesse
società petrolifere coinvolte(es. Mostradini & Merlini, 1988; Cippitelli, 1997; Menardi Noguera &
Rea, 2000; Nicolai & Gambini, 2007; Carubelli et al., 2010; Cazzola et al., 2011; Pugliese et al.,
2011), altre volte invece attraverso collaborazioni tra mondo accademico e società petrolifere
(es. Barchi et al., 2007), ed altre volte ancora direttamente dal mondo scientico attraverso
l’informazione resa disponibile (dal 2009 in poi) dal Ministero dello sviluppo economico a Roma
(Progetto ViDEPI). Importanti informazioni vengono poi aggiunte attraverso il progetto CROP
(“Crosta Profonda”), una collaborazione tra CNR, Universitá italiane, Eni ed Enel (1986-1999),
con l’acquisizione della linea sismica a riessione profonda CROP-04 (es. Scandone et al., 2003;
Fig. 19 Modello
computerizzato integrato
della Val d’Agri, osservato
da sud verso nord. Il modello
è stato preparato con il
software earthVision (Dynamic
Graphics), integrando
la carta geologica di
supercie, l’andamento della
topograa, la geometria dei
fori dei pozzi e la geometria
e la struttura interna del
giacimento della Val d’Agri.
Fonte: Dynamic Graphics
Calender 1999; da van Dijk et
al. (1998d).
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Van Dijk, J.P., V. Afnito, R. Atena, A. Caputi, A. Cestari, S. D’Elia, N. Giancipoli, M. Lanzellotti, M. Lazzari, N. Oriolo, & S. Picone
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Patacca & Scandone, 2007) posizionata a circa 50 km a nord-ovest della Val d’Agri.
Alla ne degli anni ’80, grazie alle nuove informazioni disponibili, vengono pubblicate
subito alcune sintesi importanti della geologia degli Appennini meridionali, tra cui vanno
ricordate quelle di Mostardini e Merlini (1988, 1990), Casero et al. (1988, 1991), Cello et al.
(1990), e Carbone &Lentini (1990). L’edicio montagnoso degli Appennini meridionali viene
ormai interpretato come un “accretionary wedge”, di elementi tettonici al di sopra di un
avampaese, cioè la Puglia, facente parte della placca adriatica in subduzione sotto la placca
tirrenica. Da quel momento in poi il dibattito si concentra su tre tematiche diverse relative alla
deformazione: 1.Lo stile “thick skinned” (coinvolgimento del basamento nella deformazione)
o “thin skinned” (con scorrimenti relativi solo alle serie sedimentarie), 2.Il ruolo e la natura della
trascorrenza e della distensione durante i vari episodi deformativi, e 3.Lo sviluppo temporale
dell’episodio geologico più recente della catena.(17)
Il dibattito relativo allo stile deformativo è dovuto alla mancanza della possibilità di visualizzare
attraverso la sismica all’interno della Piattaforma Apula Interna sepoltai piani di faglia,
responsabili della sua strutturazione. Lo stile “thin skinned” prevede faglie principali ad angoli
di pendenza no a massimo all’incirca 30 gradi (Mostardini & Merlini, 1988, 1990; Cello et al.,
1990; Scrocca et al., 2005; Patacca et al. 1988; Patacca & Scandone, 2001, 2007a, b). Quello
“thick skinned” invece prevede faglie principali ad angoli superiori soprattutto da 60 no a 90
gradi (van Dijk & Okkes, 1988, 1990, 1991; Casero et al., 1988, 1991; van Dijk & Scheepers, 1995;
Doglioni et al., 1996; Menardi Noguera & Rea, 2000; van Dijk et al., 2000; Butler et al., 2004; Shiner
et al., 2004; Bertello et al., 2010) (Fig. 20). A causa di questo problema di visualizzazione molti
studiosi basano la loro opinione sull’informazione secondaria, come ad esempio la geometria
generica del top della piattaforma rilevata nella mappatura delle linee sismiche, gli esercizi
di retro deformazione (cf. Bally et al, 1996;Menardi Noguera & Rea, 2000)o le analisi di piani di
faglie attivati dai terremoti.
Lagonegro
basinal
units
Fig. 20 Sezione orientata SO-NE attraverso gli Appennini meridionali, che illustra alcuni concetti del tipo “thin-skinned”
(anche se gli stessi autori riguardo la Val d’Agri seguono il concetto “thick-skinned transpressivo”). Fonte: Bertello et al.
(2008), Cazzola et al. (2011).
Southern Apennines
Basilicata-Clabria accretionary arc
Sicilide complex
Val d’Agri and Tempa Rossa oil elds in the Mesozoic carbonate cores of the Southern Apennine frontal thrusts
Tempa Rossa 1 pr Elce 1 pr Apulian swell
Apulian platform
0
10
km 20
Il dibattito relativo alla trascorrenza come elemento deformativo nella zona (fenomeno
riconosciuto già da autori come Bousquet ma ritenuto secondario), consiste nel fatto che
alcuni considerano il fenomeno non di primaria importanza, mentre altri sostengono che tale
fenomeno è uno degli elementi principali che caratterizzano lo stile deformativo piú recente
della catena degli Appennini meridionali (Ghisetti & Vezzani, 1981; Moussat, 1983; Meulenkamp
et al., 1986; van Dijk & Okkes, 1990, 1991; van Dijk, 1992, 1994; Cello et al., 1998b, 2000; Monaco
et al., 1998; Bonini & Sani, 2000).
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Per ció che riguarda la struttura distensiva, che caratterizza e genera la Val d’Agri, sono stati
riconosciuti due principali sistemi, entrambi con untrend NO-SE: il primo posizionato al bordo
nord orientale (la EAF; Eastern Agri Fault System) e soppratutto attivo no al Pleistocene medio,
ed il secondo posizionato al bordo sud occidentale (la MMFS-MA; Monti della Maddalena
Fault System-Monte Aquila Fault(18)) attivo no ad oggi. É da notare che la MAF delimita la Valle
del Cavolo a Tramutola.
I due fenomeni di distensione e di trascorrenza vengono allocati dai vari autori all’interno dei
loro modelli (del tipo “thin skinned” oppure “thick skinned”) in maniera diversa: in genere
gli autori vedono le faglie dirette sovrapposte ad alto angolo sulle strutture piú antiche di
sovrascorrimento a basso angolo. Quegli autori che sottolineano il ruolo della trascorrenza
(es. van Dijk & Okkes, 1988, 1990; Cello et al., 1990, 1998b, 2000; van Dijk; 1992) ribadiscono lo
stesso concetto anche per le faglie trascorrenti. Alcuni autori immaginano che la trascorrenza
è poi anche parte integrante della strutturazione “thick skinned” obliqua e ad alto angolo,
denendo la struttura della Piattaforma Apula Interna una “pop-up transpressiva” (es. van
Dijk &Scheepers, 1995; van Dijk, 1995; van Dijk et al., 2000a, 2000b). Ulteriori ipotesi relative
ai meccanismi di attivazione di faglie dirette a basso angolo sono state descritte in diverse
pubblicazioni (es. van Dijk & Okkes, 1990, 1991;Mazzoli et al., 2006). Le ultime analisi integrate
di Valoroso et al. (2011) confermano comunque che, sia le principali strutture distensive attive
che quelle che delimitano i maggiori alti della Piattaforma Apula Interna, sono entrambi ad
alto angolo, ed inoltre coincidono con quelle indicate dagli autori come principali faglie con
cinematica obliqua, il che suggerisce un comune meccanismo deformativo.
Per quanto riguarda la sequenza degli eventi nel corso del tempo, sono state riconosciute
fasi distensive e compressive di durata diversa e di natura diversa (con faglie ad alto e basso
angolo). Alcuni autori sostengono che antichi piani di movimenti diretti mesozoici sarebbero
stati riutilizzati/riattivati attraverso movimenti inversi successivi (es. Mazzoli et al., 2001; Pugliese
et al., 2011). Sulla base di analisi dettagliate, alcuni autori ricostruiscono diverse fasi di
avanzamento della catena di falde no al Pliocene medio (es. Pugliese et al., 2011). Inoltre
è stato denito un evento deformativo regionale importante nel Pleistocene medio (giá noto
e documentato da Selli, 1962 ed altri autori successivi; riassunto in van Dijk & Okkes, 1990,
1991; van Dijk, 1992; Catalano et al., 1993; Cinque et al.,1993; Hippolyte et al., 1994; van Dijk &
Scheepers, 1995; Pieri et al., 1997; Schiattarella, 1998; Schiattarella et al., 2003, 2006). Questo
evento era caratterizzato da rotazioni, deformazioni traspressive, sovrascorrimenti esterni nella
Fossa Bradanica, e probabilmente importanti strutturazioni della Piattaforma Apula Interna
sepolta, a cui hanno avuto seguito grandi sollevamenti e distensioni tuttora in corso. Tutti questi
eventi geologici recenti hanno dato luogo alla formazione di speciche geometrie tettoniche,
le quali hanno fatto si che si rovesciassero i rapporti originari delle unità geologico-strutturali,
come per esempio nella zona di Monte Alpi e probabilmente anche nella zona di Tramutola
stessa, il ché dà la chiave di lettura per risolvere l’enigma geologico.
Riessioni e conclusioni
Con questa breve escursione di cento anni di ricerche petrolifere in Basilicata si è potuta
illustrare l’interazione tra la ricerca scientica, i fattori economici locali e globali e lo sviluppo
delle tecnologie di ricerca, che indubbiamente a volte pongono limiti l’uno all’altro. D’altro
canto si verica spesso però che il sensibile progresso di uno dei tre fattori sia trainante e causi
dunque di conseguenza anche un importante progresso di uno o di entrambi gli altri due fattori.
Ad esempio, senza l’intervento e la pressione esercitata dalle Autoritá locali alla ne degli anni
’20, affascinate dal rivelarsi delle manifestazioni superciali, possiamo immaginare che magari
non ci sarebbe stata la scoperta del campo di Tramutola, ma non possiamo escludere che ci
sarebbe stata invece ugualmente la scoperta del campo della Val d’Agri dato che negli anni
a seguire non fu più di grande importanza la presenza di manifestazioni superciali, quanto
Cento Anni di Ricerca Petrolifera - L’Alta Val d’Agri (Basilicata, Italia meridionale)
Van Dijk, J.P., V. Afnito, R. Atena, A. Caputi, A. Cestari, S. D’Elia, N. Giancipoli, M. Lanzellotti, M. Lazzari, N. Oriolo, & S. Picone
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invece la possibilitá da parte delle società petrolifere di applicare le nuove tecnologie della
sismica e di poter eseguire perforazioni profonde in tutta Italia.
Spesso vediamo avanzare la conoscienza attraverso delle dispute e delle opinioni geo-
scientiche fortemente contrapposte fra loro; possiamo dire che si tratta di una caratteristica
delle geoscienze in generale, essendo lo studio del pianeta dipendente da informazioni
relativamente scarse rispetto all’immensitá dello spazio e del tempo impiegato nell’evoluzione
geologica. Grandi visioni predittive di alcuni geologi vanno giustamente laudate, ma non
bisogna dimenticare peró che il processo dell’avanzamento scientico dipende anche e
soprattutto dal faticoso e meticoloso studio del territorio da parte di numerose gure coinvolte,
che danno l’informazione afdabile necessaria per poter costruire o vanicare le ipotesi tavolta
azzardate. Ovviamente, date le molteplici opinioni geologiche contrapposte, è difcile che
l’impresa dell’esplorazione per la ricerca degli idrocarburi si possa afdare completamente
alle geoscienze. Essa viene tavolta molto piú guidata dai drivers economici e politici, con
l’utilizzo della geologia piú che altro come catalizzatore e fornitore di argomentazioni a
supporto degli investimenti. Vediamo poi spesso che nuove informazioni industriali disponibili
risolvono a loro volta questioni scientiche, oppure danno luogo a nuovi dibattiti, o offrono
talvolta nuove prospettive economiche.
In piú possiamo osservare che la velocitá di avanzamento scientico dipende anche
dall’apertura mentale dello scienziato stesso, che consente di prendere in considerazione
nuove idee sviluppate tavolta da colleghi di oltre conne, nonché dal coraggio di intraprendere
studi dettagliati, mirati alla risoluzione di questioni pendenti e non sempre cosí difcili o costosi
da organizzare. Non dimentichiamo comunque che l’edicio geologico degli Appennini
meridionali e dell’Arco calabro-sud tirrenico s.l. in generale rimane tra le aree del mondo piú
affasciananti in termini geoscientici, e per questo tra le piú studiate da scienziati di tutto il
mondo, offrendo molteplici opportunitá di nuove scoperte scientiche, come si è dimostrato
piú volte nel tempo. Allo stesso modo si osserva che anche l’importazione di tecnologie
innovative ha favorito lo sviluppo della ricerca, mentre per risolvere particolari problematiche
tecniche ed operative, sono state viluppate nuove tecnologie e metodologie, successivamente
esportate per essere applicate anche in altre aree.
In ogni caso si dimostra come, all’interno di questo sistema di eterne dinamiche interazioni,
solamente attraverso il custodire preziosamente e con coscienza il giusto equilibrio tra i tre
fattori, si riesce a gestire correttamente il patrimonio naturalistico, economico, scientico e
storico culturale del territorio, a tutti noi prezioso ed indispensabile per la nostra soppravivenza.
Ringraziamenti
Si ringrazia il management dell’Eni e la gestione dell’Archivio Storico dell’Agip per la cortese
concessione alla pubblicazione del presente lavoro e per l’utilizzo del materiale storico. Un
particolare ringraziamento va a Gianfranco Amici, Roberta Angelini, Luca Bertelli, Livio Burbi,
Claudio De Scalzi, Alessandro Gelmetti, Giorgio Giorgetta, Giovanni La Bella, Anna Landol,
Mara Magrassi, Guido Michelotti, Alessandro Puliti, Aldo Rovere, Mattia Sella e Giuseppe
Tannoia del management dell’Eni, per la gradita disponibilità, e per il supporto durante le varie
fasi di lavoro ed i progetti operativi degli anni ‘90. Si ringrazia vivamente l’Ordine dei Geologi
di Basilicata ed in particolare il Presidente Raffaele Nardone per la gentilissima concessione
della pubblicazione del presente lavoro negli Atti del Primo Convegno tenutesi a Potenza
nel dicembre 2012. Si ringraziano per l’apprezzata collaborazione i colleghi dell’Agip, ed in
particolare: Corrado Magistroni, Antonella De Poli, Paolo Scotti, Celia Anna Alberta Peduzzi,
Francesco di Prete, Alessandro Mannini, Carlo Cavalli, Ivan Gaz, Felice d’Alterio, G. Cippitelli,
e Saverio Merlini, nonchè Ivano Piacentini e Palmiro Tondi che hanno collaborato per la
compilazione dei testi e la stesura delle gure. Si dedica un ulteriore ringraziamento a tutti i
colleghi e gli (allora) studenti del progetto cartograa Val d’Agri che hanno apportato contributi
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Van Dijk, J.P., V. Afnito, R. Atena, A. Caputi, A. Cestari, S. D’Elia, N. Giancipoli, M. Lanzellotti, M. Lazzari, N. Oriolo, & S. Picone
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importanti, ed in particolare ai Proff. Giacomo Prosser e Marcello Schiattarella dell’Universitá
della Basilicata, ed a Vincenzo D’Andrea (Regione Basilicata) e Giuseppe Paladino (Università
della Basilicata). Un grazie anche a Luigi Marotta, Carmelo Sabino e Nicola Tardugno della Pro-
loco di Tramutola, Angela Pepe della FEEM, ed inoltre ad Egidio Amodio, Alessandro Giocoli,
Raffaella Liccione, Antonio Mazziotta, Antonio Noviello, Remo Oriolo, Roberto Pisano, e Felice
e Stefano Simone per la loro gentile collaborazione.
Note
(1) Il presente studio è stato pubblicato negli Atti del 1° Convegno dei Geologi della Basilicata, intitolato “Ricerca,
Sviluppo ed Utilizzo delle Fonti Fossili: “Il Ruolo del Geologo”. Tale Convegno si è tenuto a Potenza ed in Val d’Agri
nel periodo che va dal 30 di novembre no al giorno 2 di dicembre 2012. Per pura coincidenza, esattamente 100
anni prima, nei giorni 1, 2 e 3 del dicembre 1912, è stato rmato a Milano il primissimo atto per la ricerca petrolifera
a Tramutola in Val d’Agri. I dettagli che riguardano tale primo passo nella ricerca petrolifera in zona sono descritti
nella presente pubblicazione.
(2) I lavori citati, tranne parti di quelli di Bonarelli, quelli della breve nota di Cassamagnaghi e quelli del libro di
Alliegro (2013), non sono corredati di una bibliograa corretta; tant’è che nelle parti del presente lavoro dove
vengono citati tali studi, sono state applicate debite correzioni, veriche e riferimenti delle fonti bibliograche
originarie qui riportate. Il copioso lavoro di Alliegro (2013) è uscito nel momento della stesura nale del presente
studio. Esso si focalizza sugli iter burocratici e politici, ed implicazioni sociali ed economiche delle varie fasi storiche,
citando in modo meticoloso i documenti relativi, qui integrati con la bibliograa.
(3) Il termine “ysch” da cui “yschoidi”, viene no ad oggi utilizzato per molti depositi straticati; la sua origine risiede
negli studi delle Alpi dell’inizio dell‘800, ed è stato introdotto da Studer (1827) per i depositi del tardo Cretacico
– Paleogene dei bacini delle Alpi, i quali sono prevalentemente torbiditici e rappresentano i primi stadi di
deformazione della catena Alpina. In una riessione storica del termine, Hsue (1970) consiglia effettivamente di
non utilizzare il termine al di fuori delle Alpi, anche se lo stesso viene applicato ormai per quasi tutti i depositi ben
straticati degli Appennini. Nel presente lavoro si consiglia di sostituire tale termine con la propria denominazione
“Formazione” (Fm).
(4) Per le brevi note biograche dei vari autori citati nel testo, si vedano le voci relative inserite nell’enciclopedia
online Wikipedia.
(5) Alcuni tra gli viaggiatori italiani e stranieri che transitavano nel’700-800 nella Val d’Agri ed a Tramutola sono
(si veda Lamboglia, 2007 per un riassunto degli autori del ‘600):
lo storico Barone di S. Biase Giuseppe Antonini, che nei suoi discorsi sulla Basilicata (1717) cita Tramutola
(Discorso III, p. 35 e p. 37): “paese posto in mezzo a quei boschi , e che deve la sua fondazione all’Abbate
Giovanni Terzo Marsicano intorno all’ anno MCL. E però cresciuto d’abitazioni, e la gente è industriosissima,
facendo gran commercio per lo Regno, specialmente di lino, che per la loro cura, e per lo terreno proprissimo
per questo, vi riesce a maraviglia bello.”;
il medico e storico Costantino Gatta, che cita diverse localitá della Val d’Agri nella sua opera del 1723 (pp.
30, 31);
il professore studioso di economia agraria materano Niccolò Columella Onorati (Fumi, 2004, pp. XXV ed oltre),
che transitava nelle montagne lucane nel 1802 (Onorati, 1818, da Settembrini & Strazza, 2004, pp. 31, 213);
Il noto storico Lorenzo Giustiniani, nel Tomo IX del suo dizionario illustra ampiamente Tramutola e la sua storia
(pp. 225-227) ma non menziona le manifestazioni.
il generale francese bonapartista Barone Nicola Philibert Desvernois, che transitava in tutta la Val d’Agri nel
marzo-aprile 1808 (Dufourcq, 1898, p. 329-230, citando anche
“Tramontola”
; si vede anche Settembrini &
Strazza, 2004, pp. 35, 213, e Holland Rose, 1899);
il medico e botanico napolitano Francesco Barbazita di Balvano, che transitava nella Val d’Agri alla ne degli
anni ’30 (Barbazita, 1840-1847; si veda anche, ma con riferimenti cronologici errati, Monaco, 1986; Settembrini
& Strazza, 2004, pp. 93);
il noto storico e giurista tedesco Theodor Mommsen che transitava nella Val d’Agri nel 1846, ed i suoi collaboratori
Giorgio Kaibel e Carlo Robert che visitavano la Val d’Agri nel 1874 (Settembrini & Strazza, 2004, pp. 96, 215);
Il geografo Massimo Fabi nel suo dizionario parla brevemente di Tramutola (p. 517) ma non menziona le
manifestazioni petrolifere.
il medico viaggatore amburghese Wilhelm Leopold Knars, che transitava in Val d’Agri ed a Tramutola nel
dicembre 1857 (Knars, 1859 da Settembrini & Strazza, 2004, pp. 143, 216);
il futuro Senatore, politico ed economista livornese Barone Leopoldo Franchetti, che transitava da giovane
laureato la Val d’Agri e Tramutola dal 18 ottobre a 7 novembre 1873 (Settembrini & Strazza, 2004, pp. 164, 217)
(fatto descritto nei suoi diari, e non nell’opera del 1875).
Le bibliograe qui prese in esame sono risultate piuttosto approssimative ed inoltre spesso riferiscono a delle
traduzioni in italiano. Per tanto nel presente lavoro sono state corrette e completate. Inoltre sono state rintracciate
le pubblicazioni originali sopracitate, che dovrebbero essere meglio analizzate per vericare l’esistenza o meno di
citazioni relative al rilevamento da parte degli viaggiatori di manifestazioni naturali di idrocarburi nella zona.
(6) Una spiegazione alternativa, ma azzardata e poco probabile, alla mancanza di notizie sulle manifestazioni
petrolifere a Tramutola negli scritti più antichi, è che le stesse non esistevano prima del terremoto, il quale
avrebbe,attraverso movimenti tettonici lungo alcune faglie attive dell’area (descritte in es. Maschio et al., 2005;
Improta et al., 2010; Valorosa et al., 2011) dato la possibilità agli idrocarburi intrappolati a limitata profondità di
cominciare a fuoriuscire. Non esistano esempi del genere ed i numerosi seepages di idrocarburi naturali di ogni
genere sul territorio italiano documentate da piú di duemille anni non sono correllate all’attivitá sismica persistente.
Si auspica dunque che nuove notizie sulle manifestazioni possano essere dedotte da studi storici ed archeologici
futuri piú approfonditi (Bibliograci, Archivi di Stato, Regione e Provincie, nonché Archivi Privati).
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(7) Le mappe geologiche moderne ed attualmente disponibili sono: 1:100.000, della Societá Geologica Italiana (SGI),
Fogli 199 e 210 (Scarsella, 1969, 1970); 1:50.000, diversi allegati dei lavori di Scandone (1967, 1969, 1972); 1:50.000 di
Carbone et al. (1991). Le nuove carte geologiche a scala 1:50.000 del progetto CARG (Fogli 489 Marsico Nuovo e
505 Moliterno) sono, alla data della pubblicazione del presente lavoro, in corso di realizzazione.
(8) Il lavoro storico sulla nascita dell’Agip é ancora limitato. Si vedano i lavori di Pizzigallo (1981) e il saggio di Guidi
(1995b).
(9) Numerosi lavori, soprattutto giornalistici, sono stati dedicati alla morte di Enrico Mattei. Qui si riferisce a Li Vigni (2003)
per ulteriore notizie.
(10) Si narra che per un periodo, cioè no agli anni ‘70, l’acqua del pozzo Tramutola 2 veniva utilizzata per scaldare
la piscina comunale di Tramutola costruita nelle vicinanze, ma non è ancora disponibile una documentazione
storica del progetto. In tale contesto si suppone che il pozzo, attualmente allocato all’interno di una piccola
casetta chiusa, è stato lasciato appositamente aperto dopo la chiusura del campo per dare al Comune la
possibilità di sfruttare l’acqua.
(11) Dalla prima metá del ‘900 molti autori autorevoli riutavano in modo polemico le interpretazioni degli alloctonisti,
e Sacco, riferendosi ai lavori del gruppo di B.G. Escher, rimarcava nel 1932:
“Per fortuna i colleghi olandesi e simili
non possono carregiarsi via le Alpi per portarsele nelle loro piatte regioni”.
Come ricordano Marsella et al. (1996; p.
76) in una rivisita del dibattito
“La posizione interna dell’originario Bacino di Lagonegro ….. viene ancora proposta
nel febbraio 1972, nella presentazione del “modello napoletano”
dell’Appennino Campano-Lucano fatta da B.
D’Argenio ad un convegno dell’Accademia Nazionale dei Lincei (cfr. la “Discussione”, pp. 73-78 del Quaderno
n°183 dell’Accademia Nazionale dei Lincei, 1973). Ma già l’anno successivo il lavoro relativo, pubblicato nello
stesso volume (D’Argenio, Pescatore e Scandone, 1973), riporta i terreni lagonegresi come derivanti da un bacino
non più interno bensì composto tra due piattaforme, facendo coincidere così il Bacino Lucano di D’Argenio e
Scandone (1970) con il Bacino Lagonegrese….
”. Troviamo altre testimonianze del focoso dibattito negli scritti di
Scandone (1972, p. 235), dove egli commenta il lavoro di Ogniben (1969) “… Per quanto riguarda la bibliograa
ragionata, è da dire che essa non è accettabile senza riserve, soprattutto per il tono generale adoperato e
per l’atteggiamento <<ex cathedra>> verso i precedenti studiosi dell’Appennino, che vengono catalogati in
<<competenti>> e non, quando addirittura non sono deniti <<eterodossi>>.”
(12) La disputa scientica sulla questione della Deriva dei Continenti e la scoperta della Tettonica delle Placche è
tra quelle piú note della storia della scienza. Per ulteriori lavori dedicati ad essa si vedano il saggio di Frankel (1987),
nonché l’esteso riassunto sulla pagina Wikipedia http://en.wikipedia.org/wiki/Plate_tectonics, editata per l’80% dal
primo autore del presente lavoro.
(13) Secondo alcuni punti di vista sarebbe meglio denominare l’unitá geologica sepolta sotto la catena che ospita
i campi petroliferi come “Piattaforma della Val d’Agri”(oppure “Unitá di Monte Alpi” per riferire al suo equivalente
aforante) anziché “Piattaforma Apula Interna”. In realtá non c’e evidenza in sismica della continuitá sica dei segnali
che rappresentano la piattaforma Apula della Fossa Bradanica e di quella sepolta sotto la catena degli Appennini;
essi sono separati da una fascia di segnale disturbato. Secondo alcuni autori tale fascia potrebbe rappresentare
una zona deformativa lungo la quale si sono vericati, no al tardo Quaternario, notevoli raccorciamenti in modo
probabilmente obliquo, il ché signicherebbe che si tratta di due distinti domini paleogeograci originari.
(14) Di conseguenza, negli anni successivi Eni investe in modo sostanziale in un Progetto di ricerca scientifica di
ampio respiro denominato “TaskForceMajella”, a cui partecipano e collaborano altre società petrolifere, le
principali Università e centri di ricerca italiani ed esteri, nonché le varie Autorità locali e società di servizi correlate.
Il progetto si focalizza sulla ricostruzione della storia geologica della Montagna della Majella in Abruzzo (anch’essa
sede di passate produzioni petrolifere legate a delle manifestazioni superciali; van Dijk, 2004), ed il rapporto con
lo sviluppo della fratturazione e del reticolo di faglie, tramite l’applicazione di nuove tecnologie di acquisizione ed
analisi dei dati, e di modellizzazioni numeriche. Dettagli riguardanti il progetto sono consulatabili attraverso il link
http://en.wikipedia.org/TaskForceMajella
(15) Il petrolio della Val d’Agri è stato generato attraverso la maturazione di una roccia madre di etá mesozoica,
situata all’interno della stessa Piattaforma Apula Interna e ricca di materiale organico; esso successivamente,
cioèdurante il tardo Pliocene-Pleistocene, è migrato intrappolandosi nelle strutture profonde e quelle più superciali
(es. Zappaterra, 1994; Katz et al., 2000; Bertello et al., 2008, 2010).
(16) Il reservoir della Val d’Agri è caratterizzato da una porositá relativamente bassa e una permeabilitá secondaria
legata alla presenza di fratture e faglie (es. Bertello & Franciosi, 2008). Numerosi lavori sono, per tanto, stati dedicati
all’analisi e la modellizzazione del reticolo di fratturazione presente all’interno dei carbonati della Piattaforma Apula
Interna utilizzando analoghi aforanti come Monte Alpi (van Dijk, 1998; van Dijk et al., 1997, 1998d, 2000a,b;Trice,
1999; Coppola et al., 2000; Cello et al., 2001, 2003).
(17) Il dibattito scientifico sullo stile deformativo della catena è da sempre molto legato alle contorversie
sull’interpretazione geodinamica del centro-Mediterraneo. Si trattano modelli che ipotizzano vari meccanismi di
interazione tra le placche litospheriche e le zone del mantello nel corso del tempo (subduzione, collisione, correnti,
ussi e “doming” nel mantello, delaminazione e rottura delle placche, collasso della catena), e di consequenza lo
sviluppo temporale del campo di stress e altri fattori termodinamici che governano l’attivitá sismica e vulcanica.
Per una estesa discussione sulle proposte scientiche si veda van Dijk & Okkes (1991), e van Dijk & Scheepers
(1995).
(18) Parzialmente coincidente con la “Marsico-Cerchiara Fault Zone” di van Dijk et al. (2000a).
Bibliograa
Documenti elencati ed indicati come “Int. Rept.” si riferiscono a rapporti interni delle varie societá
coinvolte nella ricerca e nello sfruttamento degli idrocarburi. I documenti indicati come “Asa” sono
presenti nell’archivio storico dell’Agip. Il codice “Videpi” riferisce a documenti presenti nell’archivio
online dell’omonino progetto “Visibilitá Dati Esplorazione Petrolifera in Italia” (2009 in poi), che è una
collaborazione tra Ministero per lo Sviluppo Economico UMNIG, Assominerario e Societá Geologica
Italiana (http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/videpi/). Per alcuni documenti piú recenti è stato
Cento Anni di Ricerca Petrolifera - L’Alta Val d’Agri (Basilicata, Italia meridionale)
Van Dijk, J.P., V. Afnito, R. Atena, A. Caputi, A. Cestari, S. D’Elia, N. Giancipoli, M. Lanzellotti, M. Lazzari, N. Oriolo, & S. Picone
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indicato anche il codice “doi” che riferisce al “Digital Object Identier”. Numerosi documenti
consultati, ma non direttamente riferiti nel testo, sono comunque inclusi nell’elenco, per fornire una
bibliograa aggiornata (la più completa che riguarda la Val d’Agri disponibile al momento) e utile
per i futuri studi programmati. Si sottolinea che l’inserimento delle pubblicazioni sotto riportate non
implica necessariamente l’accettazione da parte degli autori del presente lavoro di eventuali opinioni
scientiche o politiche in esse riportate, essendo tali inserimenti puramente dovuti all’applicazione di una
corretta etica scientica ed all’obiettiva informazione talvolta presente negli stessi.
Accivilo, Danilo (1963, Int. Rept.); Promemoria per l’Amministratore delegato. Roma, 3 maggio 1963,
Promemoria documentazione su costruzione Stabilimento ANIC-Pisticci, 1 pp.
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Rosa, Antonio Cestaro, Dinu Adamesteanu; Laterza, Roma-Bari, 774 pp.
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Report Agip, 11/06/1937. [Asa]
Agip (1940, a, Int. Rept.); Richiesta di leonardi di pubblicare una nota geologica su Tramutola. Internal
Report Agip, 18/03/1940. [Asa]
Agip (1940, b, Int. Rept.); Ricevuto proli sonde Tramutola-genzano con relative relazioni. Internal Report
Agip, 16/06/1940. [Asa]
Agip (1940, c, Int. Rept.); Richiesta copia eliograca proli e sondaggi Tramutola-Bradano. Internal
Report Agip, 17/06/1940. [Asa]
Agip (1940, d, Int. Rept.); Richiesta 2°copia eliograca proli sondaggi Tramutola-Bradano. Internal
Report Agip, 17/06/1940. [Asa]
Agip (1940, e, Int. Rept.); Invio copie eliograche sondaggi Tramutola-Bradano. Internal Report
Agip, 18/06/1940. [Asa]
Agip (1940, f, Int. Rept.); Invio cassetta campioni formazione scisti silicei. Internal Report Agip,
“Cantiere di Tramutola”, 14/03/1940. [Asa]
Agip (1940, g, Int. Rept.); Istruzioni per il dott.di nasso. Internal Report Agip, “Cantiere di Tramutola”,
05/08/1940. [Asa]
Agip (1940, h, Int. Rept.); Invio campioni terreni. Internal Report Agip, “Cantiere di Tramutola”,
08/08/1940. [Asa]
Agip (1940, i, Int. Rept.); Invio relazione geologica. Internal Report Agip, “Cantiere di Tramutola”,
12/08/1940. [Asa]
Agip (1940, j, Int. Rept.); Invio sezioni sottili. Internal Report Agip, “Cantiere di Tramutola”,
17/08/1940. [Asa]
Agip (1940, k, Int. Rept.); Invo sezioni sottili. Internal Report Agip, “Cantiere di Tramutola”,
24/08/1940. [Asa]
Agip (1940, l, Int. Rept.); Invio sezioni sottili. Internal Report Agip, “Cantiere di Tramutola”,
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30/08/1940. [Asa]
Agip (1940, n, Int. Rept.); Invio sezioni sottili. Internal Report Agip, “Cantiere di Tramutola”,
12/09/1940. [Asa]
Agip (1940, o, Int. Rept.); Invio relazione geologica. Internal Report Agip, “Cantiere di Tramutola”,
18/09/1940. [Asa]
Agip (1940, p, Int. Rept.); Invio sezioni sottili varie. Internal Report Agip, “Cantiere di Tramutola”,
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Agip (1943, d, Int. Rept.); Rapporti produzione olio. Internal Report Agip, “Cantiere di Tramutola”,
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1° CONGRESSO DEI GEOLOGI DI BASILICATA
IL RUOLO DEL GEOLOGO
1° CONGRESSO DEI GEOLOGI DI BASILICATA
IL RUOLO DEL GEOLOGO
www.geologibasilicata.it/
http://congresso.geologibasilicata.it/2012/
ORDINE DEI GEOLOGI
DI BASILICATA
RICERCA, SVILUPPO ED UTILIZZO
DELLE FONTI FOSSILI
1° CONGRESSO DEI GEOLOGI DI BASILICATA
IL RUOLO DEL GEOLOGO
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IL RUOLO DEL GEOLOGO
30 NOVEMBRE > Potenza
01 DICEMBRE > Potenza
02 DICEMBRE > Marsico Nuovo
Teatro Stabile,
Piazza M. Pagano
Sede Parco Nazionale dell’Appennino
Lucano-Val d’Agri-Lagonegrese
ATTI DEL CONGRESSO
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA
ORDINE DEI GEOLOGI DI BASILICATA
Via Zara 114 - Potenza
Tel: 0971.35940, Fax: 0971.26352
congresso@geologibasilicata.it
Responsabile: Sig.ra Angela Rubolino
Ministero dello Sviluppo Economico
Sponsorizzato da:
Con l’Alto Patronato di:
Presidenza della Repubblica Italiana
E il Patrocinio di:
Presidenza del Consiglio dei Ministri
COMITATO PROMOTORE| Geol. Carlo Accetta, Geol. Raffaele Carbone, Geol. Filippo Cristallo,
Geol. Franco Guglielmelli, Geol. Domenico Laviola, Geol. Maurizio Lazzari, Geol. Raffaele Nardone,
Geol. Nunzio Oriolo, Geol. Mary William
COMITATO ORGANIZZATORE|Geol. Raffaele Nardone - Coordinatore, Geol. Annamaria Andresini,
Geol. Maurizio Lazzari, Geol. Nunzio Oriolo, Geol. Mary William
COMITATO SCIENTIFICO|Dott. Raffaele Nardone - Coordinatore,
Dott. Fabrizio Agosta, Dott. Mario Bentivenga, Dott. Claudio Berardi, Dott. Gerardo Colangelo,
Ing. Ersilia Di Muro, Arch. Vincenzo L. Fogliano, Dott. Ivo Giano, Dott. Fabrizio Gizzi, Dott. Vincenzo
Lapenna, Dott. Maurizio Lazzari, Dott. Sergio Longhitano, Ing. Maria Marino, Prof. Marco Mucciarelli,
Dott. Lucia Possidente, Prof. Giacomo Prosser, Prof. Marcello Schiattarella, Prof. Vincenzo Simeone,
Prof. Marcello Tropeano, Dott. Maria Pia Vaccaro, Dott. Donato Viggiano.
Tre intense giornate di sessioni ed interventi organizzate per i tecnici di
tutti gli Ordini e Collegi, Operatori del settore Oil&Gas, Top Manager,
Amministratori, Dirigenti e Funzionari della Pubblica Amministrazione,
Studenti.
L’obiettivo primario è quello di focalizzare l’attenzione sul ruolo che
il geologo ha assunto in relazione allo sfruttamento compatibile e
sostenibile delle fonti fossili naturali.
La tematica verrà affrontata grazie all’intervento di relatori di
altissimo livello tecnico ed istituzionale, con interessanti dibattiti
ed una tavola rotonda sulla gestione ambientale e formazione
professionale.
P r o p r i e t à l e t t e r a r i a r i se r va t a
E d i t o r e
1a edizi one: 2013
T u t t i l e i m m a g i n i so n o i l f r u t t o d e l l a r i ce r ca d e i r e l a t o r i e q u i n d i
so n o u t i l i zza t e i n q u e st a p u b b l i ca zi o n e a d e scl u si vo sco p o
d i d a t t i co e d i vu l g a t i vo .
PRESIDENZA DEL CONGRESSO
Dott. Raffaele Nardone
RESPONSABILE ATTI CONGRESSUALI
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... Due to its geological features, Basilicata hosts the largest hydrocarbon reservoir in continental Europe, which has been studied since the beginning of the 20th century by many geologists and exploited by oil companies (Lazzari 2013). ...
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The Basilicata region (Southern Italy) is characterized by a peculiar environmental as well as biological, geological, and cultural heritage features that are evident in national and regional parks as well as places of monumental and archaeological relevance, including the Matera UNESCO Site. Basilicata hosts the highly studied Vulture volcanic complex and the largest hydrocarbon reservoir in continental Europe. Furthermore, the region falls among the Italian regions most prone to landslides and floods and it is located in a seismotectonic background responsible of strong earthquakes. Therefore, the territory of Basilicata can be considered an open-air laboratory, both natural and “human-built”. The laboratory, with its features, has attracted many scientists worldwide and over time. The researchers have focused their attention on manifold studies. That being stated, the article aims to analyse the outputs of the scientific investigations targeting the territory of Basilicata within the last 24 years (1994–2017) with a bibliometric approach. The Thomson Reuters’ Science Citation Index Expanded and the Social Sciences Citation Index were the two bibliographic databases considered. Once the pertinent articles were extracted from the two citation indexes, the authors analysed the publication trends, Web of Science categories, countries, and hot topics.
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La Basilicata viene spesso definita il ‘Texas d'Italia' in virtù della ricchezza di petrolio delle concessioni Val d'Agri e Gorgoglione, che rappresentano l'area petrolifera onshore più importante a scala europea. In un territorio caratterizzato da un'elevata biodiversità e una peculiare tradizione agroalimentare, si è consolidato un petroleumscape alimentato da una petrocultura ormai molto radicata nell'identità sociale locale. Il presente articolo mira a delineare le dinamiche che contribuiscono a costituire questo paesaggio petrolifero, frenando la costruzione di percorsi di sviluppo alternativi. Per superare il petroleumscape sono necessari nuovi progetti che riconoscano il ruolo attivo dei cittadini nella definizione dei modelli produttivi che danno forma al territorio in cui vivono, nella direzione di una transizione energetica consapevole e partecipata.
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The recent detection of natural hydrogen seeps in sedimentary basin settings has triggered significant interest in the exploration of this promising resource. If large economical resources exist and can be extracted from the sub-surface, this would provide an opportunity for natural hydrogen to contribute to the non-carbon-based energy mix. The detection and exploration of hydrogen gas in the sub-surface is a significant challenge that requires costly drilling, sophisticated instrumentation, and reliable analytical/sampling methods. Here, we propose the application of a commercial-based sensor that can be used to detect and monitor low levels of hydrogen gas emissions from geological environments. The sensitivity, selectivity (K > 1000), and stability (<1 ppm/day) of the sensor was evaluated under various conditions to determine its suitability for geological field monitoring. Calibration tests showed that the hydrogen readings from the sensor were within ±20% of the expected values. We propose that chemical sensing is a simple and feasible method for understanding natural hydrogen seeps that emanate from geological systems and formations. However, we recommend using this sensor as part of a complete geological survey that incorporates an understanding of the geology along with complementary techniques that provide information on the rock properties.
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We present an electrical resistivity model obtained from a 2D Magnetotelluric survey across a large sector of the Southern Apennine in the High Agri Valley (HAV), a NW-SE trending intra-mountain basin, with a high seismogenic potential. The intensive hydrocarbon exploitation (Val d'Agri oilfield) makes this area also affected by induced seismicity. In this HAV sector, the injection of salt-water in an unproductive disposal well (Costa-Molina2) causes localized swarms of microearthquakes; a second cluster of continuous induced seismicity is also observed SW of the Pertusillo Lake and it is associated to the seasonal fluctuations of the reservoir's water level. The major insight inferred from this study concerns a better understanding of the geological and tectonic framework in the HAV. The electrical resistivity model images the subsurface as conductive sedimentary sequences (Allochthonous Units) upon the carbonate Apulian Platform Unit characterized by higher resistivity values. Both these units appear composed of thrust-and-fold system deepening with larger wavelength anticlines N-E toward. Most of the structures identified in the magnetotelluric model are rather superficial and confined within the Allochthonous Units. A sudden break of the Apulian platform under the central part of the MT profile defines a conductive zone possibly associated to a major SW-dipping reverse fault or to several branches, as closely spaced thrust-sheets cutting eastern flanks of the Agri Valley. Additional information on the HAV deep structures comes from the joint interpretation of the resistivity model and a 3D seismic tomographic model obtained from the inversion of passive seismic data collected in the period 2002–2018. The availability of this elastic representation of the subsurface allowed us to perform a cluster analysis on the electrical resistivity and seismic P-wave velocity distribution within the subsoil. This joint quantitative interpretation unveiled new insights, otherwise hidden by individual models, on the subsurface structure distinguishing some rheological zones in terms of barriers and asperities.
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Hydrocarbon pollution threatens aquatic and terrestrial ecosystems globally, but soil fauna in oil-polluted soils has been insufficiently studied. In this research, soil hydrocarbon toxicity was investigated in two natural oil seepage soils in Val D’Agri (Italy) using two different approaches: (i) toxicological tests with Folsomia candida (Collembola) and Eisenia fetida (Oligochaeta) and (ii) analysis of abundance and composition of micro- and meso-fauna. Soil sampling was done along 20 m-transepts starting from the natural oil seepages. Toxicological testing revealed that no exemplars of F. candida survived, whereas specimens of E. fetida not only survived but also increased in weight in soils with higher PAH concentrations, although no reproduction was observed. Analysis on microfauna showed that Nematoda was the most abundant group, with distance from seepages not affecting its abundance. Arthropoda results showed that Acarina, Collembola and Diptera larvae represented the most abundant taxa. The highest divergence in community composition was found between soils situated near seepages and at 5 m and 10 m distance. Arthropoda taxa numbers, total abundance and Acarina were lower in soils with high PAH concentration, while Diptera larvae were not significantly affected. Earthworms, together with Nematoda and Diptera larvae, could therefore represent ideal candidates in PAH degradation studies.
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Il Foglio 079 – Bagolino della Carta Geologica d‟Italia a scala 1:50.000 è stato realizzato nell‟ambito del Progetto CARG (Legge 226/1999), attraverso convenzioni tra il Servizio Geologico d‟Italia, la Regione Lombardia e la Provincia Autonoma di Trento che hanno affidato il Coordinamento Scientifico del Foglio al’Università degli Studi di Bologna. L‟area del Foglio Bagolino si localizza nel settore meridionale del Gruppo montuoso dell‟Adamello-Presanella, a cavallo tra la Provincia di Trento (ad Est) e la Regione Lombardia (ad Ovest) e più specificamente nel territorio dei Comuni rappresentati in (Fig. 1). La successione presente in questo Foglio inizia con il basamento metamorfico sudalpino, prosegue con le coperture sedimentarie e vulcaniche permo-triassiche fino alle successioni sedimentarie cretacee, intruse dal batolite terziario AdamelloPresanella. Il Foglio Bagolino ricade completamente nel settore mediano della catena alpina, con i principali rilievi montuosi che superano costantemente i 2000 m di altezza. I principali assi vallivi (Val Camonica e Val Giudicarie inferiore) percorsi rispettivamente dal Fiume Oglio e dal Fiume Chiese, sono contraddistinti da un andamento circa NNE-SSO; la Val Caffaro presenta un decorso circa N-S che diviene E-O solo nel suo tratto finale, consentendone l‟immissione nel Fiume Chiese Nel Foglio ricade anche una limitata porzione del bacino del Fiume Mella (il cui tratto iniziale, in analogia a quello terminale del Caffaro, mostra un andamento E-O, con probabile controllo derivante dalla vicina Linea della Val Trompia). Il terriorio è prevalentemente montuoso, con dislivelli che variano da circa 2214 m di quota del Monte Colombine a circa 799 m del fondovalle a O di Collio, con una altezza media pari a 1425 m s.l.m. Le poche aree pianeggianti sono confinate lungo i principali fondovalle, tra cui l‟ampia valle del Chiese immediatamente a N della sua foce nel Lago d‟Idro. Numerosi laghetti di origine glaciale sono annidati nelle teste delle valli; il più esteso di questi è il Lago della Vacca situato a 2357 m di quota. Accanto agli assi vallivi principali, percorsi da strade che garantiscono una agevole viabilità, l‟accesso alle numerosi valli minori è consentito da una discreta trama di strade minori e/o a uso agro-silvo-pastorale. Buona parte del Foglio presenta comunque problematiche logistiche tipiche delle aree montuose: difficoltà di accesso, stagione adatta al rilevamento concentrata nei mesi estivi; inoltre le aree vallive (più facilmente accessibili) sono densamente vegetate, anche a causa di valori di piovosità superiori alla media (Tabella 1). Il rilevamento geologico è stato eseguito alla scala 1:10.000, nel periodo tra la primavera 2000 e il settembre 2008, utilizzando come base topografica le Carte Tecniche della Regione Lombardia e della Provincia Autonoma di Trento. I criteri del rilevamento hanno seguito, come livello minimo dell‟analisi, le linee guida nazionali, adattandosi poi alle necessità ed opportunità poste dai problemi geologici da affrontare. Sono stati raccolti campioni dei diversi litotipi e sono stati misurati gli elementi del fabric visibili in affioramento (superfici primarie, foliazioni, assi di pieghe e piani assiali); sono state inoltre visionate le foto aeree al fine di avere una visione d‟insieme dell‟area di studio, anche se alle quote più basse l‟ampia copertura boschiva permette solo un uso parziale delle stesse; sono comunque state utilizzate per migliorare la realizzazione della carta geologica. Per le unità continentali più recenti, che ammantano il “substrato”, è stato utilizzato invece il criterio allostratigrafico, ridefinendo successivamente le unità come UBSU (Unconformity Bounded Stratigraphic Unit). Il Foglio è stato realizzato sotto il coordinamento scientifico di GIUSEPPE MARIA BARGOSSI, e la supervisione dei direttori di rilevamento FABRIZIO BERRA, PETER BRACK, GIAN BARTOLOMEO SILETTO (substrato) e di ANDREA BORSATO e DANIELE CORBARI (quaternario). Il rilievo geologico è stato eseguito da S. ALBINI, A. BINI, P. FERRETTI, D. GAZZOLA, M. GISOLO, S. RACCHETTI (settore lombardo) e da E. MARCATO, S. PASSAMANI, G.L. TROMBETTA (settore trentino). Gli studi complementari per la petrologia dei prodotti magmatici sono stati eseguiti da G. GASPAROTTO e M. MAROCCHI. La stesura delle Note illustrative è stata curata dai seguenti Autori: 12 G.M. BARGOSSI, F. BERRA, A. BORSATO, P. BRACK, D. CORBARI, G. GASPAROTTO, E. MARCATO, M. MAROCCHI, G.B. SILETTO, G.L. TROMBETTA con contributi di S. ALBINI, A. BINI, C. FERLIGA, P. FERRETTI, L. FRONER D. GAZZOLA, M. GISOLO, O. GROAZ, S. PASSAMANI, S. RACCHETTI e A. VIGANÒ.
Chapter
This collection of essays examines the ways in which disputes and controversies about the application of scientific knowledge are resolved. Four concrete examples of public controversy are considered in detail: the efficacy of Laetrile, the classification of homosexuality as a disease, the setting of safety standards in the workplace, and the utility of nuclear energy as a source of power. The essays in this volume show that debates about these cases are not confined to matters of empirical fact. Rather, as is seen with most scientific and technical controversies, they focus on and are structured by complex ethical, economic, and political interests. Drs. Engelhardt and Caplan have brought together a distinguished group of scholars from the sciences and humanities, who sketch a theory of scientific controversy and attempt to provide recommendations about the ways in which both scientists and the public ought to seek more informed resolutions of highly contentious issues in science and technology. Scientific Controversies is offered as a contribution to the better understanding of the roles of both science and nonscientific interests in disputes and controversies pertaining to science and technology.
Article
The increasing need for hydrocarbon has resulted in a more attractive climate for exploration in Italy, especially in areas that remain relatively unexplored. In light of the very large reserves discovered in the lightly explored southern Apennines the past decade, attention is now concentrated on southern Italy. The petroleum geology of Italy and Sicily is discussed, including the potential of the virgin deepwater areas off the southern coast on the basis of a new regional seismic grid.