Calvatone (CR) Costa di Sant’Andrea, vicus romano di Bedriacum . Il “Quartiere degli Artigiani”: la canalina di scolo in frammenti laterizi es 9243. 

Calvatone (CR) Costa di Sant’Andrea, vicus romano di Bedriacum . Il “Quartiere degli Artigiani”: la canalina di scolo in frammenti laterizi es 9243. 

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Le campagne di scavo condotte negli anni 2005-2007 nel vicus di Calvatone-Bedriacum dalla missione dell’Università degli Studi di Milano hanno portato all’individuazione di un vasto impianto edilizio probabilmente destinato a svolgere funzioni produttive e perciò ribattezzato “Quartiere degli Artigiani”. Gli scavi, ancora in corso, hanno finora mes...

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... ed è quindi individuabile solo in base alla traccia lasciata dalla trincea di asportazione (es 9196): le altre tre si sono invece preservate in una condizione piuttosto buona. Particolare menzione merita soprattutto - per la sua eccezionalità - il muro in argilla cruda es 9198, che costituisce il limite meridionale dell’ambiente. Si tratta di un’ampia porzione (circa 150 cm di lunghezza, per alcuni centimetri di altezza) di una struttura di alzato parietale in argilla depurata color ocra, apparentemente realizzata secondo la tecnica del pisé 13 . Tale elemento - che si imposta sopra una struttura di fondazione formata da frammenti laterizi disposti “a spina di pesce” (tipo Bacchetta 1) 14 - appare direttamente raccordato ad est con un pilastro in sesquipedali (es 9187). Quest’ultimo è realizzato in sesquipedali manubriati, sia interi che in frammenti di regolare forma rettangolare, messi in opera con una tessitura accurata e secondo un’ordinata disposizione alternata dei corsi, al fine di ottenere una maggiore stabilità dell’insieme. Si conservano tre corsi sovrapposti in elevato a vista e un singolo corso di fondazione interrata (quest’ultimo costituito da un vespaio di frammenti laterizi disposti di taglio). La collocazione del pilastro es 9187 appare piuttosto insolita, dal momento che esso non si trova in posizione angolare (come di solito avviene per elementi di questo genere), ma in un punto intermedio nello sviluppo della parete, di cui peraltro costituisce un elemento strutturalmente integrato e non un contrafforte esterno. Non risulta possibile, al momento, definire con piena sicurezza le ragioni di una simile scelta: si può solo supporre che essa fosse strettamente funzionale alle specifiche esigenze di natura statica dell’impianto, visto che il pilastro doveva probabilmente fungere da base di appoggio per un elemento ligneo di sostegno della copertura. L’angolo sud-orientale del vano e la struttura muraria di chiusura verso est (es 9201) appaiono piuttosto compromessi nel loro attuale stato di conservazione: essi sono realizzati in una tecnica, non particolarmente accurata, che vede la messa in opera di frammenti laterizi di medio/piccole dimensioni con un’approssimativa disposizione su ricorsi orizzontali (tipo Bacchetta 3) 15 . Infine, quella occidentale (es 9186) è la struttura muraria meglio conservata e di più solida conformazione (fig. 6). Essa è formata da cinque corsi sovrapposti di frammenti laterizi (mattoni sesquipedali allineati e tegole a risvolto poste in opera con l’aletta rialzata lungo il lato esterno, in modo da fare da contenimento a minuti frammenti laterizi collocati all’interno) legati con semplice argilla, posti a formare lo zoccolo di alzato a vista, cui si aggiunge un singolo corso (in tecnica differente: una fitta sequenza di spezzoni laterizi di media grandezza, infissi di taglio) a costituire la fondazione interrata (sistema F) 16 . Nella parte meridionale della struttura si nota un tratto (lungo circa 85 cm) realizzato in una tecnica differente (frammenti di tegole di medio-piccole dimensioni collocate di taglio e in obliquo su due corsi sovrapposti, di identica inclinazione e tessitura non molto regolare), probabilmente interpretabile come un intervento di rappezzo o di restauro dell’impianto murario. L’ingresso all’ambiente non è stato individuato nel corso degli scavi: pare tuttavia abbastanza verosimile ipotizzare che esso dovesse essere situato al centro del lato corto orientale. L’ambiente sud-orientale, di più ridotte dimensioni rispetto al precedente (dimensioni: m 2,5 x 4 circa) presenta un orientamento nord-est/sud-ovest (fig. 7). Le strutture murarie perimetrali (es 9290; es 9291; es 9272) risultano essere qui conservate in uno stato decisamente più precario, intaccate da innumerevoli scassi oltre che da pesantissimi interventi di spoliazione, al punto che la loro originaria disposizione risulta identificabile solo grazie alle tracce (peraltro non sempre chiaramente visibili) delle relative trincee di asportazione, che consentono perlomeno un’attendibile ricostruzione planimetrica del vano. Se identica appare l’inesistenza di un vero e proprio piano pavimentale (anche in semplice terra battuta), la mancanza di un livello di crollo di materiali laterizi induce ad ipotizzare - a differenza dell’ambiente sopra descritto - l’assenza, per questo vano, anche di un vero e proprio tetto in tegole e ad optare invece per l’originario utilizzo di una più modesta copertura in materiali deperibili (quale, ad esempio, una tettoia in paglia), a ulteriore - seppur indiretta - conferma della destinazione d’uso non strettamente abitativa dell’edificio. D i notevole interesse è anche l’ind agine condotta all’interno di un saggio di approfondimento, eseguito nelle campagne 2005 e 2006 nella porzione settentrionale del settore di scavo, che ha consentito di riportare alla luce un tratto significativo di una canalina di scolo (es 9243), orientata in senso nord-ovest/sud-est (fig. 8). La struttura, probabilmente già in origine priva di copertura, è realizzata in frammenti laterizi (mattoni e tegole), tanto nelle spallette laterali che sul fondo. Essa appare tagliata direttamente nello strato di “sterile” a matrice limoso-argillosa us 8136 (di probabile origine alluvionale) che costituisce, su tutta l’area indagata, il piano originario sul quale si imposta la prima fase insediativa del vicus ed è coperta dagli strati di livellamento in cui sono fondati gli a m bienti illustrati in precedenza, databili ad epoca imperiale. La datazione di un simile impianto ad un orizzonte cronologico di epoca tardo-repubblicana (fine del II - prima metà del I secolo a.C.) - fondata, oltre che sull’evidenza stratigrafica, anche sulle testimonianze materiali rinvenute nei livelli d’uso e di obliterazione della struttura - ci attesta dunque l’esistenza di una, sia pur minima, pianificazione urbanistica già all’epoca del primo insediamento del vicus . Di tale pianificazione non possiamo evidentemente chiarire (vista l’esiguità delle nostre conoscenze al riguardo) l’effettiva natura né la reale portata in relazione al complessivo sviluppo dell’abitato: essa sembrerebbe comunque volta perlomeno alla realizzazione di alcune essenziali strutture a carattere strettamente “funzionale”, della cui necessità, per le generali condizioni insediative dell’area, si aveva certo già piena consapevolezza. Venendo ora alla campagna di scavo 2007, e ssa ha visto, come già sopra accennato, l’apertura di un’ar ea di notevole ampiezza (estesa su una superficie pari a 18 quadrati) adiacente al margine orientale del settore indagato nel corso della campagna del 2006 (fig. 9). Data la vastità dell’area, i lavori si sono necessariamente dovuti limitare ad una fase ancora preliminare dell’indagine, vale a dire alla semplice individuazione ed alla completa messa in luce delle evidenze strutturali presenti nel settore, subito al di sotto dell’attuale piano di campagna. Tale era peraltro, nella pianificazione originaria dei lavori, lo scopo essenziale dell’intervento, mirante in via prioritaria all’individuazione della effettiva estensione delle strutture del complesso edilizio identifica t o nelle campagne di scavo dei due anni precedenti, al fine di ricavare da una migliore conoscenza della sua planimetria complessiva elementi utili ad una corretta e definitiva identificazione della sua originaria destinazione d’uso. A livello planimetrico, si è dunque avuto modo di accertare lo sviluppo verso sud-est di tale complesso, di cui appare confermata la considerevole ampiezza e la sostanziale unitarietà. Gli ambienti identificati nella campagna 2007 appaiono infatti in perfetto allineamento con il vano settentrionale scavato nel 2005 e questo consente, già sin d’ora, una ricostruzione planimetrica di massima che fornisce un quadro sufficientemente attendibile dell’articolazione spaziale dell’edificio stesso. Nell’insieme, le particolari caratteristiche costruttive degli ambienti, le loro dimensioni piuttosto ridotte, l’apparente assenza di finiture architettoniche di un qualche pregio nonché la loro stessa disposizione planimetrica, impostata secondo una semplice sequenza lineare e paratattica, appaiono tutti elementi a conferma dell’interpretazione di questo complesso come fabbricato a destinazione utilitaria e funzionale piuttosto che come edificio a carattere residenziale (fig. 10). Proprio le caratteristiche strutturali, architettoniche e planimetriche degli ambienti individuati nell’ultima campagna di scavo indurrebbero inoltre a formulare - pur con tutta la necessaria prudenza un’ipotesi interpretativa ancor più mirata, attribuendo a questo impianto una finalità d’uso non già genericamente “artigianale/produttiva” (tanto più che non sono mai stati individuati elementi che, a livello archeologico, possano supportare una simile lettura, quali ad esempio piani di lavoro, tracce di attività produttive, manufatti semi-lavorati, resti di combustione, ecc.) ma piuttosto un suo specifico utilizzo quale spazio destinato, in via prioritaria, ad attività di stoccaggio/immagazzinamento di merci e prodotti, magari in diretta connessione con un contiguo ambito a carattere più propriamente “manifatturiero” (di cui non è tuttavia al momento emersa alcuna traccia) o comunque ricollegabile, in senso più ampio e generico, alla spiccata vocazione commerciale dell’antico vicus di Bedriacum . In tutto il settore oggetto delle indagini, l’interro delle evidenze archeologiche individuate è sempre risultato assai limitato, riducendosi in pratica al mero livello di “sottocoltivo” - peraltro di scarsa potenza: non più di una trentina di centimetri nei punti di maggiore profondità - individuato subito al di sotto dell’attuale piano di campagna. Una simile condizione di modesto interro (comune all’intera area e ben spiegabile in conseguenza del definitivo abbandono del sito in epoca tardo-antica) ha evidentemente influito in maniera negativa sulla ...

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